CHE SEI NEI CIELI  (Matt 6:9c) -ISTRUZIONI DI GESU’ AI DISCEPOLI PER LA PREGHIERA - Riflessioni utili per lo studio sul "Padre Nostro" - Renzo Ronca - Parte 8 - (13-6-15) -agg. 12-10-20

 

 

 

 

 

 

Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome (Matt 6:9)

 

 

«Il riferimento “che sei nei cieli” vuole sottolineare la trascendenza di Dio: forse contiene una critica contro ogni pretesa di localizzazione della presenza di Dio (sia Gerusalemme, Garizim es. Gio. 4.21 o ogni altro luogo) oppure una contrapposizione del Padre con gli altri padri terreni (per esempio i Farisei che amano essere chiamati maestri e vantano una paternità spirituale verso i loro discepoli..).

Ma probabilmente l’espressione “nei cieli” vuole ricordarci che nella preghiera ci rivolgiamo a un Dio che è nello stesso tempo in noi ed al di fuori di noi.

Tommaso d’Acquino, citato da Schmidt, mette in parallelo le parole “Padre” e “nei cieli” in quanto si integrano a vicenda; “Padre” Dio vuole dare ciò che è utile ai figli, “nei cieli” Egli può darlo. Il riferimento “nei cieli” può avere anche un altro significato: nel considerare la grandezza dell’universo l’individuo si rende conto che la terra e lui stesso è come un granello di sabbia, quindi il Padre Nostro esprime lo stupore della grazia di Dio e la gioia per poter invocare colui che ci viene incontro per mezzo del suo Spirito. Quindi il Padre Nostro non può mai divenire una ovvietà: purtroppo noi costantemente siamo soggetti a questo pericolo.» [1]

 

«Il Padre di Gesù è nei cieli. Con questa espressione non si intende fornire il suo indirizzo; si vuole invece precisare la sua fisionomia: non è terrestre cioè mortale e fragile come noi. È eterno e solido come una roccia. Non manca mai alla parola data. Ama oltre ogni limite, oltre ogni aspettativa. È fedele sempre. Non nasce e non muore. È presente ad ogni uomo in ogni epoca della storia.» [2]

 

«Nel Pater la sottolineatura che il Padre è “nei cieli” (di per sé ovvia), non serve all'evangelista per indicare un luogo (la residenza di Dio nei cieli), ma è una formulazione teologica che intende sottolineare la qualità dell'azione divina. I credenti sono chiamati a distinguere e opporre la qualità del "Padre dei cieli" a quella del "padre della terra" e invitati a rivolgersi all'unico Padre, "quello dei cieli" (cf Mt 7,11; 23,9; Eb 12,9). Rivolgersi al Padre del cielo, significa riconoscere in lui l'unico Padre (Ef 3,15) con l’esclusione di tutti gli altri: "E non riconoscete nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo" (Mt 23,9; Mt 19,29). Essere "nei cieli" o "sulla terra" è quel che distingue la condizione divina da quella umana. Desiderare di salire e risiedere "nei cieli" significa voler raggiungere la condizione divina e poter così disporre come Dio del potere di vita e di morte sugli uomini. Questa suprema ambizione di ogni potente viene frustrata dalla manifestazione del vero Dio (Is 14,12-13; cf 24,21). Il vangelo di Matteo colloca nei cieli il "Padre", il "Figlio dell'Uomo" (Mt 24,30) e gli "angeli" (Mt 18,10; 24,36; 28,2). Unica presenza estranea sono gli "astri" e le "potenze" che anch'esse pretendono di risiedere nei cieli (cf Mt 24,29), usurpando questa prerogativa esclusivamente divina. Queste "potenze che stanno sulla terraferma e sull'acqua" (Enoc 61,10; cf 82,8; 4 Esdra 6,3) sono esseri intermedi tra l'uomo e la divinità, potenze cosmiche non ancora sottomesse a Dio, che governano gli astri e quindi l'universo, lo spazio tra cielo e la terra a servizio di Satana (Beliar): "La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati, e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" (Ef 6,12). Nella Lettera ai Colossesi queste potenze vengono indicate con i titoli di "Troni", "Dominazioni", "Principati" e "Potenze", e presentate come rivali di Gesù, nelle quali i Colossesi ripongono la loro fiducia, aspettando da esse la salvezza (cf Col 1,16). Mediante la professione di fede contenuta nell'invocazione al Padre del cielo, viene affermato che la sola signoria riconosciuta dalla comunità dei credenti è quella dell'unico Dio che legittimamente risiede nei cieli. Ogni altra presenza nei cieli viene considerata un'usurpazione che l'attività del Messia e dei suoi seguaci dovrà eliminare (Rm 8,39; Ef 2,2). La "potenza" del "Figlio dell'Uomo" annienterà tutte le "potenze dei cieli" alla sua venuta. Questa radicale ed esplicita affermazione di fede nel Padre, quello "del cielo” (Mt 23,9), si comprende meglio se inserita nel contesto di un'epoca nella quale sia l'imperatore romano sia ogni altro re pretendevano di venire considerato di natura divina, e il rifiuto di adorare costoro era causa di morte (cf Ap 13,15; Dn 3,1-6.15).» [3]

