Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 

COME (NON) COMPORTARSI SE UN FRATELLO E' NELLA TRISTEZZA

di Renzo Ronca - 23-2-14-h.17- (Livello 1 su 5)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra credenti in chiesa capita continuamente di parlare di cose che sembrano ovvie, ma che, se vai a scavare, pochi sanno bene cosa significano; oppure ne danno ciascuno una interpretazione personale ed alla fine con la stessa parola che  usa il pastore o il predicatore, tutti intendono cose abbastanza diverse. Facciamo degli esempi:

Perdonare, amare, pregare, consolare… ottenere una vita nuova… portare i tuoi pesi al Signore…  Mettere davanti a Dio…  Essere felici….

Parole che vengono usate continuamente, vero?

Ma perdonare, amare, pregare…  pensate davvero che sia alla portata di tutti capirlo e farlo? Se non si spiega all’anima ferita come deve fare nella pratica, queste parole resteranno belle ma prive di significato. Un po’ come quando qualche predicatore dal balcone dice: “non è bene fare la guerra, cerchiamo la pace..”

 

 

DIRE ALL'INFELICE DI ESSERE FELICE, FA SEMPRE BENE?

Mi rendo conto che spiegare cosa fare e cosa non fare in certe situazioni non sia alla portata di tutti. Mi pare logico e normale. Ma allora perché ci improvvisiamo tutti pastori tutti dottori tutti educatori delle anime parlando ed esortando così come ci viene?

 

Facciamo un esempio: se entra uno dall’aspetto infelice in chiesa, che magari piange, cosa fate? Riuscite a distinguere tra buona volontà e sapienza? Ascoltate il Signore prima di intervenire o dite quello che in buona fede vi viene in mente?

 

Il fatto di essere nella grazia di Dio porti la felicità è vero, ma quanti passaggi! Quanti deserti! Quante sofferenze incontra l’anima prima di toccare questa felicità! Nei salmi troviamo  allegria, ma anche tantissime sofferenze di persone come noi, colpite come noi dalle prove della vita.  

 

Io in gioventù passai lunghi periodi di tristezza e di depressione. Cercavo il Signore ed entravo nelle chiese. Nelle preghiere di adorazione mi sentivo commuovere nel profondo ed era una cosa buona, perché la presenza dello Spirito Santo cominciava a sciogliere molti legami e iniziava a guarire tante ferite….  ma quello che mi faceva più del male non era certo il Signore! Erano le persone “devote” che mi dicevano sempre di essere felice perché quello era segno della comunione con Dio! Pensando di stimolarmi dicevano che se un non è nella gioia non ha il Signore; e siccome ero sempre triste mi spingevano sempre a ridere per dimostrare che il Signore mi voleva bene.  Così aggiungevano dolore al dolore perché era come se mi dicessero che Dio non mi voleva bene nemmeno Lui!  “Devi essere felice! Come mai non sei felice? Non c’è il Signore con te? Chiedigli di perdonare i tuoi peccati! Il Signore c’è solo se tu ridi e sei felice!”

 

Terribile metodo per evangelizzare!!!    Se piangevo, secondo loro era certo per qualche peccato che avevo commesso e giù a dirmi di essere felice!! Se a un depresso dite di scuotersi di alzarsi e di vivere allegro come se niente fosse, dimostrate di non capire né lui né l’attività di Dio che invece con infinito amore e pazienza insegna che c’è il tempo per ogni cosa, c’è quello per piangere e quello per ridere, per combattere e per risposare:

Per ogni cosa c'è la sua stagione, c'è un tempo per ogni situazione sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per danzare, (Ecclesiaste 3:1-4)

Anzi, nel v.7 dice: c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”

 

Si, se quelle persone avessero taciuto di più, permettendomi di avvicinarmi al Signore in tutto il mio dolore di allora, ebbene forse mi avrebbero aiutato di più, e penso che anche il Signore sarebbe stato più contento!

 

Allora cominciamo con lo stare attenti a cosa trasmettiamo quando parliamo! Non predichiamo slogan del tipo: “non fate le guerre perché è una cosa brutta” ed allo stesso tempo non diciamo di ridere a chi piange, bensì, se proprio vogliamo fare qualcosa, seguiamo i consigli della Scrittura quando per esempio dice:

 

 Rallegratevi con quelli che sono allegri, piangete con quelli che piangono. Abbiate gli stessi pensieri gli uni verso gli altri; non aspirate alle cose alte, ma attenetevi alle umili; non siate savi da voi stessi (Rom 12:15-16)

 

“Piangere con chi piange” non significa certo essere disperati se uno è disperato, ma significa essere vicini al suo dolore. Gesù pure pianse quando Lazzaro morì; eppure sapeva che l’avrebbe resuscitato.  Egli pianse assieme a Marta e Maria perché era loro amico e condivideva il loro dolore. E’ la nostra amorevole presenza verso chi sta male che ci permette di stargli vicino e di amarlo davvero. Sarà poi lo Spirito di Dio a portare il resto: un Amore superiore, secondo i Suoi tempi ed i Suoi modi.

 

 Indice rifless. bibliche  - Home

 

 

Questo sito ed ogni altra sua manifestazione non rappresentano una testata giornalistica - vedi AVVERTENZE