NON PIANGETE PER ME (Lc 23:27-28)

di Stefania - 27-11-14 -

 

 

 

 

            “Non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli”. Queste sono le parole che Gesù, in cammino verso il Calvario, rivolse alle donne di Gerusalemme che “facevano cordoglio e lamento per lui”. Troviamo questo passo nel vangelo di Luca, al capitolo 23, nei versetti 27 e 28.

            Sono poche parole, ma sono molto incisive e possono dirci tante cose sul modo in cui Gesù vuole che intendiamo il Suo sacrificio.

 

La parola della Bibbia non è lettera morta, ma essa vive e trasmette non nozioni ma messaggi chiari e precisi, che possono essere individuali o indirizzati ad una collettività anche oggi.

 

Una chiave di lettura di questo passo potrebbe essere la seguente: per capire appieno il sacrificio di Gesù non bisogna fermarsi al cordoglio, alla pena per il momento della Sua morte. Certo capire il Suo sacrificio può comportare anche il commuoversi e il piangere perché è umano commuoversi di fronte a tanto dolore, ma dovremmo soprattutto centrare il pensiero sul Signore e capire il Suo amore per noi, che è venuto qui per aiutarci perché noi non vediamo, e da soli siamo come bambini sperduti. Lui è andato incontro alla morte per vincerla e l'ha vinta per noi, perché noi eravamo morti e adesso possiamo vivere per mezzo di Lui. Non è andato a morte perché noi Lo piangessimo, non è Gesù morto che noi dobbiamo cercare, ma il Gesù vivo, vivo adesso come duemila anni fa.

 

Non dobbiamo celebrare la morte di Gesù ma la vita eterna che Lui ci ha acquistato. Non fermiamoci alla sua apparente sconfitta lasciando da parte l'incommensurabile verità della salvezza che è per tutti noi.

 

Non siamo orfani, siamo figli richiamati a casa.

 

 

 

 

 

 

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