“Come mai molto spesso i periodi storici non combaciano con la sequenza dei libri scritti nella Bibbia?”

 

La Bibbia: non la storia di Dio, ma il Dio della Storia - di Angelo Galliani - 1-10-08

 

 

La risposta è di natura duplice:

 

A) Come già noto a molti, la Bibbia non è UN libro, bensì è una raccolta di testi, diversi fra loro per molteplici motivi (autore, epoca di redazione, stile letterario, scopo principale, ecc.). Quindi, il modo in cui questa raccolta è stata messa insieme riflette più che altro criteri espositivi e di presentazione, che hanno perciò poco a che vedere coi contenuti specifici dei vari testi di cui si compone. Magari si è tentato di raggrupparli in modo “omogeneo” (il Pentateuco, i libri dei Re, i Profeti, i Vangeli, le epistole, ecc.), ma anche a tal riguardo si potrebbe discutere, nel senso che tale “omogeneità” non è sempre netta, cioè scevra da interessanti eccezioni.

 

B) La seconda parte della risposta è forse meno nota, ma non per questo meno importante: i criteri dei redattori biblici non sembrano rispettare quelli di una storicità rigorosa. Detto in altri termini, gli storici moderni, nello studiare un personaggio particolare, o uno specifico evento, applicano dei metodi che potremmo definire “scientifici”, basati su documenti ben individuati (nella loro attendibilità e nella loro collocazione attuale), e su una cronologia il più possibile esatta. Invece l’opera dei redattori biblici, compresa quella di coloro che hanno scritto i testi che più degli altri un carattere di “storicità”, sembra aver avuto un altro obiettivo fondamentale: quello di conservare, tramandare e magari diffondere la fede in Dio. In quest’ottica, quindi, gli eventi storici non sono il fine ultimo, ma assumono il ruolo di semplice mezzo. Detto in una sola frase, che potrebbe forse apparire semplicistica, ma che sostanzialmente corrisponde al vero, si potrebbe affermare che: i redattori biblici non mettono in primo piano la storia di Dio (e dei suoi rapporti con gli uomini), bensì il Dio della Storia.

 

A questa duplice risposta generale, aggiungo anche una risposta più specifica per quanto riguarda i vangeli. Quanto detto sopra, infatti, trova la sua più importante applicazione proprio nei testi più centrali per la fede cristiana, quelli in cui si parla dell’ “evento-Gesù”: della sua vita, dei suoi insegnamenti, della sua Passione, ecc. Se facessimo un confronto “all’americana” fra i testi dei vangeli (“sinottico” si dice in termini più precisi), riscontreremmo molte differenze, grandi e piccole. Per i lettori più pignoli, forse tali differenze potrebbero apparire inaccettabili, e potrebbero far sollevare loro la classica domanda: “Come possono esistere verità contraddittorie?”. Ecco, allora, che non si può superare una difficoltà del genere senza considerare le suddette affermazioni a) e b). Gli evangelisti ci presentano sotto varie ottiche la persona di Gesù (Messia misconosciuto e reietto; Figlio di Davide nella sua regalità, in cui si compiono le antiche profezie; Figlio dell’uomo, che con la sua presenza annuncia e realizza il giudizio di Dio; il Logos divino incarnatosi in forma umana…); a tale scopo gli evangelisti strutturano la giusta “sceneggiatura”, che sia la più efficace al fine di suscitare la fede in chi legge (o ascolta). Essi, dunque, si servono degli eventi storici, ma non ne sono schiavi. Per loro la cronologia “esatta” potrebbe non essere la “migliore” al fine di presentare Gesù. E certi dettagli potrebbero apparire di troppo, mentre altri devono essere messi in evidenza, perché coerenti con lo scopo finale dei loro scritti.

 

Vista in questo modo, la questione posta dal nostro caro Lettore sembra trovare un’adeguata risposta, che, tra l’altro, giustifica la presenza di quattro vangeli, anziché uno solo. Anzi, in quest’ottica appena descritta, c’è da rimpiangere il fatto che nel canone non siano potuti entrare anche altri testi, che magari avrebbero potuto fornirci una visione ancora più ricca della persona e dell’opera di Gesù di Nazareth. Più punti di vista convergenti, infatti, non possono che aumentare il nostro livello di conoscenza. Non sono da intendersi “in contrasto” fra loro, ma sono invece da prendere come aspetti complementari di un unico processo descrittivo. D’altra parte, come la Bibbia stessa afferma, la conoscenza VERA, quella che conta, e che cambia il nostro rapporto con Dio, è la conoscenza che ci viene dallo Spirito Santo. Essa non passa attraverso dati e date, ma proviene da Dio e si colloca direttamente nel nostro cuore. In questo caso, allora, si realizza la famosa frase di Gesù, contenuta nelle Beatitudini: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Matteo 5:8). Non “vedranno” in senso letterale, ovviamente, perché Dio è Spirito, e quindi invisibile agli occhi umani. Ma “vedranno” nel senso che sapranno riconoscerlo come Dio, cioè Colui che davvero ci ama, ed a cui possiamo rivolgerci con serena fiducia.

 

 

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