RIPIEGARSI SU SE STESSI

Impariamo a combattere Satana -1

Di Renzo Ronca – 17-8-10  (agg mag 2023)

 

 [Van Gogh: Vecchio che soffre]

 

RIPIEGAMENTO E SPERANZA

 

 Colui che è curvo nei ceppi sarà presto liberato: non morirà nella fossa, non gli mancherà il pane. (Isaia 51:14)

 

Nelle predicazioni che sentiamo vengono continuamente in evidenza tutte le cose belle e piacevoli del Signore e questo è giusto, ma esistono anche delle forze maligne che all’avvicinarsi degli ultimi tempi aumenteranno sempre più. Per questo dovremmo istruirci per imparare a combattere spiritualmente. Il Signore non ci ha mai nascosto che nella vita avremmo trovato ostacoli e persecuzioni e grandi tentazioni da forze oscure (Efesini 6:12 - il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.)

 

Di fronte al nemico possiamo avere TRE COMPORTAMENTI: la fuga, la lotta, il ripiegamento. Nella realtà questi tre comportamenti possono alternarsi o sommarsi, ma ve n’è sempre uno dominante.

 

La fuga è diversa dalla “ritirata strategica”. Nella ritirata strategica si ripiega con un certo ordine, avendo magari un piano da attuare in un secondo tempo. La fuga invece è disordinata, è crollata ogni difesa contro il nemico, non ci son più gli ufficiali a dirci come fare, così ognuno pensa a sé stesso in un caos che può diventare violento.

 

La lotta è di tantissimi tipi. Abbiamo nel nostro sito dei dossier con molti esempi, da cui prenderemo alcuni riferimenti.

 

Il ripiegamento: La nostra persona ha parecchie difese fisiche psicologiche e spirituali. È come un piccolo esercito che vigila nel corso della nostra vita contro ciò che considera estraneo e nemico.

Sappiamo che l’Avversario di Gesù è anche il nostro avversario, e come è stato combattuto Lui, avremo anche noi dei nemici nel mondo: Giovanni 16:33 Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo».

Un esercito attaccato non sempre ce la fa a contrattaccare, e non è detto che subito si metta a fuggire disordinatamente; a volte le avanguardie arretrano sempre più sotto i colpi del nemico e “ripiegano”, affondano nella parte centrale del corpo dell’esercito che, momentaneamente sopraffatto, cerca disperatamente di riorganizzarsi guadagnando tempo.

 

La persona ripiegata su sé stessa, a vederla dal di fuori, sembra già abbattuta passiva e alienata da tutto ciò che la circonda, ed in parte è così, ma dentro può avere una attività fortissima: forze spirituali enormi, di diversa natura, si affrontano in un viavai di sentimenti contrastanti e devastanti. Sotto l’attacco nemico il cuore della persona ricurva subisce ma non vorrebbe subire, cerca disperatamente una via d’uscita.. vorrebbe combattere ma non trova le forze… Le energie che possiede sembra che gli si rivoltino contro. Parte del suo esercito interiore si ribella al suo capo e lo accusa di non aver valutato il pericolo, di aver permesso tanto sfacelo, lo accusa insistentemente… Il cuore è in pezzi. Non c’è chi comandi e la Ragione, cioè il capo dell’esercito interiore, non riesce a ricompattare le sue forze tanto agitate.

Il tutto si traduce spesso in una sensazione di dolore fortissimo che avvolge ogni cosa. La persona sotto questo attacco nemico, si ripiega perché è attaccata anche da dentro, ed è divisa in sé stessa; cerca con tutte le forze una via d’uscita che non sa trovare e tutto le appare come sofferenza indicibile.

 

Questo stato d’animo è come l’agitarsi delle nuvole tempestose che potrebbero scaricare la loro terribile energia distruttiva sulla terra. La persona che voi vedete apatica, depressa, chiusa, è in realtà sconvolta da emozioni, paure, desideri, dolori che nessuno può immaginare se non il Signore Gesù, avendolo provato nel Getsemani in misura molto più ampia e profonda.

 

Il nemico, vedendo questo stato di confusione nell’esercito (cioè le nostre forze interiori) che ripiega, non gli dà tregua e cerca di approfittare rapidamente della situazione distruggendo ogni resistenza e uccidendo le piccole eroiche resistenze della nostra volontà.

 

La situazione di chi si ripiega su sé stesso è molto, molto instabile e da un momento all’altro può migliorare decidendo di lottare apertamente orientando e coordinando tutte le sue forze, oppure può degenerare causando la perdita di tutto il corpo in una resa parziale (dandosi alla fuga) o completa (esponendosi alla volontà del nemico, sperando in un atto di misericordia, che non ci sarà).

 

Se tra le terribili forze interiori contrastanti nel ripiegamento prenderanno il sopravvento quelle disordinate e cieche che vogliono distruggere, si può arrivare al pervertimento dei valori dell’equilibrio, con forme estreme quali l’omicidio (se identifichiamo il nemico in qualcuno fuori di noi) o il suicidio (quando lo identifichiamo dentro di noi).

 

L’omicidio impulsivo per raptus (quanti ce ne sono oggi, vero?) contro chi identifichiamo al momento come nostro nemico, è spesso la furia distruttiva satanica che nostra la sua vera natura nell’uccisione del prossimo, e poi, dopo averci accusato per quanto abbiamo fatto, con un senso di colpa insopportabile, nell’uccisione di noi stessi.

 

Il suicidio purtroppo è spesso la più struggente e penosa conseguenza dell’inganno di Satana, il quale, immettendo nel corpo impulsi falsi e perversi, sospinge le guardie del nostro corpo, l’esercito interiore che lo dovrebbe difendere, contro il corpo stesso, contro il capo del corpo, cioè contro la nostra Ragione, contro il nostro pensare razionale. Non è mai una vittoria il suicidio, ma solo una sconfitta basata su un inganno di nozioni manipolate che arrivano al cervello.

 

Nel caso del suicidio di tipo esistenziale per l’accumularsi del dolore depressivo, il gesto è spesso sospinto dal falso principio che l’attacco del nemico (e dunque il dolore) finirà nel momento in cui ci si arrenderà al nemico, senza più resistere, lasciandoci morire. “Tutto”, dice la mente ingannata, “è meglio di questo dolore, anche morire”.  Ma chi ha detto che questo sia vero? Pensi che la tua anima, privata della speranza di Dio potrà davvero riposare in pace, senza Dio? E se fosse peggio? E se il Signore ti volesse ancora salvare? Se aspettasse da te un gesto di speranza in Lui? Non sarebbe quella, cioè la speranza nel Signore, la tua vittoria? Il suicidio di Giuda non sta tanto nel peccato commesso (non esiste un peccato che non possa essere perdonato dal Signore) quanto invece dal fatto che Giuda non ebbe fiducia nel Signore. La parola disperazione infatti viene da “de” allontanamento e “spes” speranza, allontanarsi dalla speranza, perdere la speranza. E’ questa la morte esistenziale: non avere più speranza nel Signore.

 

A chi non cede a questo tragico inganno e con tutta la poca forza che gli rimane lascia passare un barlume di speranza, ecco che viene rivestito di forza che userà subito nella resistenza contro il nemico. La speranza nel Signore aprirà la riorganizzazione della vita. 

 

(continua)

 

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