2 - E’ OBBLIGATORIO EVANGELIZZARE?

di Renzo Ronca - 24-12-12-(Livello 1 su 5)

Chi entra nelle chiese evangeliche, soprattutto di tipo pentecostale, si trova in un ambiente proteso all’evangelizzazione. Tutti i membri di chiesa lo fanno o vengono spinti a farlo. Che l’evangelizzazione (cioè parlare di Dio in senso generale a chi non lo conosce) sia bene possiamo essere d’accordo, ma che sia sempre un bene, da fare da parte di  chiunque, dovunque e comunque… non tanto.

Se l’apostolo dice a Timoteo di predicare “a tempo e fuori di tempo”, bisogna ricordare  lo dice ad un discepolo che ha ricevuto un carisma particolare (Tim 1:6). Il discernimento dei momenti, dei cuori, dei modi, dove e come portare Gesù è importantissimo e non tutti lo possiedono; si corre il rischio di portare le cose sante a chi le disprezza .  Altrove infatti è lo stesso Gesù che dice:

Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino (Matteo 7:6)

E’ vero che Paolo dice “guai a me se non evangelizzo” (1 Cor. 9:16) ma parlava prima di tutto per sé, in quanto aveva ricevuto un mandato specifico (Atti 26:15-18).  L’evangelizzazione intesa come carisma è un dono dello Spirito Santo che non tutti hanno:

«È lui [il Signore] che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori,» (Efesini 4:11)

«Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue. Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?» (1 Cor 12:27-30)

«Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro. Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d'insegnamento, all'insegnare; se di esortazione, all'esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia.» (Rom 12:3-8)

Dunque, per prima cosa, non obblighiamo nessuno a fare l’evangelizzatore!

Ognuno di noi ha dei talenti: c’è chi sa parlare del Signore nelle piazze e chi sa tacere quando è il momento; magari restando vicino a chi soffre.  Entrambi, in modo diversi sanno dare la stessa gloria al Signore.

Per seconda cosa non evangelizziamo dovunque a noi sembri opportuno, ma solo dove al Signore sembra opportuno. Occorre molto discernimento per non rendere tutto vano, secondo come è scritto:

Se l'Eterno non edifica la casa, invano vi si affaticano gli edificatori […] (Sal 127:1)

Nel nostro caso poi, riferendoci ad un tipo molto particolare di evangelizzazione, cioè quella epistolare tramite internet, risulta evidente che prima di tutto occorre avere dal Signore una chiamata specifica.

Capire se siamo stati chiamati dal Signore a questo sarà il primo passo. Andrà visto non da soli, ma con qualche fratello anziano più esperto per un sano confronto.

 (continua)

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