IL BATTESIMO NON E’ SOLO UN GIORNO DI FESTA…

di Renzo Ronca - 31-5-12

 

(segue) 

Fortunatamente molte chiese evangeliche preparano bene i credenti al battesimo, ma purtroppo vi sono concezioni generali non dico errate ma molto addolcite, romantiche, che mettono in evidenza solo il lato festoso, come se il battesimo fosse solo il punto di arrivo di un certo tipo di cammino già fatto. Il messaggio che a volte si trasmette più o meno consapevolmente è il seguente: “Bene! Bravissimo! Alla fine sei entrato nella nostra chiesa! Ormai hai i nostri stessi diritti e noi ti riconosciamo come fratello. Festeggiamo!”

Ora mi dispiace rovinare questa atmosfera idilliaca, ma non è proprio questo il battesimo; o almeno non solo questo. Cercherò con molta modestia di equilibrare questo modo spensierato e primaverile che si è diffuso mettendo in risalto aspetti un poco più seri. Può darsi che esagererò e magari vi sembrerò pesante, ma quello che scrivo serve ad equilibrare, e dunque alla fine conterà la risultante tra tutti e i due gli aspetti, cioè tra serietà e superficialità.

1.Il battesimo è ANCHE l’ingresso nella chiesa evangelica Tal-dei-Tali, ma non è l’obiettivo primario, il nome specifico (la denominazione) della chiesetta in cui vi battezzate è quasi irrilevante. L’obiettivo del battesimo, ripeto, non è l’ingresso in una chiesa anziché un’altra (alcune chiese fanno persino ribattezzare quelli di altre chiese che si erano già battezzati da adulti per immersione). Il battesimo viene realizzato nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non nel nome di una denominazione più “giusta” e più “santa” di altre. E nemmeno le persone che ci conducono al battesimo sono da idealizzare. Occorre dunque conoscere il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, non vi pare? Questo è il primo obiettivo.

Voglio dire che ciascuno di voi dichiara: «Io sono di Paolo»; «io, di Apollo»; «io, di Cefa»; «io, di Cristo». Cristo è forse diviso? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo? (1 Cor 1:12-13)

2.Il battesimo non è il punto di arrivo di niente; è l’inizio se mai, di un cammino consapevole. Chi si battezza dunque non è “arrivato” da nessuna parte se non a una decisione. E’ importantissimo arrivare ad una decisione ed è bene festeggiarla tra fratelli, ma sia ben chiaro che dopo la decisione c’è l’agire, non il riposarsi.

Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. (Galati 3:27)

3.La decisione consiste nel dichiarare “ufficialmente” al mondo e al cielo, che Gesù è il tuo Signore. Questo significa che da quel momento porterai Gesù nel tuo cuore e tu verrai dopo di Lui (Vale a dire che cercherai la Sua volontà prima della tua).

4. Inevitabilmente dal momento della dichiarazione pubblica del battesimo, tutti sulla terra e nel cielo sapranno della tua decisione, che è l’inizio di un patto, del TUO patto personale con Dio. Lo sapranno anche gli angeli che son in cielo e quelli caduti, tra cui il loro capo satana, che essendo  l’avversario di Gesù, sarà da quel momento anche il tuo avversario dichiarato. Satana e i suoi agenti ti avverseranno sempre e lo devi sapere. Non c’è da averne paura perché Gesù già ha vinto per noi, ma c’è da esserne consapevoli e da vigilare molto.

5. L’agire dopo il battesimo significa vivere nel mondo senza esserne presi:
«Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Matteo 10:16

6. Il battesimo allora non è solo un passaggio simbolico, ma rappresenta una vera prova; come il militare che dopo l’addestramento teorico compie il “battesimo del fuoco”. Non è detto che la prova sia gradevole e non è per niente sicuro che uno ce la faccia sempre a superarla.

7. Come vedemmo la volta scorsa, soprattutto per chi proviene dalla chiesa cattolica, il battesimo stesso diventa prova quando i familiari non sono d’accordo.

