Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

COMUNICARE IN MODO EFFICACE

AZIONI E REAZIONI: PARLIAMO DI COME CI COMPORTIAMO - 3

di Gabriella Ciampi - psicologa psicoterapeuta - 6-7-12

 

C’È UN TEMPO PER TACERE, E UN TEMPO PER PARLARE  (Ecclesiaste  3, 7 )

Parliamo molto ma non sempre in modo efficace, non sempre consapevoli di quale tipo di comunicazione stiamo mettendo in atto, ancor meno consapevoli che a volte sarebbe meglio tacere e ascoltare.

Infatti spesso confondiamo il tacere con il “non saper cosa dire”, attribuendo ad entrambi gli atteggiamenti una valenza di incapacità, inettitudine, come se restare in silenzio fosse una carenza, una mancanza di personalità o un atteggiamento di sottomissione.

In vero di per sé tacere non indica né forza né debolezza, dipende dal contesto, dalla persona, dall’essere oppure no una scelta: scelgo di tacere anziché parlare, e questo non è un’incapacità di reagire!

CHI HA RAGIONE?

In genere sappiamo parlare tranquillamente quando il ns interlocutore ci ascolta, è tranquillo e condivide le nostre opinioni. I problemi nascono quando siamo in disaccordo: iniziamo a scaldarci, il tono delle voci aumenta, comincia la lotta per affermare la propria opinione, ritenuta assolutamente giusta.

Tralasciando il discorso sulla pretesa di ritenere una personale opinione “giusta in assoluto” (premessa che già in sé porta guai) , spostiamo l’attenzione sul dialogo e sulla modalità che usiamo quando ci confrontiamo verbalmente con un’ altra persona.

QUANTO SIAMO CONSAPEVOLI DEL FATTO CHE IL NOSTRO MODO DI PARTECIPARE AL DIALOGO CONDIZIONA LA COMUNICAZIONE STESSA?

 

COMUNICARE NON E’ SOLO PARLARSI

PAUL WATZLAWICK [1],

nel suo famoso testo Pragmatica della Comunicazione Umana, ci spiega che ogni comunicazione non è soltanto e semplicemente un passaggio di informazioni ma è un modo per definire la relazione e definire se stessi: in una conversazione, attraverso il mio modo di pormi nel dialogo, delineo i connotati del rapporto che intendo avere/che ho con il mio interlocutore ed esprimo un’immagine di me.

Quindi ogni comunicazione ha un livello informativo (la cosa di cui si parla, l’oggetto della comunicazione) e un livello di relazione (chi sono io rispetto a te).

 

MODI DI METTERSI IN RELAZIONE (NELLA COMUNICAZIONE)

Quello che si può verificare nel dialogo tra due persone, è che la conversazione si svolga su un piano SIMMETRICO oppure su un piano COMPLEMENTARE.

Nel rapporto simmetrico i due soggetti si sentono in posizione paritaria, sullo stesso piano, e quando parlano tra loro partono entrambi dall’assunto di essere uguali. Nella relazione complementare invece uno dei partecipanti alla conversazione si pone in posizione superiore mentre l’altro in posizione inferiore: uno impone la sua superiorità e l’altro accetta la posizione di inferiorità.

In questo discorso la simmetria e la complementarietà non sono in se stesse buone o cattive, normali o patologiche, ma definiscono il modo in cui ogni rapporto si può delineare anche passando dall’uno all’altro nella stessa conversazione. Direi anzi che in un rapporto sano ci vogliono entrambe queste due modalità: due persone che hanno una buona e sana relazione, sanno alternare il dialogo-relazione simmetrica al dialogo-relazione complementare a seconda della situazione.

Il rapporto (e quindi il dialogo) diventa patologico quando chi domina lo fa in modo sempre più assoluto e usa mille forme, dirette e indirette, per affermare la propria superiorità.

(Vedi Link di approfondimento: ESEMPI DI RELAZIONI SIMMETRICHE, COMPLEMENTARI E PATOLOGICHE)

 

IL CERCHIO

L’interazione tra due persone non è lineare, non va semplicemente da A a B; così il movimento della conversazione o di un dialogo  non è limitato all’andata e ritorno, botta e risposta, come graficamente presentato nel disegno n.1.

 

 Disegno n.1         

A      1                      B

                                          2                                      

 

Essendo la relazione un sistema circolare, in cui cioè ogni azione è insieme risposta e stimolo, non è possibile stabilire il legame causa-effetto nel rapporto come nel dialogo, non possiamo definire la causa iniziale di un evento relazionale-comunicativo, non possiamo dire che l’inizio sta nella freccia numero 1. Ogni azione è allo stesso tempo causa e conseguenza, il movimento è continuo da uno all’altro, ognuno risponde all’altro e facendo questo diventa stimolo per l’altro che a sua volta risponde, come nel disegno n.2. Questa circolarità si trova in ogni tipo di interazione umana, in ogni rapporto e dialogo.

Possiamo soltanto osservare, rifletterci, capire come si svolge un’interazione e notare le dinamiche cercando di migliorare o correggere, ove possibile, il nostro intervento sapendo che, proprio grazie alla circolarità, avrà un effetto generale sul rapporto in corso.

 

Disegno n.2

  

 A                        B

 

 

 

CONCLUSIONE

Quando dialoghiamo entriamo in una dinamica importante dove oltre alla trasmissione delle informazioni, stabiliamo confini, messaggi (a livello verbale e non verbale-corporeo). Nel modo di dialogare si esprime anche il tipo di relazione che abbiamo con il ns interlocutore, si può capire se stiamo in una relazione di parità o no.

Sapere queste cose ci dà modo di capire meglio noi stessi e gli altri, di comprendere i meccanismi che scattano nei rapporti, e questo ci aiuta a migliorare i rapporti perché ci permette di correggere i ns errori di espressione, di leggere i segnali dell’altro, dando più peso al contenuto che alla forma, al messaggio che alle parole.

 

 

 

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"Per chiarimenti sul contenuto, approfondimenti o domande, potete scrivere all'indirizzo mispic2@libero.it  specificando nell'oggetto "Domande alla psicologa". La d.ssa Ciampi sarà lieta di rispondere"-

 

 

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[1]

Paul Watzlawick (1921-2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell'approccio sistemico.

 

 

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