LA SORDITA' NELLE CHIESE  -  un handicap invisibile ma non vuol dire che non esista -  di Rosa 11-6-20

 

 

 

Lla stragrande maggioranza delle persone da’ per scontato che la sordità sia quell’esilarante difetto che colpisce i più anziani, spesso accompagnato da battute del tipo: “sordo come una campana!”.  

La sordità (chiamata con altre terminologie come ipoudente, persona audiolesa, non udente) colpisce ogni fascia d’età e per innumerevoli cause, esattamente come la cecità (videolesa, ipovedente, non vedente).

Un fattore curioso vuole che le persone si mostrino più empatiche verso le persone ipovedenti piuttosto che ipoudenti.

La causa di ciò è da riscontrare che è più facile comprendere una persona che non vede, piuttosto che quella che non sente, in quanto si tratta di un handicap non riproducibile temporaneamente in maniera meccanica; non basta tappare le orecchie con batuffoli di cotone e cera, perché il suono bene o male arriva, ovattato debole, ma non trasmetterà realmente cosa provi una persona senza udito, mentre ci basterà chiudere gli occhi e provare a camminare per strada per renderci conto di cosa possa provare una persona che non vede.

La sordità è esattamente come la cecità, con l’unica differenza che c’è totale assenza di suoni. Come quando si chiudono gli occhi e si vede solo il nero.

Ci sono poi sfumature e sfumature: sordità leggera, lieve, profonda, grave, totale…

Aperta e chiusa parentesi, ne apro un’altra, discutendo della sordità nell’ambito della spiritualità e della Chiesa, volutamente maiuscolo, in quanto mi riferisco a tutta la cristianità.

Ci sono state iniziative a favore dei sordi e di questo ne son ben lieta.

Iniziative come la Lis durante una predica, siti internet, blog, social, video con sottotitoli fatti come si deve, etc.

Il problema si pone quando diverse persone non-udenti(o sorde, se preferite) non conoscono la Lis e sono i cosiddetti “sordi verbalisti”, cioè persone che fin da quando erano piccoli hanno passato più tempo dalla logopedista che altrove, con anni e anni di tecniche professionali apprese per migliorare la dizione, la differenza tra lingua parlata e cantata, insomma l’ABC della comunicazione verbale. Non solo. Tra i verbalisti ci sono persone che un tempo erano udenti e si sono ritrovate senza udito.

Essere verbalisti facilita il nostro ingresso al mondo ma spesso incontriamo grandi dolori, disagi ed imbarazzi, non per la sordità in sé, quanto per l’ignoranza della gente che vive come se nella vita avere 5 sensi perfettamente funzionanti fosse scontato.

Mi è capitato molto spesso di essere scambiata per una persona con disabilità intellettiva solo dopo aver detto o anche accennato del problema di udito. L’assurda associazione sordità/deficit intellettivo diventa istantanea nella maggioranza delle persone, e questa è una barriera che impedisce di fatto ogni forma di comunicazione.

Nell’ambito della spiritualità la sordità sembra un handicap messo a margine proprio perché invisibile. Va bene, ci sono quelli della Lis, ma hanno il loro interprete, problema risolto? Tutt’altro che risolto, perché esistono pure i verbalisti. Ho notato che nelle chiese in generale, la comunicazione gronda a fiumi, ma con dei paletti o meglio, barriere uditive:

“Vuoi partecipare anche tu all’incontro con il Signore ? Bene, telefonaci!”

“Vuoi conoscere Gesù Cristo, fare un ritiro presso “xxx”? Scrivici!”  e dopo aver mandato una email, mi vedo rispondere: “Abbiamo accettato la tua richiesta, chiamaci al numero xxx!!”.

Con tutti i social a disposizione (es Whatsapp) a cosa serve comunicare sempre per telefono?

Potrà sembrare strano ma è capitato che , alla mia puntualizzazione di non poter usare il telefono, di essere lasciata perdere e di non ricevere più risposta. Strano, ma vero!

