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IN BUONA COSCIENZA - Il primo requisito di una buona coscienza è la consapevolezza della sua limitatezza -di Stefania - (01/12/2014) - 27-12-17
In psicologia, la coscienza è spesso descritta come una parte piuttosto piccola della nostra mente. Molti dei nostri pensieri e sentimenti sono infatti inconsci e soltanto con uno sforzo di consapevolezza riusciamo a portarli alla luce.
Anche dell'universo fuori di noi non possiamo che conoscere soltanto una piccola parte, e per quanto studiamo e analizziamo la realtà, ne avremo sempre e comunque una conoscenza limitata e parziale.
È come se procedessimo al buio con una torcia, e con essa, per quanto intensa possa essere la sua luce ed ampio il suo raggio, riusciamo ad illuminare solamente un ritaglio di ciò che sta dentro e fuori di noi.
L'errore che spessissimo facciamo però, è quello di credere che la verità stia nel raggio di luce che riusciamo a proiettare e ci dimentichiamo di quanto sia limitato. Facciamo come l'uomo che, perse le chiavi di casa, si ostina a cercarle soltanto sotto la luce di un lampione.
Sarebbe meglio e anche salutare ricordarci di questa nostra condizione, chiedere ad un amico di aiutarci a verificare ciò che a noi sembra di scorgere, approfondire la nostra conoscenza il più possibile e non parlare o agire in modo affrettato.
Per quanto buone possano essere le nostre intenzioni, il primo requisito di una buona coscienza è la consapevolezza della sua limitatezza.
In quanto cristiani poi, noi crediamo ad una promessa che ci è stata fatta: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»(Giovanni 8:12). La Parola di Dio è paragonata ad una luce che illumina i nostri passi, e Gesù, Verbo fatto carne, ci porta quella luce, affinché, seguendolo, un giorno potremo essere come in pieno giorno.
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