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QUANDO UNA PROVA SI MASCHERA DA REGALO…. Riflessioni su Ezechia rapportate ai nostri giorni - 8 (fine) Di Renzo Ronca –11-8-11
2Re 20:12 In quel tempo, Berodac-Baladan, figlio di Baladan, re di Babilonia, mandò una lettera e un dono a Ezechia, perché aveva sentito che Ezechia era stato ammalato.
Quando il nemico lo vedi, sai contro chi devi combattere. A volte però il nemico si traveste da amico, ed allora è molto più difficile individuarlo e difendersi da lui. Succederà così alla fine dei tempi quando l’Anticristo parlerà di pace e convincerà il mondo.
Ezechia questa volta commette un errore grave: accetta un dono che in qualche modo lo condiziona, mostrando agli ambasciatori tutto quello che possiede:[1]
2Re 20:13 Ezechia diede udienza agli ambasciatori, e mostrò loro le stanze dov'erano tutte le sue cose preziose, l'argento, l'oro, gli aromi, gli oli finissimi, il suo arsenale, e tutto quello che si trovava nei suoi magazzini; non vi fu cosa, nel suo palazzo e in tutti i suoi domini, che Ezechia non mostrasse loro.
Ezechia cade nell’adulazione, crede nella lettera ricevuta e accetta il dono. Mette se stesso al centro di tutto mostrando le “sue” ricchezze, come se avesse avuto dei meriti per le sue vittorie e la sua guarigione. Avrebbe dovuto, se mai, cogliere l’occasione per testimoniare la gloria e la potenza di Dio vincitore. Invece mostra ingenuamente tutte le sue ricchezze e l’arsenale militare. E la lettera? La volta precedente l'aprì davanti all’Eterno… Se avesse fatto così anche stavolta, Dio gli avrebbe rivelato subito l’inganno del nemico che veniva a spiarlo per distruggerlo.
Ezechia fa una completa esibizione anche di tutti i “suoi” possedimenti. Dove non riuscì l’esercito più potente del mondo, riuscirono le lusinghe che liberarono il suo orgoglio umano.
Il re agì inconsapevolmente e a noi questo può sembrare un peccato lieve. Tuttavia ricordiamoci che stiamo parlando di un re ormai maturato nella fede, a cui era stato dato molto. A chi più è dato, più è chiesto.[2]
Mosè per un altro peccato apparentemente piccolo (da un punto di vista umano)[3]
fu punito severamente da Dio[4]
perché il significato di quel gesto era grande e lui rappresentava una guida importante per il popolo.
Ezechia riconosce il suo peccato quando l’Eterno tramite Isaia glielo mostra ed accetta la punizione, comprendendone anche l’amore per la sua persona che l’Eterno volle mostrargli fino alla fine.
2Re 20:14 Allora il profeta Isaia andò dal re Ezechia, e gli disse: «Che hanno detto quegli uomini? Da dove sono venuti?» Ezechia rispose: «Sono venuti da un paese lontano, da Babilonia». 15 Isaia disse: «Che hanno visto in casa tua?» Ezechia rispose: «Hanno visto tutto quello che c'è in casa mia; non c'è nulla nei miei tesori, che io non abbia mostrato loro». 16 Allora Isaia disse a Ezechia: «Ascolta la parola del SIGNORE: 17 Ecco, verranno giorni in cui tutto quello che c'è in casa tua e tutto quello che i tuoi padri hanno accumulato fino a oggi sarà trasportato a Babilonia e non ne rimarrà nulla, dice il SIGNORE. 18 Saranno presi anche alcuni dei tuoi figli, generati da te, per farne degli eunuchi nel palazzo del re di Babilonia». 19 Ezechia rispose a Isaia: «La parola del SIGNORE che tu hai pronunciata, è buona». Poi aggiunse: «Sì, se almeno vi sarà pace e sicurezza durante la mia vita».
Viene da pensare alla nostra maturità. Quanto siamo vigilanti noi? Saremmo caduti in questo “cavallo di Troia”? E’ facile di si. Pensiamoci invece come dei responsabili di famiglie intere o di comunità religiose: apriremmo le porte delle nostre case e delle nostre chiese a chiunque ci faccia un’offerta e ci parli con modi gentili, magari facendoci i complimenti per la nostra attività?
E’ proprio quando tutto sembra andare bene che le sentinelle sonnecchiano sulle mura ed è quello il momento più pericoloso. Quando stiamo bene non andiamo davanti a Dio a pregare come prima. Magari cominciamo a saltare un giorno poi due giorni… in fondo va tutto bene… che lo consulto a fare il Signore? Va tutto bene… Ed è questa autonomia che ci fa peccare, perché pensiamo di non aver più bisogno della Parola del Signore tutti i giorni.
La sicurezza umana, quella in se stessi, che si compiace del proprio star bene e delle proprie ricchezze esteriori o interiori, è proprio quella che indebolisce la fede. La fede debole ci rende sempre più insensibili al discernimento che viene dallo Spirito di Dio. Per questo un eventuale segnale d’allarme nella nostra coscienza non viene più recepito.
Che il Signore ci corregga sempre e ci mantenga vigili in ogni momento della nostra vita affinché la prova non giunga mai all’improvviso!
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Il testo preso come riferimento per questa sintesi è: “Piccolo commentario dell’Antico Testamento” -Secondo libro dei Re- di Jean Koechlin
Luca 12:48 – […] A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.
In Numeri 20:7-13 il peccato di Mosè fu duplice: disubbidienza presuntuosa. Egli avrebbe dovuto parlare alla roccia, non colpirla una volta, né tantomeno due volte, vv. 10, 11. [La roccia simboleggiava il Cristo n.d.r.] Autoesaltazione, assumendo un'autorità che non gli apparteneva. Egli non avrebbe dovuto dire: "Vi farem noi uscir dell'acqua?", mettendo arrogantemente sé stesso al posto di Dio, vv. 10-13. http://www.gemmedigrazia.com/bibbia/commentariobiblico/anticotestamento%5Cnumeri.htm
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