C’è forse qualche legge che ci obbliga ,salvo casi gravi od urgenti, a delegare questa benedetta chiamata?

Cosa fare dunque? Io non delego a nessuno le mie responsabilità, sono io l’artefice della mia vita!

Per non parlare delle chiese, non accuso nessuna in particolare, dove praticamente sembra l’incontro con il Signore per soli udenti.

Mi meraviglio perfino che la chiesa non si chiami “Chiesa udente”.

Si canta, per carità tutto bello, ma un bel cartello affisso che indica tutti i passi, i canti, e le letture non sarebbe male senza dover stare sempre a chiedere al volontario gentile di turno?(che poi tanto alla fine si scoccia?)

Si parla e si predica, e non si prende minimamente in considerazione che tra il pubblico potrebbero esserci un paio di persone sorde.

E vado ad ipotesi, in una chiesa di almeno 30 persone, almeno 5/6 saranno non-udenti, se non di più. Non lo andiamo a sbandierare per forza, non è necessario. Può sembrare paradossale, ma sono gli udenti che si devono adattare alle persone meno fortunate e non il contrario; noi , dal canto nostro, ci mettiamo il massimo impegno per venirvi incontro e non tediarvi.

Sarebbe utile creare dei volantini, indicanti passo per passo, tutte le letture e la predica del pastore.

Non è una cosa impossibile, basta stampare, esternare molto la parola del Signore in concetti visivi e creativi per non escludere nessuno.

A cosa serve fare una predica bellissima se una persona sorda non ne usufruirà come si deve? Gesù preferisce salvare la pecorella perduta, che le 99 che non ne hanno bisogno.

Bisogna avere lo stesso ragionamento di Gesù e comportarci, io inclusa, come se l’Altro fosse una pecorella perduta da salvare; quella che io chiamo mentalità preventiva o intuitiva.

Per quale motivo dobbiamo stare sempre a chiedere aiuto?

E’ il pastore che cura il gregge, non viceversa.

Bisogna prendere in considerazione (e dovrebbe essere estesa in tutti i campi) l’esistenza persone che non possono rispondere, leggere, o esserci fisicamente.

Dovrebbe essere una consapevolezza naturale, automatica, con una nota in fondo alla pagina “Se non puoi telefonarci, leggerci, o venire da noi, allora ti proponiamo quest’altra soluzione”.

Non si tratta di una campagna di sensibilizzazione perché ritengo non vi sia nulla da sensibilizzare in quanto si tratta di una realtà esistente, tutt’altro che rara, e anche se fosse rara, sarebbe bene muoversi in senso comunitario e inclusivo. La rarità non è una scusante per l’esclusione.

Esistono, e non sono poche, persone che non sentono e non sempre hanno voglia di specificare e puntualizzare il loro problema, non tutte conoscono la Lis e non tutte si fanno aiutare dai loro familiari o dal fidanzato.

L’autonomia è una cosa sacra!

La mia è una esortazione fatta con il cuore.

Spero che un giorno vi sarà più consapevolezza e maggiore impatto comunicativo usando tutti i mezzi per i più sfortunati; sì, anche loro fanno parte della Chiesa.

Non dovrebbe esistere, secondo il mio umile e modesto parere, una chiesa per soli udenti, è  vero che la chiesa è aperta tutti ma a conti fatti, l’unica comunicazione impostata è quella uditiva, e se c’è qualche iniziativa per sordi sembra quasi un favore o volontariato. Penso sia necessario rivoluzionare il concetto di chiesa , includendo anche la disabilità(rara o comune che sia) per non escludere nessuno.

Gesù parlava alla folla e a quelli che non sentivano, li guariva… si sa che non sono più i tempi d’oro e proprio per questo serve venire incontro, facendoci “sentire” attraverso l’ausilio di strumenti visivi(volantini, prediche scritte, schermi o cartelli che indicano il tema o la lettura del giorno, bastano piccoli riassunti).

 

 

 

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