IL CONTADINO CAPARBIO E IL SENSO DELLA PROPRIETA' - di R.R. (14-7-13) - 24-5-20

 

Abitando in campagna percorro ogni giorno una stradina bianca di circa un chilometro. In un campo vuoto c’è una fili di ulivi a bordo strada. Ultimamente il contadino di una certa età con la moglie è venuto a potarli e sistemarli. Ogni giorno passando vedevo l’ottimo lavoro che stava facendo: lui potava e la moglie zoppicando ammucchiava i rami. Poi hanno portato via tutti i rami tagliati e la fila di ulivi vicino la strada era bellissima. Pensavo avesse finito; la sorpresa invece nel vedere che col suo grosso trattore su cui aveva montato l’aratro, si era messo a fare un solco verticale oltre gli ulivi, sulla strada, restringendo di fattola sede stradale, già piccola.  Con questo solco è come se lui avesse detto: “Mio! Da questo solco in poi è tutto mio! Voi camminate più stretti non mi interessa!”

Essendo io stesso di origine contadina, so che a volte si fanno delle piccole barriere o dei solchi verso il confine, contro gli incendi o altro,  ma sempre all'interno della proprietà non certo al di fuori! Posso anche capire il limite del suo cervello: diffidente e chiuso verso tutti, la strada transitabile per lui è un fastidio. Per lui la proprietà della terra è fondamentale guai a chi gliela tocca! Lui pensa alle sue piante a bordo campo e dice: “Che me ne importa se dovete passare con le macchine? Siete voi che date fastidio a me, non io a voi”.  Il senso della proprietà privata! Vagli a far capire che la strada è di tutti e che non si deve allargare in quel modo!  Quando passeranno gli addetti del consorzio con le ruspe per gli aggiustamenti stagionali della strada copriranno di nuovo col brecciolino il suo solco riportando la strada alla normalità e lui si caricherà ancora di odio per quei pochi centimetri, e di nuovo col suo trattore farà un altro solco…

Pensavo al concetto di libertà. Ci sono volte dove noi uomini non la meritiamo. In questi casi tornano le discussioni, gli avvocati, la legge, e forse sarà peggio per tutti. 

In fondo tutti noi ci allarghiamo troppo, come quel contadino, nella vita. Vogliamo avere, vogliamo possedere cose piccole che ci sembrano importantissime e non sono niente! Degli altri ci interessa poco, pensiamo solo a noi al nostro campicello. Sempre in lite con tutti e.. soli, sempre da soli, nemici di tutti.

 Non capiamo che l’amore di Dio non è mai un possesso singolo, ma è una manifestazione pluralistica molto simile a certi concetti sociali politici che mettono le cose in comune per il bene di tutti. Non c’è l’”io”, ma c’è il “noi” davanti a Dio. Se insistiamo a voler possedere "solo per noi"  perderemo anche quel poco che abbiamo avuto, perché in fondo nulla ci appartiene sul serio, nemmeno il nostro corpo di cui dobbiamo rendere conto un giorno.  Non ci perdiamo il dono gratuito della grazia, gli spazi infiniti dell’Eterno, per qualche centimetro di egoistica grettezza.

 

 

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