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LA DOLCEZZA VERSO NOI STESSI - Francesco di Sales  1600 - 6-12-20  - (8-3-21)

 

 

[Per il solo fatto di esistere,  crediamo di conoscere bene noi stessi. Purtroppo ancora oggi ne sappiamo poco e la nostra persona è quasi sconosciuta alla nostra coscienza, soprattutto per quanto riguarda  le emozioni e il loro modo di interagire nel nostro cuore. A volte  un modo sbagliato di trattare queste emozioni produce o aggrava ferite psicologiche che poi peggiorano sempre più. Amare se stessi è facile a dirsi, ma metterlo in pratica è come un'arte che va appresa. Amare se stessi non significa fare tutto ciò che ci piace, ma è come un papà che educa con infinita dolcezza il proprio figlio avendone rispetto e cura;  non è fare il proprio comodo o procurarsi sensi di colpa, ma è seguire premurosamente la crescita della propria identità.  Riportiamo un interessante scritto di Francesco di Sales del 1600, che tratta della dolcezza verso se stessi. - RR]

 

"Uno dei metodi più efficaci per conseguire la dolcezza è quello di esercitarla verso se stessi, non indispettendosi mai contro di sé e contro le proprie imperfezioni. E' vero che la ragione richiede che quando commettiamo errori ne siamo dispiaciuti e rammaricati, ma non che ne proviamo un dispiacere distruttivo e disperato, carico di dispetto e di collera. E in questo molti sbagliano grossolanamente perché si mettono in collera, poi si infuriano perché si sono infuriati, diventano tristi perché si sono rattristati, e si indispettiscono perché si sono indispettiti. In tal modo conservano il cuore come frutta candita a bagno nella collera: può anche sembrare che la seconda collera elimini la prima, ma in realtà è soltanto per fare spazio maggiore alla seconda, alla prima occasione. C'è di più: queste collere e amarezze contro di se stessi portano all'orgoglio e sono soltanto espressione di amor proprio, che si tormenta e si inquieta per le imperfezioni. Il dispiacere che dobbiamo avere per le nostre mancanze deve essere sereno, ponderato e fermo; un giudice punisce molto meglio i colpevoli quando emette sentenze ragionevoli in ispirito di serenità, che quando procede con aggressività e passione. In tal caso non punirebbe le colpe secondo la loro natura, ma secondo la propria passione. Allo stesso modo noi puniamo molto meglio noi stessi se usiamo correzioni serene e ponderate e non aspre, precipitose e colleriche; tanto più che queste correzioni fatte con irruenza non sono proporzionate alle nostre colpe ma alle nostre inclinazioni.  [...]

Perché sei triste, anima mia? Perché mi turbi? Spera in Dio, io lo benedirò ancora perché è la salvezza del mio volto e il mio vero Dio. Rialza dunque dolcemente il tuo cuore quando cade, umiliati grandemente davanti a Dio alla conoscenza della tua miseria; ma non meravigliarti della tua caduta: è naturale che l'infermità sia malata, che la debolezza sia debole, e la miseria sia misera. Disprezza con tutte le forze l'offesa che Dio ha ricevuto da te e, con coraggio e fiducia nella sua misericordia, rimettiti nel cammino della virtù, che avevi abbandonato."  (da "Filotea" di Francesco di Sales - dal "Il Ritorno" n.3 del febbraio 2000)

 

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