Qual è il tuo sogno?

di Stefania - 23-1-15-

 


 

 

Va dove ti porta il cuore e segui il tuo sogno. Qual è il tuo sogno? Diventare un attore? Incidere un disco? Fare il calciatore? Pubblicare un libro? Diventare un luminare della scienza? Avviare un'impresa di successo? Girare il mondo? Vincere il premio Nobel? Vincere alla lotteria? Salire sul podio olimpico? Chi sogni di diventare?

 

Spesso abbiamo un'idea ingenua e romantica dei sogni, eppure è con molta serietà che parliamo della loro realizzazione. I sogni sono obiettivi rivestiti di sentimentalismo, traguardi che sembrano dare un senso alla nostra vita, al nostro agire, al nostro pensare. E se sogniamo, sogniamo in grande, ci immaginiamo ammirati e approvati da tutti, anche da quelli che non stimiamo, anzi forse specialmente da loro. Siamo convinti che con l'impegno, o anche solo con l'intenso desiderare, otterremo quello che sogniamo.

Il cinema e tutto il mondo mediatico rinforzano la nostra propensione, la ingigantiscono e la esasperano.

 

E se non hai un sogno grandioso, se non miri in alto, se dubiti di meritare applausi?

Beh, allora forse hai un problema di autostima. Niente di grave, ne soffriamo un po' tutti. Stranamente non riusciamo a credere fino in fondo di poter essere i primi.

Certo, una moltitudine di primi è difficile da concepire, ma con un po' di meditazione, una dieta, un po' di palestra, un cambio di look, magari un bel percorso di crescita personale, potremmo convincerci che è possibile. L'importante è crederci, l'importante è tornare a sognare, e sognare in grande.

Come dici?

Ti ritieni l'ultimo dei servitori?

Forse il tuo problema di autostima è più grave di quanto pensassi...

Ah, hai letto la Bibbia? Beh, in effetti la Bibbia ti butta un po' giù. Ma non ti preoccupare, c'è ancora rimedio, resetta tutto quello che hai letto e studiati questo manualetto su come avere successo nella vita, ti spiega come ritrovare la tua autostima in dieci semplici mosse e...cosa? Non ti interessa?

Capisco, forse sogni di diventare un grande esperto di teologia?

No?!

Vuoi proprio essere l'ultimo dei servitori... Bassa autostima e masochismo allora....

 

Il mondo ci insegna l'aspirazione ad essere primi in ciò che facciamo ed in ciò che siamo, ci insegna a competere, a lottare per emergere e farci valere. Tutti protagonisti sulla stessa scena.

Poi apriamo la Bibbia e leggiamo:

 

«Se alcuno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti» (da Marco 9:35)

 

Il cambio di prospettiva è brusco, un'inversione di marcia sconcertante. Ma che cosa ci viene chiesto? Dovremmo forse andare contro il nostro interesse, dovremmo odiare noi stessi, auto-denigrarci e addirittura servire gli altri?

 

Il concetto di servire ci è estraneo, lo consideriamo nella sua accezione negativa. Consideriamo invece positivo avere grandi sogni e fare il possibile per realizzarli. L'ansia di fare ci caratterizza anche quando siamo da soli e nessuno ci guarda. Non sopportiamo di sentirci inutili, di percepire che senza di noi tutto va avanti lo stesso. Lo spettacolo senza il protagonista non può continuare, ma se continua anche senza di me, allora chi è il protagonista?

 

«Siamo servi inutili. Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare» (da Luca 17:10)

 

Sono due visioni opposte quelle presentate: da un lato, nella visione del mondo, concepiamo noi stessi come destinati a fare grandi cose, a crescere e migliorare illimitatamente, anche se la realtà e lo scorrere del tempo ci dicono che, nel complesso, non stiamo affatto migliorando. Dall'altro lato, nella visione biblica, siamo invitati ad abbassarci, a spezzare il nostro orgoglio, a decrescere.

Siamo invitati a sentirci come servi “inutili” che si realizzano nel fare quanto il Signore chiede, niente di più niente di meno.

Due visioni inconciliabili, a quale dovremmo aderire?

