«Che cos'è verità?» - Giov. 18:33-40 - di Filippo - 7-9-18

 33 Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?» 34 Gesù gli rispose: «Dici questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?» 35 Pilato gli rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani; che cosa hai fatto?» 36 Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui». 37 Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». 38 Pilato gli disse: «Che cos'è verità?» E detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo colpa in lui. 39 Ma voi avete l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua; volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?» 40 Allora gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!» (Giovanni 18: 33-40)


Gesù, dopo essere stato arrestato nella notte dalle guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, venne fatto comparire davanti al sommo sacerdote Caifa, per essere interrogato riguardo ai suoi discepoli e su ciò che insegnava.

Terminato il processo religioso, iniziò poche ore dopo quello politico: alle prime ore del mattino, Gesù, venne condotto al pretorio, il palazzo del procuratore romano Ponzio Pilato. Gesù entrò da solo nel pretorio, i suoi accusatori non vollero entrare perché lo ritenevano un luogo pagano, e quindi avevano il timore di contaminarsi e non poter così partecipare alla festa che seguiva la Pasqua. Pilato, fu quindi costretto ad uscire all’esterno del palazzo per raccogliere le accuse contro di Gesù.

Il tribunale ebraico, in effetti, aveva contestato a Gesù la bestemmia; per essersi equiparato a Dio. Tuttavia davanti a Pilato gli accusatori giudei formularono un altro tipo di accusa: la sedizione e il reato di lesa maestà per essersi proclamato “re dei Giudei”.

Pilato, rientrato nel palazzo, chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?».

Gesù, ammise di essere Re, ma affermò che il Suo regno non avrebbe potuto ricevere autorità e potenza dal mondo; perché non era un regno terreno e, per questo motivo, non avrebbe mai potuto minacciare il governo romano. Affermò di essere venuto nel mondo per testimoniare della verità e chiunque amava la verità, l’avrebbe ascoltato.

Ecco che Pilato, formula la famosa domanda: «Che cos'è verità?».

Non possiamo conoscere i veri motivi che lo hanno spinto a fare questa domanda; forse semplice curiosità, o magari sarcasmo. Una cosa è certa: non attese che Gesù gli rispondesse; lo si capisce da come il Vangelo di Giovanni prosegue: “E detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse...”.

Pilato, volta le spalle a Gesù. Non è intenzionato a conoscere oltre sull’uomo che ha davanti, né su quella verità che Gesù afferma di conoscere e di essere testimone.

Certo, non possiamo escludere che sia rimasto profondamente turbato dalla personalità carismatica di Gesù e dalle cose che aveva sentito dire su di Lui, ma quello che cerca Pilato è di capire se Gesù può essere veramente considerato una minaccia per il governo romano. Infatti, quando Gesù gli dice di essere il “testimone della verità”, Pilato non ha più dubbi e crede che l’uomo che ha di fronte è un semplice visionario; un uomo inerme ed indifeso che non può nuocere a nessuno e che non conta nulla, ecco perché si affretta ad uscire verso i Giudei per dire loro: «Io non trovo colpa in lui». In altre parole: “Non fatemi perdere del tempo prezioso, io ho altro a cui pensare!”.

Per Pilato non esiste la verità assoluta, pertanto non concede replica a Gesù e non gli consente alcuna risposta.

Pilato è un uomo pratico, concreto, non riesce a scavare in profondità; non può scorgere la verità che si trova di fronte a lui, perché è scettico: per lui quel tipo di verità non esiste; i suoi occhi non riescono a vederla. Quello che conta è il potere! Il potere di esercitare la propria verità.

Una verità che diventa quindi soggettiva, cioè basata su quello che lui ritiene essere vero, in base alle sue esperienze e conoscenze: insomma, una conoscenza limitata dalla propria ragione.

Gesù, invece, parla non di una verità qualsiasi, di qualcosa di soggettivo o relativo, ma della verità assoluta; cioè quella verità che si dimostra essere conoscenza diretta, completa ed esaustiva di Dio e del Suo piano di salvezza.

Gesù disse: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».  Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».  Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.

In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Giovanni 14:6-21).

Consideriamo cosa dice, ancora, il Vangelo di Giovanni capitolo 1, dal versetto 14 al 18: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Pilato, credo che in fondo rappresenti il pensiero dell’uomo che non conosce Dio e neppure vuole farlo; l’ambizione dell’uomo di credere, solamente, in sé stesso e nel potere che riesce ad esercitare sulle altre persone; l’uomo che vive di compromessi e che dubita di ogni cosa che non gli appartiene o che non riesce a spiegare con il proprio intelletto.

La Verità viene da Dio, è Dio; è la Luce infinita, perfetta ed eterna. È quella Luce che misura tutte le cose e che illumina il pensiero dell’uomo, rendendolo capace di andare oltre i confini della propria ragione: in quel luogo dove non si possiede niente e si possiede tutto; in quel luogo dove ogni cosa viene rivelata.

La salvezza passa per la conoscenza e l’accettazione della Verità: Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». (Giovanni 8:31-32)

E noi, siamo liberi o ancora schiavi?

 

 

 

 indice rifless. bibliche n. 2    -    Home

 

 

 

Questo sito ed ogni altra sua manifestazione non rappresentano una testata giornalistica sono scritti NON PROFIT, senza fini di lucro, per il solo studio biblico personale di chiunque lo desideri - vedi AVVERTENZE