DIVORZIO E BIBBIA 2:  Risponde il Prof. Roberto Sargentini studioso biblico e scrittore - 12-12-18

 

CIRCA IL DIVORZIO

Diciamo subito che il divorzio nel piano di Dio rappresenta un qualcosa di decisamente errato, un fallimento, soprattutto se dovuto a causa di adulterio da parte di uno dei due componenti la coppia. In Malachia 2:16 Dio dice con chiarezza. “Io odio il divorzio” e “chi divorzia copre di violenza la sua veste”. In questo specifico contesto non si sta parlando del divorzio per motivi di adulterio ma del ripudio messo in atto per liberarsi di una moglie di cui ci si è stancati, magari per prendersi una donna più giovane o comunque una donna di cui ci si è incapricciati. Tutto questo si evince chiaramente dai versetti che formano il paragrafo in questione.

Come si può facilmente comprendere la Bibbia ci presenta la situazione di una società di migliaia d’anni fa, patriarcale, fortemente maschilista, in cui la donna era in uno stato di sudditanza rispetto all’uomo. Oggi i tempi, la realtà sociale, le circostanze, sono notevolmente diverse. La donna ha acquisito dei diritti e le è riconosciuta una dignità propria, non subordinata a quella del maschio; lavora e contribuisce attivamente dal punto di vista economico al benessere della famiglia. Un tempo non era così, ed è per questo che nella Torah il Signore si preoccupa di dare dei comandamenti e precetti che avevano lo scopo di salvaguardare la persona e la dignità femminile; precetti che spesso erano disattesi giungendo all’abuso di ripudiare la propria compagna senza ragione.

Malgrado quanto detto, Dio ha – seppure in modo non dettagliato – regolamentato il divorzio. Questo perché non sempre la scelta fatta può risultare felice. Non dimentichiamo che ai tempi biblici era il padre di famiglia a scegliere la sposa o lo sposo dei suoi figli. Per quanto la scelta potesse essere fatta con saggezza e avvedutezza non sempre aveva successo. Come ho spiegato nel mio libro “Israele la sposa del Messia”, il matrimonio del tempo era formulato in modo tale da rendere il divorzio un atto poco conveniente e dalle gravi implicazioni sociali. Quando questo avveniva, generalmente era perché la situazione tra i due coniugi era diventata intollerabile e senza rimedio. Se Dio in qualche modo ha previsto la possibilità del ripudio è perché, malgrado lo detesti, sa che in particolari circostanze è l’unica via d’uscita. L’uomo è intaccato dal peccato e il Signore dandogli le sue leggi ha dovuto fare i conti con la situazione che si è creata su questo pianeta. Rispetto alle leggi vigenti nel regno di Dio, si tratta di leggi “ingiuste” che inevitabilmente tengono conto del nostro misero stato.

Senza dimenticare che la Bibbia non tratta l’argomento ripudio nei particolari, è certo che il motivo che lo consente, e che viene presentato quasi come unico, è l’adulterio. Tuttavia nei testi sacri molte cose non sono dette e spesso sottintese tanto è vero che i Rabbini hanno stabilito delle regole al riguardo basandosi sempre su quanto suggerisce la bibbia.

Infatti, se un uomo è violento, picchia la moglie mandandola all’ospedale ecc., perché mai una cosa così grave non dovrebbe essere causa di divorzio? Se una donna è tossicodipendente, dilapida nella droga il patrimonio di famiglia, non intende rinunciare alla sua schiavitù gettando i suoi cari in un inferno, perché mai il coniuge offeso non dovrebbe divorziare? Forse questi comportamenti sono meno gravi dell’adulterio? Non direi proprio. Non dimentichiamo che la sensibilità dei tempi della bibbia era ben diversa dalla nostra. Tanto per fare un esempio, Esdra ordina agli ebrei tornati dalla deportazione babilonese che avevano sposato donne non ebree, di ripudiare le loro mogli e i figli che avevano avuti da loro; non perché avessero commesso adulterio ma semplicemente perché non erano ebree (Esdra 10). Un atteggiamento del genere oggi ci ripugna ma in quel tempo non era così. Tuttavia questo episodio dimostra che ci sono altri motivi di divorzio oltre all’adulterio. Non solo, dimostra anche che chi divorzia per giusta causa può risposarsi. Infatti, in un’epoca in cui era tollerata la poligamia, credete veramente che quegli uomini non si siano risposati con donne ebree e che da queste abbiano avuto dei figli?