 

«Questa frase: “il Padre che è nei cieli o celeste”, compare 8 volte nel sermone sulla montagna (5:16,45,48; 6:1,9,14; 7:11,21). Il concetto di cielo non indica tanto una lontananza ma una diversità. D’altronde sappiamo che anche “i cieli dei cieli”(2 Cr.6:18) non possono contenere Dio. Il cielo dunque non indica tanto il luogo della dimora spaziale di Dio, ma quello della sua alterità, della sua trascendenza, della differenza qualitativa di realtà. Cielo e terra non sono due realtà lontane ma semplicemente due realtà diverse. Con questa espressione Gesù vuole rimette in equilibrio la nostra relazione con Dio. E dunque, quando diciamo “Padre” che indica la sua prossimità, dobbiamo anche aggiungere “che sei nei cieli” che indica la sua trascendenza. L’amore che evoca il primo termine deve essere coniugato con il timore che suscita il secondo. Non a caso l’Ecclesiaste, parlando di come dobbiamo accostarci a Dio ci ricorda che “Dio è in cielo e tu sulla terra” (Ecc. 5:2) Dunque, pregando Dio così, noi evitiamo che la paternità di Dio lo faccia diventare nostro pari e che il nostro orgoglio lo faccia scendere a nostro servitore per strumentalizzarne i servigi. conclusioni Riappropriamoci del Padre nostro, imparando a collocarlo nel suo giusto contesto. Non lasciamolo alla sola recitazione meccanica dei cattolici o alle tradizioni protestanti. Se è corretto contestare l’abuso non è lecito evitarne l’uso. In particolare nella nostra preghiera, ricordiamoci bene che cosa vuol dire. “Padre nostro che sei nei cieli”» [4]

 

 

 A questi ottimi studi che puntano soprattutto sulla “trascendenza” di Dio, vale a dire un Dio Padre soprannaturale, che sorpassa ogni realtà oggettiva (il che non è sbagliato), vorrei però aggiungere qualche considerazione un poco più semplice secondo la mia personale fede:

Se pensiamo a Dio come a un Essere che non è solo potenza e gloria o spirito volatile, ma anche un Essere “consistente, reale” in grado di “camminare” nel giardino con l’uomo da poco creato (Gen. 3:8) forse ci sarà più facile capire che potrebbe davvero avere anche un luogo fisico nell’universo in cui ha una dimora. Quando Gesù dice: “nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto.” (Giov 14:2), parla di una casa reale del Padre nel cielo. Quando abbiamo parlato del rapimento della “chiesa-sposa” più volte abbiamo fatto riferimento al rituale giudaico [5], dallo studio del quale si capisce che lo Sposo-Gesù deve prima di tutto portare la Chiesa-Sposa nella casa del Padre dove le ha preparato un posto e dove le nozze vengono “consumate” cioè si vivrà una vera comunione spirituale. Poi ci sarà il ritorno del Signore con la Chiesa-Sposa (cioè con tutti i salvati) sulla terra. Pensiamo che esista davvero un luogo fisico in qualche posto del cielo dove è questa “Casa del Padre”, di cui la Bibbia non ci dice molto. Tuttavia ci dice un’altra cosa importante: che alla fine dei tempi, dopo l’ultima ribellione di Satana, quando sarà completato il giudizio finale, Dio Padre stesso scenderà sulla terra ed abiterà con l’uomo (Apoc 21:3).

Che Dio Padre dunque abbia un luogo nell’universo, in chissà quale galassia, circondato da tante specie di creature sublimi e potenti che chiamiamo “angeli”, e che poi venga sulla terra con l’uomo, come all’origine nell’Eden, non lo lascerei in secondo piano.  La Bibbia ci lascia solo qualche squarcio di luce. Sappiamo poco o nulla del Padre, e proprio per questo è meglio non definire nulla.

 

 

 

 

 

[1] http://www.laparola.net/studi/studi.php?s=480

[2] http://www.laparola.info/padre-nostro-che-sei-nei-cieli

[3] http://www.studibiblici.it/appunti/Il%20padre%20nostro.pdf

[4] http://www.chiesaevangelica.org/pages/studio1.php

 [5] Ad es il ns breve scritto COSA È IL RAPIMENDO DELLA CHIESA?  In cui facciamo riferimento all’ottimo libro “Israele la sposa del Messia” di Roberto Sargentini – Percibaldi editore

 

 

 

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