“PASTORI E PRETI….” – esempio di Filippo e il ministro etiope - daLA GRANDE RESPONSABILITA’ NEL CRISTIANESIMO DI CHI PARLA E DI CHI ASCOLTA NEI TEMPI IN CUI VIVIAMO” - PARTE 3 - di Renzo Ronca - 15-6-17

 

 

(segue)

Vi è una categoria intermedia tra i capi delle gerarchie e i semplici fedeli: sono gli incaricati di gestire le comunità, che in modo sintetico abbiamo indicato come “pastori e preti”. Si tratta di responsabili importanti che sono sempre a contatto col gregge del Signore e dovrebbero esortarlo, correggerlo, edificarlo, proteggerlo e prepararlo in vista della maturazione degli ultimi tempi, quando incontreremo il nostro Signore che tornerà.

 

Ci sono tuttavia molte differenze tra preti e pastori:

 

IL PRETE, o sacerdote cattolico, può essere tale solo dopo aver “preso i voti”, ovvero deve aver giurato fedeltà alla Chiesa cattolica. Egli è sottoposto all’ubbidienza indiscutibile alla gerarchia (sopra di loro troviamo i parroci, i padri generali di vari “ordini religiosi”, i vescovi, i cardinali e il papa). Il compito del prete è curare le anime sulla base delle dottrine e dei dogmi della Chiesa cattolica (non parlano quasi mai ad esempio del ritorno del Signore ma impongono il culto mariano e quello dei santi).  In casi di ripetuta ribellione alla gerarchia o non osservanza ai dogmi, il prete può essere allontanato sospeso o addirittura scomunicato. La Chiesa cattolica è una monarchia piuttosto rigida anche se apparentemente permissiva.

 

IL PASTORE protestante invece è una figura molto più varia e complessa e, per certi versi contraddittoria. Va dalle chiese anglicane, che sono una via di mezzo tra cattolicesimo e protestantesimo, con alcune correnti interne (in alcune delle quali si celebra una messa simile a quella cattolica), alle denominazioni più libere di “autonomia locale” come le “Assemblee dei fratelli” dove viene eliminata ogni forma di gerarchia e non esiste nemmeno la figura di pastore  (sostituita da alcuni anziani). Tra questi due estremi abbiamo denominazioni che cercano diverse forme di equilibri. In alcune l’elezione del pastore è demandata ai fedeli della comunità (che possono rinnovarlo nell’incarico o destituirlo), in altre la nomina è fatta da responsabili nazionali. Tutti i pastori possono sposarsi. Il pastore non appartiene ad una classe privilegiata “addetti ai lavori”, ma è un credente come tutti gli altri, solo che per competenza e scelta si dedica più o meno pienamente a questo incarico (1).

 

QUANDO SI PREDICA….

Indipendentemente dalla organizzazione interna a e dal tipo di chiesa cristiana, vi è un momento centrale importante nel culto ed è quando qualcuno predica, sia esso pastore prete o predicatore che sia, quando viene a spiegare ai fedeli qualche passo della Scrittura. E’ qui che noi ora approfondiremo le nostre riflessioni. La predicazione è fondamentale, come il giusto atteggiamento basato sull’umiltà da parte di chi serve il Signore e di chi lo ascolta.  Leggiamo attentamente la parte iniziale del passo di Filippo e del ministro etiope in Atti 8:26-31:

 

26 Un angelo del Signore parlò a Filippo così: «Àlzati e va' verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta». 27 Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, 28 e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia. 29 Lo Spirito disse a Filippo: «Avvicìnati e raggiungi quel carro». 30 Filippo accorse, udì che quell'uomo leggeva il profeta Isaia, e gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?» 31 Quegli rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui. (Atti 8:26-31)

 

26 Un angelo del Signore parlò a Filippo… Vi è sempre una chiamata alla missione. L’angelo del Signore” può essere reale oppure in un sogno, in una visione oppure generalizzando molto può indicare anche l’invito di un uomo di Dio. A volte gli stessi pastori vengono definiti “angeli” (messaggeri) di una tale comunità. Tutto comunque deve partire sempre da Dio che sa vedere i cuori e muovere messaggeri e fatti. A volte può chiamare anche noi, e questa fiducia del Signore in noi ci deve onorare e mantenere nell’umiltà, perché non da noi parte la conversione di un’anima, ma sempre da Dio che prima la chiama e la prepara. Ci troviamo allora nell’insieme di più “chiamate”: è chiamato il messaggero, è chiamato il servitore come Filippo a servire; ed è chiamata l’anima -come il ministro eunuco- a rendersi disponibile a capire. Un predicatore che ritiene di poter essere solo lui a chiamare e convertire rischia di abbondare solo in presunzione. Egli è un semplice operaio che presta la sua opera per il progredire del Regno di Dio. Abbiamo fin troppi insegnanti e predicatori non chiamati dal Signore (o chiamati ad altri incarichi) che si ostinano ad insegnare e predicare creando più confusione che altro; vediamo allora di farlo SOLO se effettivamente sentiamo questa vocazione, comprovata dagli anziani. Chi insegna le cose di Dio vada molto cauto; egli deve essere sempre consapevole che si assume una enorme responsabilità e sarà per questo valutato con maggiore severità dal Signore stesso: “Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio” (Giacomo 3:1)

 

«Àlzati e va' verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta». Purtroppo ciò che spinge molti predicatori a predicare, cerca l’esatto contrario della indicazione della "strada deserta": molti predicatori cercano la platea, gli applausi, la considerazione, il successo, il riscatto della loro vita insoddisfatta, la manifestazione di un potere sugli altri, il riconoscimento di se stessi… Ma al Signore non interessa tutto questo. Chi vuole il pubblico, molto spesso predica solo se stesso. Chi segue il Signore invece è contento degli spazi piccoli, dove il raccoglimento di chi ascolta è al massimo livello. Chi è mandato dal Signore cerca di evitare accuratamente i bagni di folla, dove tutto è condizionato dalle ondate emotive.

