LA CONTINUITA’ DI CHI EDIFICA - daLA GRANDE RESPONSABILITA’ NEL CRISTIANESIMO DI CHI PARLA E DI CHI ASCOLTA NEI TEMPI IN CUI VIVIAMO” - PARTE 4 - di Renzo Ronca - 18-6-17

 

 

(segue)

Quando facevo l’educatore e parlavo ai ragazzi della nostra vita, vedevo spesso il loro sguardo attento  mi spingeva ad essere prudente. In quelle menti giovani e vivaci potevo lasciare impronte buone o cattive, dovevo stare attento; infatti quello che in certi momenti di apprendimento spiegavo avrebbe lasciato comunque il segno. Pensavo spesso a questa responsabilità. L’educatore, al contrario dell’insegnante, non si limita solo ad esporre concetti da una cattedra, ma vive praticamente insieme ai ragazzi, che cura in ogni tappa della loro crescita adolescenziale fino alla loro maggiore età. Egli elabora progetti sociali, li esamina con una equipe di specialisti e segue nella pratica il loro percorso giorno per giorno, coinvolgendo non solo il ragazzo ma anche la sua famiglia. 

Quello che è importante è che nel farlo mette in gioco se stesso non solo come educatore professionale ma anche come persona. Voglio dire che anche il comportamento personale dell’educatore, nella vita, nella famiglia, al pari di quanto spiega, che lo voglia o no è un esempio, è una figura rappresentativa, un riferimento, è  materia di sviluppo per i ragazzi che sta seguendo. 

Ricordo una giovane collega che diede cattivo esempio coinvolgendo se stessa in una storia ambigua con un ragazzo che avrebbe dovuto educare.

Vi era talvolta un altro difetto grave nella gestione di quelle istituzioni: quando la direzione cambiava educatore, troppo spesso i ragazzi tendevano a formare gruppi di coetanei chiusi. I risultati migliori si ottenevano quando gli educatori principali (ad es. una coppia maschio femmina) concordandosi con gli altri del loro turno, riproducevano comportamenti ed abitudini di una normale famiglia. E’ da queste sperimentazioni nei grandi istituti che poi presero piede le “case famiglia” [che però hanno oggi in Italia anche difetti di altro genere, sempre dovuti ad una cattiva gestione anche politica].

 

Il predicatore nelle chiese PARTE da tutto questo che abbiamo detto e vi inserisce la trasmissione degli insegnamenti di Dio.  Non può essere un “impiegato della parola” che viene parla e poi se ne va senza farsi più vedere. Anche se potrà sembrare incredibile c’è in alcune chiese addirittura l’abitudine di cambiare predicatore ogni settimana! La comunità che ascolta è come una classe scolastica dove l’insegnante cambia continuamente: in quei casi non c’è più “continuità didattica”. Come fai a costruire un edificio se metti una pietra e la settimana dopo un altro la toglie e ne mette un’altra? Possono passare anni in questo modo e la comunità rimane sempre alla prima pietra! Esiste un “programma” nelle scuole, nella vita, nella parola di Dio! Non tutti i predicatori seguono lo stesso programma e ciò che rimane, quando non si tratta di insegnamenti addirittura in contraddizione, è comunque un discorso generico superficiale del tipo: “Gesù ti ama come sei” oppure: “cerchiamo la pace nel mondo”. Che tipo di crescita sarebbe questa? Gesù ti ama ma se non ti converti rimani nel tuo peccato; la pace nel mondo non è quanto accadrà veramente nei prossimi tempi, secondo le profezie bibliche.

Così dividere i doni che lo Spirito Santo distribuisce nella chiesa tra più persone è giusto (infatti come abbiamo già detto si evita così un pericoloso accentramento nelle mani di un “pastore-padrone”); tuttavia spezzettare esageratamente questi compiti in maniera gerarchica senza legarli/armonizzarli in una “continuità locale”, può avere effetti deleteri anche peggiori. Pastori, predicatori, evangelizzatori, musicisti, profeti, dottori, ecc. devono concordarsi in continuazione e restare il più possibili fissi/stabili in una comunità.

Uno dei mali di oggi è che la famiglia non riesce più a dare esempi o riferimenti utili ai figli, i quali crescono sbandati. Anche nelle chiese i responsabili non trasmettono sempre l’unità familiare appresa da Dio Padre, Dio Spirito Santo, Dio Figlio, così i credenti non sempre crescono come dovrebbero.

 

La continuità da sola però non basta. Chi è che porta avanti l’edificazione? E’ bello dire “tutto è opera dello Spirito Santo, ci pensa Lui”; anche questa è una bella "frase fatta" che può significare tutto e niente. Lo Spirito Santo si serve anche di servitori scomodi che sono vere e proprie spine nel fianco di chi si è adagiato nell’abitudine, utili fino a che questi lo vuole ascoltare, poi se nulla cambia gli viene tolto anche questo. I "pungoli" secondo me sono necessari.   Capita invece troppo frequentemente che i predicatori chiamati non siano adatti a predicare. Si insiste a far predicare tutti quanti per "amore di giustizia" come si i doni fossero quantificabili con una graduatoria di qualità. L'errore ovviamente non è solo in chi va sul pulpito, ma in chi gestisce. Se tu che coordini diverse chiese lasci predicare stabilmente un fratello che non ha ricevuto da Dio questo dono, avrai si continuità, ma sarà una continuità d’errore. La continuità dunque non potrà essere valutata solo dall’afflusso, dalle offerte o dalla buona volontà dell’incaricato, bensì dall’attinenza-fedeltà di ciò che viene detto in rapporto a quanto è scritto nella Bibbia. Il ruolo di chi sta in alto e gestisce le chiese non si può limitare a forme politico-manageriali basate sul numero dei fedeli che possono dare la loro decima, ma sulla qualità dell’evangelizzazione/insegnamento. Quale è il “programma di Dio” nei nostri tempi? Verso cosa stiamo andando? Come preparare i fedeli a ciò che avverrà? Se la chiesa non assolve questi compiti anche profetici a che serve?

 

E’ per questo che a volte lo stesso nostro Dio, Il Quale ci spinge a radunarci e a crescere nella grazia, nel vedere poi che alcuni Suoi delegati si appropriano delle sue greggi per convenienza personale, li allontana con decisione e va a prendersi cura Lui stesso le Sue pecore.

Male per questi pastori inadatti, ma tutto sommato, per noi che cerchiamo il Signore, questo intervento di Dio ci tranquillizza.

(continua)

 

 

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