 

La visione del mondo ha una prospettiva temporale limitata, sappiamo che prima o poi ci sarà un termine. Allora dobbiamo affrettarci, cogliere la rosa prima che sfiorisca, ottenere il massimo ottenibile, e per questo esaltiamo tanto i nostri sogni, essi sono il nostro modo di dare concretezza alla felicità che vorremmo sperimentare. I sogni sono diversi a seconda delle persone, tutto è relativo, amiamo dire; l'importante è non fermarsi in modo che quando arriveremo alla fine, almeno, avremo lasciato dietro di noi alcuni trofei esposti su una mensola...

La visione biblica ha invece un orizzonte temporale indefinito, sconosciuto, molto più ampio della nostra breve vita, eterno. La vita sulla terra è una condizione temporanea, un periodo in cui dovremmo apprendere qualcosa circa noi stessi e il nostro posto nell'universo, qualcosa di cui non abbiamo memoria. Non ha senso lottare per un trofeo, la ricompensa secondo la fede cristiana sta al di là dell'orizzonte visibile.

 

L'apprendimento di questa grande lezione passa dal ricordarci o renderci conto di essere un nulla, di non avere alcun potere, nemmeno quello di indurre il prossimo battito del nostro cuore. Il massimo che possiamo fare è servire Chi è più grande, compiere la Sua volontà che, seppure momentaneamente incomprensibile per noi, riconosciamo come benevola e benefica. Nel nostro modo di ragionare secondo il mondo, sminuirci e riconoscere un Signore a cui obbedire è inconcepibile. Siamo abituati al relativismo, i nostri sogni sono l'unico orizzonte che riusciamo a scorgere. Ma non ci rendiamo conto che stiamo comunque servendo qualcuno nell'illusione di perseguire il nostro benessere, non pensiamo che ci stiamo assoggettando agli inganni di questo mondo sempre più insano.

 

Obbedire al Signore presuppone abbassare il concetto che abbiamo di noi stessi ma non si riduce a questo. Nell'obbedienza c'è una sorta di abbandono fiducioso poiché ci rimettiamo alla Sua volontà, e allora sopraggiunge in noi un nuovo tipo di pace, perché se crediamo alla Sua parola, sappiamo che siamo i destinatari di promesse stupende, irrevocabili e immutabili.

 

La nostra smania di fare, di correre, di affrettarci, non ha senso allora.

 

Se riconosciamo e vogliamo che sia Dio a guidare le nostre vite, dovremmo anche accettare che la Sua volontà possa manifestarsi nelle piccole cose che abbiamo davanti ogni giorno, nei nostri piccoli doveri quotidiani, e non nei grandi traguardi tanto cari al mondo. Essere l'ultimo di tutti e il servo di tutti significa distogliere il nostro sguardo dalle nostre prestazioni personali, smettere di tentare di perfezionarci e occuparci di chi ci sta intorno, capire che cosa possiamo fare (o non fare) per il nostro prossimo.

 

Se scegliamo di non credere alle Sue promesse, non cambierà niente nell'universo, cambierà però tutto per noi, che resteremo imprigionati nella prospettiva limitata di questo mondo, che non avremo mai la grazia di comprendere il più grande dei misteri che ama celarsi nelle piccole cose. Quei trofei sulla mensola saranno la nostra unica ricompensa e per di più ce li lasceremo alle spalle e un giorno saranno essi stessi polvere.

 

Se invece accettiamo e facciamo nostra la visione biblica, allora ridimensioniamo la nostra volontà, affrontiamo attimo per attimo ciò che la Divina Provvidenza pone sul nostro cammino.

 

Anche se non scorgiamo e nemmeno riusciamo a immaginare un regno di vera pace e di giustizia come in cielo, così in terra, camminiamo fiduciosi, ci disinteressiamo dei trofei e dei traguardi che intorno a noi si celebrano, in vista dell'unico premio che vale la pena di ottenere. Abbiamo un futuro radioso che prescinde dai nostri meriti e dai nostri sforzi, e i sogni di questo mondo sono per noi delle foto già sbiadite.

 

 

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