CHI AVREMMO DOVUTO ESSERE

- LE DOMANDE ESISTENZIALI IN MODO SEMPLICE E CRISTIANO - Parte 4 -  di Renzo Ronca – 16-12-19- agg 15-6-21

 

 

 

 

(segue)

Per capire chi e come avremmo potuto/dovuto essere, noi credenti dovremmo, per quanto possibile, osservare con attenzione il progetto di Dio fino alla fine.

Per sperimentarlo avremmo dovuto continuare a crescere come nell’Eden della Genesi. Prima dell’allontanamento da quell’ambiente l’uomo poteva parlare con Dio e con gli altri esseri celesti e crescere in sapienza. In quell’ambiente non c’era il male. Secondo il progetto di Dio, là dove fummo creati, l’uomo non era soggetto alla morte, non vi era assoggettato, non vi era sottoposto. La morte era solo una possibile conseguenza del libero rifiuto dell’uomo nei confronti della via suggerita dal Dio della vita; conseguenza terribile ed evitabilissima su cui l’uomo era già stato messo in guardia.[1]  

In quell’ambiente della nostra creazione era invece presente, “al centro” di tutto, senza restrizioni, “l’albero della vita”.[2] Anche questo ci dovrebbe far riflettere sul nostro destino secondo il disegno dell’Eterno. Noi siamo stati creati per vivere, non per morire. Non solo, ma siamo stati creati per vivere in una modalità che rassomiglia a quella dell’Eterno, cioè per vivere nell’eternità.

 

Allora una volta terminato il nostro “sviluppo”, la ns "crescita",  avremmo dovuto essere creature simili, per certi versi, agli “angeli del cielo”[3] a fianco di Dio, per l’eternità.

 

Il racconto della Genesi in rapporto alle profezie non si finisce di approfondire data la sua vastità, tuttavia più andiamo avanti e più i credenti che ascoltano ricevono illuminazioni.[4]

 

Se ad esempio pensiamo a quegli “alberi” (della “vita” e “del bene e del male”) ipoteticamente come strutture genetiche particolari, che possono avere nel DNA umano anche sviluppi ereditari (tipo “albero genealogico”) possiamo aprire un poco la mente e renderci conto del disastro che l’uomo ha combinato. Più o meno consapevolmente l’uomo ha dichiarato Dio bugiardo e ha cercato di farsi come Lui: “4 Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; [che sarebbe come dire: Dio è bugiardo, perché aveva detto loro il contrario] 5 ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio [desiderio esaltazione d’onnipotenza] ….”. (Gen 3:4-5). Aprendosi l’uomo ad una “ramificazione” differente, ecco che noi ora viviamo di quei frutti malati, schiavi della morte. Questo avviene; che ci piaccia o meno.  Ora il racconto del serpente lascia capire che qualcosa di decisivo e fondamentale è successo mentre l’uomo era in uno stadio creativo-evolutivo, interrompendone (o deviandone) di fatto tale evoluzione. Ci fu una infiltrazione di qualcosa dall’esterno all’interno del nostro “albero”, che lo infettò fin dentro le radici del DNA fisico o “spirituale” (non so nemmeno se esista un “DNA spirituale”, ma è un modo per spiegare che quel cambiamento fu tale da investire e condizionare le altezze e le profondità dell’uomo in direzioni inimmaginabili).

Probabilmente in quella domanda di Dio: «Che hai fatto?» (Gen 3:13 CEI) rivolta ad Adamo ed Eva madre dell’umanità, c’era anche una deludente e dolorosa constatazione dell’Eterno verso tutto il genere umano.

 

E’ qui la differenza tra il “chi siamo” (un essere malato incompleto destinato a morire per “malattia congenita” ereditata dai progenitori), e “chi avremmo dovuto essere” (un essere che vive nell’eternità di Dio tra i mondi e le creature dell’universo).

(continua)

 

 


 


[1]

"ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" (Genesi 2:17)

 

[2]

Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. (Genesi 2:9)

 

[3]

Marco 12:25 “Infatti quando gli uomini risuscitano dai morti, né prendono né danno moglie, ma sono come angeli nel cielo”.

 

[4]

«Tu, Daniele, tieni nascoste queste parole e sigilla il libro sino al tempo della fine. Molti lo studieranno con cura e la conoscenza aumenterà» (Daniele 12:4).

 

 

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