Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 

LIBERTA’, COSCIENZA, AMORE – parte 2 -  Rom.14:5 -

-di Renzo Ronca – 4-6-17

 

 

(segue)

Romani 14:14 “Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura. 15 Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! 16 Ciò che è bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; 17 perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.

Solitamente in una certa prospettiva paolina di “nuova nascita” si tende a considerare “l’uomo nuovo in Cristo” come libero, slegato da ogni prigionia della legge. Questo spinge molti ad un comportamento disinvolto nei confronti di ogni regola, a cominciare dalle ristrettezze giudaiche sui cibi fino a quei comportamenti che potrebbero essere imbarazzanti per la loro disinibizione. L’apostolo Paolo nette in evidenza, come abbiamo detto, la RESPONSABILITÀ di chi -a torto o ragione- si sente libero di mangiate di tutto o di comportarsi in modo libero. Egli dovrebbe sottoporre qs sua libertà (sempre ammesso che gli sia concessa da Dio) alla minore libertà di altri. Ci sono credenti che scelgono invece un comportamento più “biblico” in modo letterale –a torto o ragione- rispettando giorni particolari, cibi particolari, e astenendosi da comportamenti troppo “liberi”. Paolo abbiamo visto, non fa questioni su chi abbia ragione o torto, ma di COSCIENZA. Spetta a chi ritiene di avere una maggiore libertà –sempre a torto o ragione- fare in modo di non scandalizzare con la sua maggiore libertà, la minore libertà dell’altro. Insomma potremmo dire che più aumenta la libertà di comportamento che pensiamo di poter avere nel Signore, e più dobbiamo saperla gestire in modo adeguato, stando bene attenti a non scandalizzare col nostro comportamento qualcuno che ritiene indecorosa o peccaminosa quella nostra libertà. Si arriva quasi all’assurdo che chi è più libero in Cristo Gesù, è quello che manifesta di meno la sua libertà per amore dei fratelli.

Purtroppo, nel nostro sistema occidentale dove tutto sembra dovuto e dove non esistono limiti al nostro voler fare come ci pare, il concetto di “libertà” è ben diverso dalla libertà che viene dall’essere cristiano. Per questo motivo alcune chiese si aprono fino troppo alle consuetudini mondane, ritenendo certe “conquiste sociali” come espressione di una libertà che anche Dio concede. Penso però che ci sia sempre un limite abbastanza chiaro tra ciò che Dio gradisce e ciò che è in abominio davanti ai Suoi occhi; spetta a noi trovare questo giusto equilibrio. Esistono come sempre i due estremi: chi è troppo legalista che magari tende ad applicare di nuovo le regole giudaiche alla lettera, come se Gesù non avesse mai spiegato nulla agli scribi e ai farisei, e chi invece ritiene di essere così libero da poter fare ogni cosa, anche peccati piuttosto gravi come quelli di Corinto per esempio. La meditazione sulla Scritture e la preghiera ci aiuteranno a trovare il giusto equilibrio di volta in volta.

Il credente abituato a delegare tutto al prete o al pastore dovrebbe delegare meno agli altri e passare più tempo elaborando la sua coscienza; vale a dire studiare il comportamento suo in rapporto a quanto desume dall’ascolto di alcuni passi biblici.

Una prospettiva inconsueta: vigilare sulla nostra presunta libertà

In questi brevissimi accenni di riflessione vorrei ora portare un prospettiva inconsueta: può capitare che un credente, pur comprendendo la sua potenziale libertà spirituale e comportamentale, si senta “troppo sicuro” della sua libertà e non consideri mai se stesso come una persona in pericolo e “scandalizzabile” dal comportamento altrui. Mi spiego meglio aprendo un esempio anche verso quelli che non sono credenti ma possono avere con noi un rapporto molto stretto. Il Signore in alcuni casi non impedisce al credente di restare unito ad una persona non credente (1), tuttavia mette in guardia sul contenuto spirituale delle persone con cui ci uniamo; infatti nel caso di un peccatore (il “non credente” non è detto che sia “peccatore”) noi ci uniremmo al peccato che in quella persona è contenuto (2). In questo malaugurato caso la nostra libertà, conquistata a caro prezzo col sangue di Cristo, diventerebbe solo libertà di peccare. Quindi nell’esempio che ho fatto, sarei libero di restare con una persona non credente se questa acconsente, oppure di lasciarla se non acconsente (3), però non sarei libero di unirmi a chiunque, perché nel caso di un peccatore, esporrei al peccato Cristo che per fede vive in me. In questo caso (unendomi a chi commette peccato) quello “turbato” non è più il fratello più debole a causa della mia libertà, ma sarei io stesso; e non solo “turbato”, ma la mia anima, se potesse esprimersi, sarebbe anche “scandalizzata” da questa eccessiva libertà che io le avrei imposto. Pensate ai “vasi comunicanti”, unendomi (anche fisicamente in un rapporto di coppia)  ad un compagno o una compagna che commette azioni non gradite a Dio, sarei io a trasmettere a lui la grazia della libertà che ho ricevuto, o sarebbe il suo peccato ad entrare in me, “inquinando” per così dire la mia grazia?

 

 

 

(1) 1 Cor 7:12 ….se un fratello ha una moglie non credente ed ella acconsente ad abitare con lui, non la mandi via; 13 e la donna che ha un marito non credente, s'egli consente ad abitare con lei, non mandi via il marito; 14 perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre ora sono santi.

(2) 1Corinzi 6:16 Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due diventeranno una sola carne».

(3) 1 Cor 7:15 Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono obbligati a continuare a stare insieme; ma Dio ci ha chiamati a vivere in pace; 16 perché, tu, moglie, che sai se salverai tuo marito? E tu, marito, che sai se salverai tua moglie?

 

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