Spesso in questi casi chi si voleva battezzare, vedendo ostacoli in famiglia, si ferma. Vediamo alcuni casi tipici:

a)     Il coniuge è ateo. In qs caso, per quanto possa sembrare più difficile, in realtà è più facile vivere la propria conversione, perché le persone atee non hanno sovrastrutture, sono abituate a ragionare con la loro testa e fanno del rispetto dell’altro uno dei principi base del loro vivere. Solitamente non creano liti, non si impuntano ma lasciano lo spazio necessario, seppure con qualche preoccupazione nascosta che cercano di non mostrare. L’ostacolo duro per gli atei è capire che la chiesa Tal-dei-Tali non è da identificare con Dio e che Dio è un Essere pensante con cui ci si può relazionare. Se riescono ad accettare qs ipotesi, abbassare il loro livello di guardia, diminuire un poco le difese, magari la loro mente potrebbe anche aprirsi e chissà….

b)     Il coniuge è cattolico.  Credendo entrambi in Cristo Gesù ci si dovrebbe capire prima, ma in modo quasi assurdo è proprio in questi casi che iniziano le lotte. Ecco gli errori più comuni: l’insegnamento inculcato da secoli, che la ch. cattolica sia l’unica ch giusta e che tutte le altre siano nel peccato, induce questa persona ad assumere un atteggiamento di difesa eroica (tipo crociato) dell’unica verità  (così pensa) minacciata. L’atteggiamento eroico (da qualunque parte esso provenga) è pericolosissimo, crea solo integralismo, legalismo, ottusità e “vittime”. Inevitabile dunque sarà il conseguente atteggiamento repressivo e proibitivo di questo “eroe crociato” contro il coniuge “che sbaglia”, tentando in tutti i modi di farlo “rinsavire” e riportarlo “sulle retta via”. Per quanto due individui siano educati e corretti, il perdurare di questo possibile indurimento da crociato porta a conflitti sull’educazione da impartire ai figli, sulla presenza o meno alle funzioni o ai culti, e a lungo andare, le fratture possono anche portare a divisioni.

c)    Colui che si battezza: Se la conversione è tranquilla, vera e basata su una fede sana, allora il convertito mostrerà di avere qualcosa in più di prima, non obbligherà il coniuge a convertirsi allo stesso modo, ma al contrario mostrerà maggiore attenzione e comprensione. Questo atteggiamento del cristiano che acquista una sapienza con maggiore spessore, riesce a spiazzare il coniuge ateo o di fede diversa, che da diffidente o ostile può diventare curioso.. può fare domande… Insomma la coppia in qs caso è più che mai in trasformazione. Certo per chi si converte non è facile trattenere l’entusiasmo, ma attenzione a che l’entusiasmo non diventi costrizione! Infatti quando uno trova la libertà, come nell’esempio scritturale della donna che trova la perla di valore o la dramma perduta, tenta subito di condividere quella felicità, quella cosa buonissima (così almeno pensa) che ha trovato. Ma se la fede fosse convinzione razionale allora non sarebbe fede. L'altro coniuge non protestante potrebbe non volerlo, non essere pronto o essere contrario a queste nuove idee. L’idea tutta protestante di dover per forza evangelizzare tutti, a cominciare da quelli di casa (ho sentito ilo stesso una predicazione in qs senso), è deleteria e non tiene conto di Dio, anzi si mette al posto di Dio, decidendo chi come quando e in che modo si “debba” convertire. Non spetta a noi decidere tempi e momenti, ma è lo Spirito di Dio, se mai, che saprà sciogliere i cuori. Quindi chi si converte non si senta superiore, non stia addosso-addosso a chi non lo è. Anzi, avendo più responsabilità dovrebbe saper amare in modo più maturo chi gli sta accanto pregando per lui.

8. Il punto fondamentale della fede cristiana è l’amore che si basa sulla libertà, sulla stima e sul rispetto. Quando uno dice all’altro: “tu devi…” ecco che già siamo fuori dal cristianesimo. Questo vale sia per i cattolici che per gli ortodossi o i protestanti.

9. Un altro aspetto tipico è il senso di colpa di chi si converte al protestantesimo in seno a una famiglia cattolica…

(continua)

 

 

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