Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

PSICOLOGIA E RELIGIONE (Abbiamo molta fiducia…) -

(15-1-12) - 13-9-15

                    

                   

 

PREMESSA PER GLI EVANGELICI SUL TERMINE "RELIGIONE" In molte delle nostre chiese siamo abituati a considerare la parola “religione” in modo negativo. La pensiamo spesso come l’osservanza greve e sbagliata della legge e dei dogmi da cui ci vogliamo liberare. Questa consuetudine non è che sia sbagliata quando parliamo tra noi, però non ci deve far dimenticare gli usi generali del termine. I dizionari migliori lasciano aperto un distinguo tra due possibilità:

a) Il rapporto ampio tra il credente e Dio

b) l’osservanza delle regole di culto e dottrinali di una chiesa o confessione religiosa.

Il primo caso “a” ci pare condivisibile tra tutti i cristiani e facilmente comprensibile anche da chi non è cristiano.  Nel linguaggio corrente italiano infatti si usa spesso la frase “è un individuo religioso” per indicare (quasi sempre in positivo) che si sta parlando di una persona credente, che ha una buona fede (in Italia quasi sempre cristiana). La Dott.ssa Gabriella Ciampi (psicologa cristiana) ha concordato con me di lasciare il termine nel suo significato più generale, proprio per mantenersi fuori dalle scelte di chiese e di orientamenti denominazionali. Penso che (non solo in questo sito) se ci vogliamo rivolgere a tutti e parlare loro in modo scorrevole, dobbiamo ricordare che le parole non hanno un significato assoluto uguale per tutti e che dobbiamo evitare di avere un linguaggio solo “per gli addetti”. Ci fa  bene ogni tanto cercare di accogliere anche il  linguaggio degli altri perché non sono i termini che modificano i contenuti. Le parole sono dei rivestimenti plastici di quanto abbiamo nel cuore. Chi porta l’amore di Dio saprà parlare a tutti e allo stesso tempo capire tutti, al di là delle parole. (RR)

 

 

La relazione tra psicologia e religione si mostra a noi semplicemente, senza forzature, ogni qualvolta parlando di fede riflettiamo sulle caratteristiche umane, sui modi diversi che le persone hanno di rapportarsi a Dio, di pregare; ogni volta che abbiamo dei dubbi o viviamo dei conflitti tra il nostro istinto e la nostra fede. Potremmo dire quasi che si tratta di un filo  dove ad un’estremità c’è l’uomo e la psicologia, all’altro capo la nostra fede e la religione.  Il filo è quello dell’interiorità, del nostro mondo etico, dei valori che abbiamo posto a guida del nostro comportamento; è il campo delle domande e delle risposte, dei grandi quesiti esistenziali, dei bisogni che vanno oltre il materialismo, dei tentativi che facciamo  per sentirci completi e felici. Ma mentre ad un estremo possiamo ben definire quello di cui parliamo, cioè l’individuo con le sue dinamiche psichiche e relazionali, l’altro estremo rischia di essere più vago se non decidiamo di dargli un nome.

La ricerca di equilibrio e pace interiore è molto forte in questi tempi e ciascuno cerca dove vuole, prova varie esperienze, e sceglie di fermarsi al livello che vuole. Tuttavia molti hanno sperimentato e saggiamente concluso come mettere la persona al centro di questa ricerca e far coincidere in essa la domanda e la risposta, non sia una soluzione sufficiente e soddisfacente, restando all’interno di una dimensione limitata ed imperfetta.  

Non voglio dire in questa circostanza cosa secondo me   ci deve essere all’estremo del filo relativo alla spiritualità, dove si trova la Risposta, come non voglio affermare che la Verità si trova in un punto solo e preciso: sarebbe l’affermazione di chi ha già trovato, come se proponendo ad un altro una difficile espressione matematica, avendola io già risolta, gli dicessi che è facile o gli suggerissi il procedimento e il risultato. Questo è un campo dove è fondamentale patire durante il percorso, fare il proprio tragitto personale, affinchè il risultato sia valido e significativo per se stessi.

Di certo si può dire qualcosa sull’estremo umano. L’aspetto psicologico della persona può far parte del discorso religioso anzi dovrebbe armonizzarsi con esso. Tutto il mondo interiore dell’uomo, la sua storia individuale, le sue esperienze, possono assumere un senso diverso se lette e avvicinate alla luce della fede. La psicologia ci può aiutare a comprendere meglio la nostra esperienza spirituale: ci può indicare le differenze, i limiti tra un ambito e l’altro, ci può chiarire dove finisce il nostro bisogno e inizia l’Amore gratuito, dove terminano le nostre paure e comincia l’aspirazione ad un’ autentica trascendenza.

Se consideriamo tutte le potenzialità positive di cui l’essere è corredato, dobbiamo aspirare alla più completa realizzazione di esse affinchè si possa creare quel terreno fertile, accogliente, ottimale per permettere al soprannaturale di svilupparsi e crescere al massimo.  Questo significa che quanto più la persona sarà psicologicamente evoluta e matura, tanto più riuscirà a capire, sviluppare e collaborare sul piano della trascendenza.

Ciò che ultimamente stiamo cercando di fare in questo bollettino cristiano è portare avanti proprio questa visione consapevole e responsabile della fede. Vorremmo suggerire delle riflessioni importanti in cui far camminare insieme lo sviluppo psicologico e la crescita spirituale, i bisogni umani e i valori cristiani, la volontà umana e il progetto di Dio.

Abbiamo molta fiducia e ci auguriamo uno scambio libero e aperto con chi ci legge, proprio perché anche questo alimenterebbe la nostra maturazione umana e spirituale. (GC)

 

 

 

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