LUCE CHE SOLLEVA, BUIO CHE SCHIACCIA

di Stefania -22-7-15 -

 

 

  

Quando si cammina con Dio, si apre la possibilità di sperimentare la Sua presenza in tutti gli aspetti della vita.

La natura è forse il luogo dove l'impronta del Creatore è più evidente. Tagliando un frutto, osservando le linee di una foglia, possiamo vedere la Sua bellissima opera. Nessun artista saprebbe eguagliare il disegno inciso sulla più umile delle pianticelle.

Anche il corpo umano risulta un capolavoro, nel modo sorprendente in cui funziona, nell'incastro armonico di tutti i suoi meccanismi, nell'espressività di cui è capace a tutti i livelli.

Il pensiero umano può anch'esso sorprendere, quando raggiunge sublimi consapevolezze, quando si apre alla contemplazione, quando lavora e s'ingegna per il bene.

 

Ma quando si nega l'origine divina di tutte le cose, quando Dio viene dimenticato e allontanato, il creato diventa natura morta da sfruttare a proprio piacimento, da ignorare e calpestare  senza riguardo. L'uomo diventa un oggetto che si può usare e anche gettare via, il pensiero dell'uomo senza Dio si mette facilmente al servizio di scopi malvagi. Oppure precipita in un'angoscia pietrificante.

 

Mi è capitato di rileggere il pensiero di alcuni filosofi del secolo scorso, e la mia attenzione è stata richiamata dalla differenza che c'è tra il modello filosofico di un credente e quello di un ateo.

Il filosofo credente in questione si chiamava Martin Heidegger. Credeva fermamente che il compito principale della filosofia, e quindi la cosa più importante nella vita dell'uomo, fosse quella di conoscere Dio.

Dio non si può conoscere direttamente, ma soltanto addentrandoci nel Suo rivelarsi a noi si può comprendere poco a poco qualcosa di Lui, come quando ci si addentra in un bosco lungo un sentiero che non conduce in nessun luogo, se non al centro del bosco stesso.

L'uomo che si mette in ascolto di Dio vive un'esistenza autentica, fatta di scelte consapevoli, responsabilità, e angoscia positiva che ci rende liberi proprio nel rispettare e riconoscere i nostri limiti. È stare in Dio che ci solleva e ci fa trascendere la nostra condizione terrena.

 

All'opposto, ho incontrato il pensiero di Jean Paul Sartre, esponente del cosiddetto esistenzialismo ateo. Sartre affermava che non Dio, ma l'uomo deve essere al centro dell'analisi filosofica e di tutte le scienze.

Ma, con questa premessa, Sartre giunse a conclusioni amare: l'uomo è gettato nel mondo, condannato ad essere libero di scegliere tra infinite possibilità, senza avere una ragione per esistere. L'uomo, affermava Sartre, è una “passione inutile” che oscilla tra questa presunta libertà onnipotente e il dover stare di fronte agli altri ed al loro giudizio, ridotto ad oggetto tra gli altri oggetti, preso dalla nausea e dalla vertigine di queste  angoscianti constatazioni.

 

Credere in Dio fa la differenza, fa un'enorme differenza in tutti i campi del sapere umano, in tutti gli aspetti della vita. Dio è per me la luce che avanza all'alba e rischiara tutte le cose, chi vuole godere di questa luce non deve fare altro che credere in Lui. Chi sceglie di farNe a meno, muove i suoi passi in una grigia penombra che inchioda l'anima a terra e la ammutolisce, rendendo l'uomo un oggetto qualsiasi del mondo, senza senso, senza scopo.

 

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