cancello chiuso con catena e lucchetto

Giorni fa un amico mi ha scritto questa frase: “ Una porta chiusa non è un ostacolo al successo ma è una protezione affinché tu possa vivere la tua vita più appieno”.

Non ho avuto la possibilità di chiedere spiegazioni come avrei voluto per capire esattamente cosa il mio amico intendesse e a cosa si riferisse, ma ha comunque stimolato in me riflessioni su diversi concetti, quali la chiusura, gli ostacoli al successo che incontriamo nella vita, la protezione di se stessi.   (L’amico mi scuserà se ho usato la sua frase uscendo fuori dalle sue intenzioni!).

LE NOSTRE DIFESE

Freud ha diffusamente trattato dei meccanismi di difesa e nel nostro sito abbiamo sinteticamente accennato all’argomento (link approfondimento: COME SI DIFENDE L’IO).

Le difese sono necessarie per l’individuo, sono un segno di maturità psicologica in quanto indice di autogestione emotiva, di confini tracciati e di capacità nel relazionarsi con gli altri e con il mondo. Ovviamente quando non sono difese patologiche, cioè esagerate, immotivate, incontrollate e rigide.

Ricordiamo che in psicologia la linea di demarcazione tra “sano” e “patologico” sta nella flessibilità e adattabilità dei meccanismi: devono essere funzionali e utili alla persona, favorire la comunicazione e la crescita. Qualunque meccanismo teoricamente buono e utile, quando diventa rigido e fisso non va più a favore dell’evoluzione personale e comincia a funzionare “contro” se stessi.

  • UN ESEMPIO: Il meccanismo della razionalizzazione molto spesso si attiva per fronteggiare situazioni stressanti. Razionalizzare significa creare spiegazioni rassicuranti e utili a se stessi circa il comportamento proprio o altrui.

Talvolta siamo consapevoli di razionalizzare, è una scelta per facilitarci la vita, per riuscire a gestire le emozioni più fastidiose e disturbanti che ostacolerebbero i nostri programmi e interferirebbero con i nostri obiettivi. Altre volte invece è un meccanismo che scatta automaticamente fuori dal nostro controllo: il nostro  IO  registra un “pericolo emotivo”  e innesca il sistema di difesa per cui il pensiero segue il percorso difensivo della razionalizzazione.

LA PROTEZIONE

Non possiamo non proteggerci ma nemmeno possiamo troppo chiuderci nella difesa.

L’azione di queste difese ci permette di “sopravvivere” alle situazioni, di tollerare le diversità, di superare i conflitti, quindi sono difese  “adattive”, favoriscono il nostro adattamento nelle relazioni e nella vita. Tuttavia difese rigide e sistematiche  ci possono “anestetizzare”, ci possono chiudere la strada alle emozioni. Non possiamo chiudere la porta alle emozioni. Spesso sento dire “Oh come vorrei non essere tanto sensibile!” oppure “Vorrei diventare una persona fredda così non soffrirei tanto!”…. Io credo che sarebbe una terribile malattia con cui vivere!

Il problema non è la nostra sensibilità o le forti emozioni, la questione sta nell’imparare a conoscersi, capire il proprio funzionamento e quindi poi a gestire se stessi in modo più consapevole, anche in un modo più accettante e benevolo verso se stessi.

GLI INSUCCESSI E GLI OSTACOLI

Non c’è percorso di vita senza ostacoli e fallimenti, ognuno ha i propri ed ognuno ne soffre secondo la propria personalità.

Esiste una caratteristica di personalità che è preziosa e che dovremmo impegnarci per averla e sempre incrementarla: la RESILIENZA.

Questo termine (preso in prestito dal mondo dei metalli) indica la capacità dell’individuo di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato. Quindi non è semplicemente sopportare le esperienza negative ma è anche –dopo aver accusato il colpo e averne giustamente sofferto -  riuscire ad usare quelle esperienze per il futuro, trarne una lezione per la prossima mossa, per il prossimo progetto.

Questo vale per gli insuccessi in ogni ambito, nel lavoro come nelle relazioni.

DIFENDERSI  O  FIDARSI?

Esiste un nesso tra fiducia e difese. Certamente chi si difende molto è perché ha molto sofferto: le delusioni, i tradimenti (di ogni genere) e gli insuccessi indeboliscono; ogni volta ci si rialza meno fiduciosi rispetto al mondo e un po’ più chiusi in se stessi.

Ma se venisse meno la fiducia nel mondo, negli altri, non sarebbe possibile più alcuna comunicazione, nessuno scambio, nessun rapporto, perché non potremmo credere più a  niente, né alle parole, né ai sentimenti altrui, né alle buone intenzioni, né all’onesta dell’altro. Sarebbe una situazione estremamente triste e difficile dove, per paura di soffrire ancora, vivremmo soffrendo di solitudine e di mancanza di amore.

Mi sembra allora abbastanza ovvia la risposta: fidarsi. Ma anche un po’ difendersi!

CONCLUSIONI.

La maturità, la riflessione, la saggezza e la prudenza sono doti che si formano col tempo e con l’esperienza, riflettendo su se stessi, senza chiudersi al mondo e senza mettere serrature e lucchetti.

Il punto non è la chiusura in sé quanto la capacità e la libertà che ci concediamo di aprirci quando è bene aprirci.  Ed anche qui bisogna essere bravi a capire quando è bene farlo.

Gabriella Ciampi (psicologa psicoterapeuta)


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