"E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Giov. 14:3)

 

 

 

SETE DI DIO - IL SIGNORE CI STA PREPARANDO PER IL RAPIMENTO, RALLEGRIAMOCI -

La "tensione dell'anelito" non va confusa con la depressione esistenziale - affinamento ascolto nell'attesa -

di Renzo Ronca – 18-12-11

 

Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina (Luca 21:8)

Un po’ tutte le persone (secondo noi anche gli atei) provano una certa inquietudine inspiegabile. Di solito non distinguono l’esigenza che la loro anima assetata ha di Dio e, considerandola una tensione pericolosa, la coprono con varie attività nel tentativo di scaricarla. Se è vero che questi tentativi funzionano per le patologie, di certo non possono nulla con l’insopprimibile attrazione che lo spirito dell’uomo ha verso il suo Creatore, che non è da sopprimere, ma da vivere.

Già parlammo dei segni e delle emozioni che il rapimento della Chiesa avrebbe cominciato a produrre in noi credenti. A distanza di quasi sei anni è bene riprendere questo speciale sentimento che chiamammo “tensione dell’anelito” (vedi Preparazione al rapimento, della Chiesa 3 - Il senso dell'attesa: La tensione dell'anelito).

Come la cerva anela ai rivi delle acque, così l'anima mia anela a te, o DIO. (Salmi 42:1)

La “tensione dell’anelito” è la nostalgia sempre più forte a volte persino dolorosa di Dio; è l’aspettativa crescente dell’incontro tanto atteso con il Signore che ci verrà a prendere secondo la Sua promessa.

Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi; (Giovanni 14:3)

Questa sete dell’anima nostra non può placarsi. Anzi, più si avvicina il momento dell’incontro e più si acuisce. Immaginate quando dalla finestra si aspetta l’arrivo della persona amata: si dice anche: “non stavo più nella pelle” e questo detto è appropriato perché lo spirito nostro è letteralmente proiettato fuori dal corpo presentendo il momento in cui in un attivo la sua natura umana sarà trasformata:

Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità. (1 Cor 15:51-53)

Questo acuirsi significa sentire nel nostro cuore come una freccia sempre più appuntita che ferisce, che procura una sofferenza d’amore sempre più intensa. Le pene d’amore nell’attesa dell’amato non vanno confuse con la depressione di tipo esistenziale anche se all’esterno possono avere sintomi simili. Ai credenti che sperano in Gesù poco ci interessa il mondo coi suoi abitanti che inseguono successo e denaro; essi come la promessa sposa, osservano alla finestra l’arrivo dello Sposo in un’ora che nessuno sa.

Verso mezzanotte si levò un grido: "Ecco lo sposo, uscitegli incontro!" (Matteo 25:6)

Dicevamo all'inizio che questa tensione dell'anelito, questa attrazione verso Dio così acuta ed anche sofferta,  non va soppressa, al contrario va vissuta, ma perché?

Perché certi stati d'animo focalizzano tutti i nostri sensi in una unica direzione: l'arrivo dello Sposo-Gesù. La santificazione, cioè il distacco dal mondo, viene così applicata in modo istintivo, quasi disinteressandoci da tutto per tenere l'occhio e l'orecchio vigilanti. E' un po' come se dicessimo agli altri che non sono credenti: "no, stasera non voglio uscire a divertirmi, non mi distrarre, aspetto tra poco il mio amore che sta per arrivare".

Chi vive in questo stato d'attesa (pur senza esasperarlo) affinerà i suoi sensi e percepirà il più piccolo segnale dell'arrivo di Gesù. Si forse ci saranno dei falsi allarmi, ma riconosceremo subito la Sua voce quando sarà il momento. La voce di chi amiamo è riconoscibile tra altre mille.

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; (Giovanni 10:27)

 

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