Nella bibbia il matrimonio, a differenza del cattolicesimo e di un certo evangelismo, non è un sacramento ma un contratto in cui vengono stabiliti diritti e doveri allo scopo di formare una società chiamata famiglia in cui il marito e la moglie sono i soci di maggioranza e i figli di minoranza. Come spiego in “Israele la sposa del Messia” è proprio tenendo conto del matrimonio ebraico che Dio si rapporta come sposo nei confronti di Israele e di quelli che credono in lui.

Se uno dei soci non coopera al bene della famiglia ma al suo male, se sopravvengono dissidi talmente gravi da portare la società coniugale al fallimento, in circostanze veramente gravi e irrimediabili il divorzio è consentito come “estrema ratio”. Il patto è rotto, la società dichiarata fallita e gli ex soci, se lo vogliono, tentano di costruire nuove famiglie con nuovi soci. Spesso la colpa non è di nessuno dei due. Due scarpe sinistre non vanno insieme e nemmeno due scarpe destre. Dio non vuole la nostra infelicità e sa che le nostre scelte, per quanto meditate e ponderate, a volte non danno il risultato sperato.

Sia Dio che Gesù detestano quelli che usano il divorzio per disfarsi senza giusta causa di un coniuge che non ha nulla da rimproverarsi, che è una brava persona, buona e fedele. Queste sono persone inconvertite che il Signore rimprovera e che non tengono conto che il matrimonio è un patto (il patto nell’ebraesimo equivale ad un contratto) che va onorato (Ml. 2:14).

Gesù, parlando ai discepoli, afferma che il solo motivo valido per ripudiare la propria moglie è la fornicazione (Mt. 5:32; 19:9). Fornicazione non è il semplice adulterio ma la prostituzione. Le fornicatrici ai tempi di Gesù erano le prostitute che frequentavano i fornici dei teatri romani o dei portici, e fornicatori i loro clienti. A voler essere pignoli sembrerebbe che nemmeno l’adulterio è sufficiente a rompere il matrimonio ma solo la prostituzione. È chiaro che ci troviamo davanti ad un problema di traduzione del testo, tuttavia è indubbio che Gesù parla alla gente del suo tempo, tenendo conto della sua mentalità, dei suoi costumi e non considera la possibilità che sia la donna a chiedere il divorzio o che sia lei a mandare via il marito. Gesù ci presenta il regno dei cieli, l’ideale supremo, e ci invita a realizzarlo, per quanto possibile, già qui sulla terra. Anche nel matrimonio. Ma non sempre questo è possibile. E a prescindere da noi. Tuttavia, come abbiamo visto, Esdra non ha esitato a imporre il ripudio di donne che avevano la sola colpa di non essere ebree.

Gesù, che nei suoi insegnamenti usa spesso delle iperbole (meglio tagliarsi una mano che usarla per peccare, meglio mettersi una macina di mulino al collo e gettarsi nel mare piuttosto che essere motivo di scandalo ecc, tutte cose che nessuno farebbe. Si tratterebbe di autolesionismo e di suicidio), vuole sottolineare l’importanza del legame coniugale agli occhi del Signore, indicandolo come un’istituzione che non può e non deve essere presa alla leggera: Dio quando ha creato l’umanità l’ha creata maschio e femmina e a sua immagine (Genesi 1:27,28). L’unione dei due coniugi è come se maturasse l’immagine di Dio in noi, un’immagine che non si può distruggere impunemente.  

Roma 11-12-2018

 

 

 

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