 

27 Egli si alzò e partì.. L’ubbidienza di Filippo non si presta a commenti del tipo: “..ma come? Mi mandi in una strada deserta e non nel centro della città? Che vado a fare in un posto deserto? Chi vuoi che mi ascolti là?” Egli ubbidisce umilmente alle direttive di Dio.

 

Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, 28 e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia – Ecco, molto evidente, come il nostro incarico si inserisce sempre in una preparazione dell’anima che il Signore stesso ha già “lavorato”. Questo oltre a toglierci l’illusione di essere qualcosa, ci dà la tranquillità di trovare la fertilità dell’ascolto in chi da Dio è chiamato. Spesso invece pensiamo noi di dover convertire con le nostre forze a tutti i costi quelli che si induriscono, cadiamo in discussioni scritturali o polemizziamo cercando di convincere chi invece non ci pensa proprio a convertirsi. Nostro compito quando predichiamo è spiegare quello che lo Spirito di Dio ha già spiegato a noi prima di loro. Non ci inventiamo niente e non andiamo troppo oltre. Se ci ascoltano pace, se non ci ascoltano pace lo stesso; limitiamoci a quanto ci viene chiesto.

 

29 Lo Spirito disse a Filippo: «Avvicìnati e raggiungi quel carro». Non basta l’invito iniziale di un messaggero del Signore, quasi sempre lo Spirito Santo ce lo conferma in modi sublimi ed abbiamo così la “consapevolezza di un mandato interiore” che ci intimorisce ma a cui non saremo ribelli. Queste continue conferme sono anche la nostra debolezza, per rafforzarci e darci discernimento.

 

30 Filippo accorse – è bello questo verbo “accorse”. Un servitore contento che non solo non fa questioni, ma subito accorre con sollecitudine entusiasmo e premura.

 

udì che quell'uomo leggeva il profeta Isaia, - Lo Spirito di Dio ci fa capire AL MOMENTO quello che serve, dandoci la capacità di intervenire. E' molto interessante "quell'uomo leggeva"; infatti non interessa al Signore il fatto che fosse un eunuco (oggi sarebbe visto in modo diverso dagli altri), quanto ciò che l'anima di un uomo anela conscere.

 

e gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?» - L’iniziativa parte da Filippo, dopo che si è reso conto che l’eunuco era già attratto dalle Scritture. L’iniziativa è sempre da parte del Signore, che è il vero “buon pastore” che conosce le pecore una ad una; ed il Signore può mandare noi a rappresentarLo. Interessante è notare come la base del dialogo di un’anima che è attratta da Dio si fonda sempre sulla Scrittura biblica. Filippo non parla di cose inutili e fuorvianti: vede che l’eunuco legge la Scrittura ed entra subito in argomento senza tanti giri di parole o di filosofie. Tutta la Bibbia, Vecchio e Nuovo Testamento, può anche essere letta ed imparata a memoria ma non essere minimante capita. Senza la rivelazione dello Spirito Santo che ne è l’ispiratore sarebbe inutile ogni nostro sforzo razionale. E’ necessario capire, “far nostro” l’insegnamento specifico che c’è dietro le parole della Scrittura e questo solo con una apertura, una speciale rivelazione da parte dello Spirito Santo potrà avvenire.

 

31 Quegli rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» - Anche qui, in perfetta sintonia con la concretezza di Filippo che è andato subito al sodo, l’eunuco risponde con semplicità dichiarando che ha bisogno di essere guidato per poter capire. Da notare l’umiltà di questo personaggio. Egli non era uno qualsiasi, ma era ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, dunque un personaggio importante, abituato a comandare ad avere un posizione di rilievo sugli altri. Eppure riconosce di aver bisogno di aiuto. Questo è il giusto atteggiamento di un’anima che davvero cerca il Signore; troppo spesso invece ci imbattiamo in persone che fanno finta di ascoltare ma in realtà non sanno abbassarsi e polemizzano e pontificano pur non essendo niente e non capendo niente di quanto leggono.

 

E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui. – Non si tratta di un invito formale, convenzionale, superficiale, ma di una accoglienza vera, anche spirituale: il ministro etiope invita Filippo e gli fa posto accanto a lui. Mi chiedo quanti facciano davvero così tra quelli che dicono di venire in chiesa per ascoltare la Parola. E’ da notare anche come Filippo solo dopo questo invito entrò in argomento e cominciò a spiegare la Scrittura. Si tratta insomma dell’incontro di due anime che davanti a Dio restano umili e non prevaricano mai.

(continua)

 

 

 (1) Va detto per correttezza che in molte denominazioni evangeliche negli ultimi decenni il ruolo di pastore sta lentamente ed inesorabilmente assomigliando sempre più a quello di prete: egli gestisce, accentra su di se la maggior parte dei doni dello Spirito Santo (a torto o ragione coordina, predica, canta, suona, si occupa della cassa, vuole ubbidienza, nomina o allontana dei collaboratori, fa gli studi biblici,  evangelizza, prega, libera, guarisce, ecc. ecc…). In qs modo la comunità, non più stimolata ed incarichi differenziati e all’esercizio dei talenti personali, soffoca la crescita dello Spirito Santo, si appiattisce e diventa passiva come nelle messe cattoliche. Anzi peggio perché almeno lì vi era una grande solennità e spazi di silenzio.

 

 

 

 

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