Avvertimento contro le false dottrine (1 Timoteo ,3-11 NR) - di T. M. - 4-3-19

 

 

 

 

1 Timoteo ,3-11 NR

3 Ti ripeto l’esortazione che ti feci mentre andavo in Macedonia, di rimanere a Efeso per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse 

4 e di non occuparsi di favole e di genealogie senza fine, le quali suscitano discussioni invece di promuovere l’opera di Dio, che è fondata sulla fede. 

5 Lo scopo di questo incarico è l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera. 

6 Alcuni hanno deviato da queste cose e si sono abbandonati a discorsi senza senso. 

7 Vogliono essere dottori della legge, ma in realtà non sanno né quello che dicono né quello che affermano con certezza. 

8 Noi sappiamo che la legge è buona, se uno ne fa un uso legittimo; 

9 sappiamo anche che la legge è fatta non per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e gli irreligiosi, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, 

10 per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina, 

11 secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato.

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Dopo i saluti al suo «legittimo figlio nella fede», l’apostolo Paolo lancia un avvertimento sulle false dottrine a Timoteo, impegnato in un servizio pastorale ad Efeso. Ma cosa sono queste false dottrine e perché questi passi, in un’epoca in cui la Chiesa è frazionata in tante correnti e sottocorrenti, appaiono oggi perfino più attuali di allora?

Non ho certo l’ambizione di fornire una risposta inconfutabile e tanto meno credo che l’esistenza di diversi punti di vista sull’Unica Verità sia necessariamente un male. Il male, se mai, è la mancanza di dialogo tra i teologi e gli studiosi delle varie denominazioni cristiane su ciò che veramente conta. In quanto cristiano semplice e inesperto, ma mosso dall’idea che la Chiesa di Gesù sia un unico corpo, mi limito a condividere queste riflessioni con i miei fratelli in Cristo, affinché questi possano ampliarle, migliorarle, trarne spunto per più dettagliati studi.

Ora, restando nel solco della stessa lettera paolina, esistono false dottrine che vanno insinuandosi nella Chiesa stessa. Non parliamo, per forza, di dottrine volutamente o palesemente false, facili da riconoscere e contro le quali non è difficile armarsi. Ci riferiamo a qualcosa di più subdolo, talora neppure voluto, apparentemente compatibile con la stessa dottrina predicata nella Scrittura, ma con al proprio interno un germe pericoloso. Un germe che rischia di fare deviare il credente dalla retta via, spianando la strada a crisi spirituali e a rischi ben più grandi. Una sorta d’influenza, il cui germe non c’impedisce di stare bene e in salute finché non esplode, ma che, se non curato per tempo, rischia di scatenare una malattia ben più grave.

Particolarmente rischioso, per chi cerca la Verità, è l’«occuparsi di favole e genealogie senza fine». Il lanciarsi in speculazioni intellettuali che poco hanno a che fare con il messaggio di Dio e ne sono piuttosto di ostacolo. Da questa attitudine umana nascono le false dottrine di cui parla Paolo, da questa tendenza si formano coloro che «vogliono essere dottori della legge, ma in realtà non sanno né quello che dicono né quello che affermano con certezza». Non parliamo per forza di persone malvage, badate bene, ma di persone che credono di poter andare oltre il contenuto delle Scritture, senza averlo capito. Che, magari, pensano di essere utili alla causa cristiana, ma non lo sono. In poche parole, di individui per cui il proprio io viene prima di Dio. Invece, chiusa la Bibbia si finisce inevitabilmente con il parlare del nulla. Tutto ciò che esiste di umano, per quanto elevato, per quanto magnifico, non è che paglia di fronte al Signore. C’è una grande differenza tra la Parola di Dio e le parole umane. Solo la prima è degna di attenzione, le altre sono vane, perché al di fuori dalla Scrittura non ci può essere Verità.

Ma Paolo si spinge oltre e ci indica anche la qualità indispensabile con cui approcciarsi e divulgare la parola di Dio, ovvero «l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera». L’amore è la prima testimonianza di Fede. Questo amore implica anche il fare conoscere agli uomini il proprio stato di peccatori. Perché è solo quando ci si rende conto di essere malati, che si va alla ricerca del medico. Solo quando prendiamo consapevolezza del nostro stato di peccatori, arriviamo a comprendere l’amore di Gesù. Oggi più che mai, gli uomini hanno bisogno di Cristo, non di chiacchere. Tutti gli uomini ne hanno bisogno, in modo particolare i peggiori. Perché è soprattutto per «gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e gli irreligiosi» che Dio si è fatto uomo ed è morto in croce. Ed è soprattutto a loro, a chi si è smarrito, che si rivolge il messaggio di salvezza.

 

 

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