LIBERTA' Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa è utile - 1 Corinzi 10:23-31

- di Renzo Ronca - (25-7-16) agg 18-6-20

 

 

 

1 Corinzi 10:23 Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa edifica. 24 Nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi quello degli altri. 25 Mangiate di tutto quello che si vende al mercato, senza fare inchieste per motivo di coscienza; 26 perché al Signore appartiene la terra e tutto quello che essa contiene. 27 Se qualcuno dei non credenti v'invita, e voi volete andarci, mangiate di tutto quello che vi è posto davanti, senza fare inchieste per motivo di coscienza. 28 Ma se qualcuno vi dice: «Questa è carne di sacrifici», non ne mangiate per riguardo a colui che vi ha avvertito e per riguardo alla coscienza; 29 alla coscienza, dico, non tua, ma di quell'altro; infatti, perché sarebbe giudicata la mia libertà dalla coscienza altrui? 30 Se io mangio di una cosa con rendimento di grazie, perché sarei biasimato per quello di cui io rendo grazie? 31 Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio.

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Gestire la libertà è la cosa più grande e più difficile che ci sia. L’uomo non ne è stato mai capace e ancora non lo è. Per capire bene il passo in questione occorre avere in mente una specie di scaletta o di considerazioni ordinate:

 

1) E’ vero, Dio può dare alle persone più mature ed evolute in materia di fede un’ampia libertà comportamentale.  Persino all’occorrenza di passare oltre l’aspetto esteriore letterale di certi “comandamenti” acquisiti nella tradizione [vedi il sabato con Davide (1 Sam 21:3-6) e con Gesù (Lc 6:1-5)].  Teoricamente nessuna cosa è impura in se stessa (“Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso”  -Romani 14:14a)

 

2) La gestione personale di qs libertà (cioè nel rapporto che intercorre solo tra la mia coscienza di credente e Dio) è data dalla risposta -che nella stessa mia coscienza viene elaborata- alla domanda: “questo mio atto, questa scelta, questo comportamento, può dispiacere a Dio?”  Questo è il primo ns limite decisionale. Il Signore in preghiera, tramite le comunicazione dello Spirito Santo, può chiarire questa risposta; e di solito il credente maturo si adegua a questa coscienza “illuminata”. Ecco allora, espresso meglio, il primo limite dei ns pensieri: se a Dio una certa cosa dispiacesse, per noi diventerebbe cosa da non fare. Ed ecco perché la nostra coscienza lo avvertirebbe, ed ecco perché la frase di prima, completa, diventa: “Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura.”  (Romani 14:14). Infatti i nostri pensieri-scelte vengono organizzati dalla nostra coscienza, che ha in sé la consapevolezza della volontà di Dio. Consapevolezza che lo Spirito Santo trasmette al nostro spirito “nato di nuovo”; il quale spirito nostro lo trasmette all’anima cioè appunto, al nostro pensare attivo alla nostra intelligenza decisionale e quindi alle azioni. 

 

3) A questo “limite della nostra libertà” chiamiamolo così, che è mettere al primo posto la volontà di Dio, segue un SECONDO LIMITE, nelle persone più mature nelle fede si autoimpongono:  questo SEcondo limite è dato dalla coscienza degli altri che possono essere meno evoluti, meno forti o meno informati. Come se mi chiedessi: “la mia libertà  di poter fare questa cosa, cosa potrebbe produrre in qs persona che ho davanti?”. In certi casi il nostro comportamento "libero" potrebbe effettivamente scandalizzare un altro. Alcuni non ci badano e dicono "sono problemi suoi", altri, più sensibili, preferiscono limitarsi.

 

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