Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

RACCONTO DI PERIFERIA

 

 di Renzo Ronca - 24-3-13-h.9,15 -  (Livello 2 su 5)

 

 

 

 

 

 

 

 

La nostra storia inizia in un gruppetto di emarginati in una stradina periferica, piccola, stretta, praticamente in campagna. Su di essa, a lato, vi sono in fila alcune baracche, casupole cadenti, capanne, roulotte. Ogni baracca è divisa dall’altra con recinti di rete metallica; tra loro le famiglie nemmeno si parlano. I padri non potendo dare ai figli il cibo piangono nella loro miseria. I loro bicchieri sono sporchi, il cibo manca.

Ancora non è giorno fatto, si vede il gruppetto dei ragazzi, maschi e femmine, che come ogni mattina si devono alzare prestissimo per andare nelle loro scuole lontane, verso la città. Pur essendo dello stesso luogo, tra loro si deridono, ognuno pensa a sé con amarezza ed asprezza. Camminando con lo zainetto in spalla per raggiungere i bus di periferia, un ragazzino in particolare è preso di mira. Questo balbetta delle cose per difendersi, gli dicono che è sciocco e che farà una brutta fine perché è un illuso e le cose non cambieranno mai; ma lui per testardaggine o rabbia, sembra sospinto da una forte volontà di riscatto. –Vedrete!- dice –Vedrete se resterò così!-

Dopo un viaggio che sembra non finire mai, in cui i ragazzi fanno colazione e vengono aiutati da operatori sociali, ecco che arrivano finalmente alla loro scuola. Qui si disperdono tra le varie classi, assieme a tutti gli studenti della città. Vengono trattati dagli altri e dalle autorità scolastiche con sufficienza, isolati, considerati come pezzenti. Non hanno i mezzi per pagarsi libri, indumenti e laboratori, quindi rimangono anche nella scuola come fossero sempre alla periferia di tutti e di tutto. Divisi tra loro, divisi dagli altri, come condannati, carcerati senza carcere.

Vivevano così anno dopo anno, accettando passivamente il disprezzo del sistema, pronti ormai a farne parte, anche se solo con le elemosine.

Uno di loro però ancora non aveva ceduto del tutto.

 

Una volta l’insegnante di fisica gli disse di tenere un cannocchiale mentre lui mostrava alla classe degli esercizi alla lavagna. Il giovane lo prese e provò a guardare dentro al mirino…  girando come degli anelli  si accorse che ciò che vedeva diventava chiaro e si ingrandiva.. si ingrandiva… si ingrandiva sempre più.  Puntò il cannocchiale  verso lontano, verso quel monte altissimo laggiù… ecco che gli comparvero i particolari della vetta. Sarebbe stato impossibile vederli a occhio nudo. C’erano piante mai viste, dei luoghi meravigliosi… e un movimento veloce tra le foglie! Cos’era? Un serpente che si mosse rapido! Voleva continuare ma il professore gli disse di riconsegnargli il cannocchiale e lo rimise dentro la borsa ottica.

 

Però da quella volta nacque nel ragazzo un desiderio fortissimo di sapere di vedere di studiare. Ogni giorno restava più degli orari normali correndo al laboratorio e cercando di poter usare qualche almeno qualche lente della borsa. Appena poteva, facendo dei lavoretti di pulizia dei banconi dei vetri, aiutava anche i bidelli, poi chiedeva per favore e si faceva prestare quel cannocchiale e si metteva a guardare quel monte altissimo…

 

Il professore di fisica lo osservava da lontano attentamente e fu colpito da questo intenso desiderio del ragazzo di apprendere. Alla fine vedendo la sua determinazione lo prese a benvolere: senza più bisogno di aiutare nei servizi di pulizia, gli permise di usufruire ogni giorno della borsa ottica col cannocchiale; in più gli diede dei testi che spiegavano la composizione del monte, la sua storia, la flora e la fauna, i primi abitanti, le leggi gravitazionali….  Poi quando finì l’anno scolastico gli regalò il cannocchiale con tutte le lenti; inoltrefece in modo di presentare gli appunti del ragazzo alla commissione scolastica e gli fece ottenere una borsa di studio fino alla laurea.

 

Il giovane divenne uno studioso importante della storia del monte, divenne professore  di fisica ed insegnò a sua volta ad altri ragazzi.

 

Alla fine del suo lavoro, ormai vecchio, regalò la borsa ottica con dentro il cannocchiale e tutta la storia del monte ad una bambina curiosa e timidissima che non aveva i mezzi per studiare.

 

Morale della favola:

Questi emarginati sono i figli degli esuli della fede, i dispersi del mondo, il rifiuto di tutti. I loro genitori erano partiti con una idea di Dio importante, volevano cercare il senso della vita, ma si erano affievoliti impoveriti nella speranza e non erano in grado di dare ai figli il cibo della vera fede.

Nelle periferie, generazione dopo generazione, avevano dimenticato cosa li aveva spinti. Avevano una vaga idea di un Dio biblico, ma avevano perso la capacità di vedere, di sperare. Ormai si sentivano esattamente come gli altri li consideravano: un niente.

I loro nonni volevano cambiare il mondo ed il mondo invece aveva cambiato loro, sconfiggendoli e relegandoli ai margini di megalopoli dove la religione era solo un mezzo per gestire un potere.

 

Nelle nostre città, bel nostro sistema di cose si coltiva il culto del denaro, del potere, del sesso, delle varie idolatrie mascherate…. In questa Babilonia la ricerca e l’offerta nostra a Dio si è trasformata in  ricerca di ogni opportunità possibile per esaltare il nostro “io”.

Il Dio della Bibbia è diventato pian piano un dio minuscolo, lontano, filosofico, espressione di una necessità umana, che gli “intellettuali-intelligenti” possono sostituire facilmente con “ricerca del benessere”.

 

Una triste condizione di povertà dovuta alla mancanza del cibo di Dio, cioè della Sua parola viva.

Le famiglie delle baracche sono le chiese divise che non si parlano. 

In mezzo ai tanti “dèi” moderni che mandano avanti le città ed il mondo , il Dio di Abramo -cioè quello che Cristo ci ha mostrato- è quasi dimenticato. Una fede morta imprigionata dentro piccoli recinti chiamati “denominazioni”.

 

Ma c’è sempre qualcuno o qualcosa dentro di noi, come Davide, apparentemente debole, che viene attratto da Dio per riscattare il suo popolo con la forza della sua fede. Questo giovane rappresenta quella parte che è dentro il cuore di tutti noi e vuole conoscere “la montagna di Dio”, quell’Eden che il serpente ci fece perdere di vista. Questo giovane, ciò che lui rappresenta, piace a Dio perché è secondo il Suo cuore. Se lo seguiamo cambierà anche il nostro di cuore. Scopriremo chi eravamo, cioè figli di Dio, e potremo trasmettere questa identità regale alle nostre famiglie, che non si dovranno più vergognare.

 

Allora non soffochiamo il desiderio delle altezze di Dio che vive in noi!

Studiamo il monte dell’Eterno! Come Mosè restiamo alla sua ombra per tutto i tempo necessario, fosse anche tutta la vita. Vale la pena perché è lì che incontreremo Dio! Non perdete questa speranza!

Egli vivrà di nuovo tra i suoi figli dispersi per radunarli ancora e noi non saremo più gli stessi.

 

 

 Indice studi biblici  -  Home

 

Questo sito ed ogni altra sua manifestazione non rappresentano una testata giornalistica - vedi AVVERTENZE