IN CHE MODO ESSERE SE STESSI? AFFIDARSI A DIO E' PERDERSI O RITROVARSI?  - di Renzo Ronca 2008 - (6-3-21)

 

 

Affidarsi a Dio è rinunciare ad essere se stessi? O è ritrovare se stessi? Forse sono vere entrambe le cose. Certo è un perdersi, ma è anche un ritrovarsi come dice in Galati 2:20 "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Pensateci bene: mi annullo, non vivo, ma Cristo vive in me, la Resurrezione vive in me! Perdo me stesso e mi ritrovo come nuova creatura. Ho scelto la solitudine in me stesso e ho acquistato la pienezza.

 

Mi veniva in mente quell'"esci dal tuo paese.." detto ad Abramo; certo nel realizzarlo ci sarà stata anche una componente di incoscienza, ma pensate a quando uno si innamora: c'è coscienza o incoscienza nelle ns scelte? Non ci si "perde" volutamente? In un certo senso ci si fida così tanto di una persona fino ad allora sconosciuta, che si decide sulla base di una possibilità dettata dal cuore di abbandonarsi. L'abbraccio è questo: un abbandono senza riserve nelle braccia dell'altro. Un abbandono certo irrazionale e rischioso, fatto senza avere certezze del futuro, con la sola fiducia dell'altro. un perdere la ragione forse. ma un ritrovarla poi in maniera più completa, insieme. Si, affidarsi a Dio è perdere se stessi per un momento, e poi ritrovarsi più grandi, insieme.

 

Forse qualcuno tranquillo nelle proprie sicure abitudini giornaliere direbbe "io sono già me stesso; sto bene così",  ma se Dio è Spirito Santo in trasformazione e creazione continua, e noi siamo anche spirito a Sua immagine, come potremmo essere "noi stessi" nell'acquisito?

Se davvero vogliamo seguire la dinamica della nostra fede, la nostra scelta deve essere nell'imprevedibile, nel divenire, nel trasformarci, perché Dio è così.

 

Pensavo anche alle chiese: Quando una chiesa è "se stessa"? Una chiesa può "essere se stessa" quando si sente "arrivata" e "giusta"? Se stessa forse agli occhi del mondo, ma non a quelli di Dio.

 

Né la Chiesa, né l'uomo possono fermarsi a compiacersi o a riposare sulle abitudini e sulle sicurezze umane. Dice Gesù "Il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Mat. 8:20) Allora troviamo due modi di essere noi stessi, a causa della nostra duplice natura umana e spirituale: come esseri umani, terreni, siamo noi stessi in ciò che ci soddisfa e ci riempie egoisticamente; siamo noi stessi nel ragionamento che ci fa scegliere ciò che più ci conviene e ci dà un'apparente sicurezza come i soldi e le abitudini; ma come esseri spirituali siamo noi stessi solo se ci "perdiamo" in Dio.

La tranquillità dell'abitudine è solo un'apparente soddisfazione, è una gabbia d'oro, ma sempre gabbia, che lentamente ci anestetizza il cervello e lo spirito.

 

Usciamo dunque! Usciamo da noi stessi come fece Abramo! E cerchiamo di non aver paura di perdere i vantaggi delle comodità che abbiamo acquisito nel tempo. Usciamo dalla paura di perdere questa o quella cosa. tanto non c'è nulla di nostro nel mondo e nemmeno nella persona che chiamiamo "nostra": "Non sapete che il vostro corpo è i tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi?" (1 Cor. 6:19) Usciamo dunque dalla nostra mania di protagonismo nel quotidiano, dalle limitatezze di un vivere ripetitivo e "sicuro" ed entriamo con Gesù in una espansione, evoluzione continua, dove essere se stessi significa abbandonarsi a Lui e lasciarsi trasformare sul serio, senza appoggiarci alle nostre sicurezze umane; accettiamo pure questa incerta, precaria, meravigliosa fede nell'Amato.

 

 

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