NON POSSO CONFESSARE SEMPRE GLI STESSI PECCATI... O SI?

 

...le tentazioni ripetute  (pensiamo alla disperazione per esempio) con frequenti cadute,  dobbiamo vederle anche come mezzo di rafforzamento. Come un maestro di lotta, il Signore ci può mettere alle strette in continuazione per insegnarci....

 

 

 

DOMANDA: “..non posso sempre confessare gli stessi peccati, o si?"

 

RISPOSTA:

Il punto principale non è la quantità delle volte che uno confessa lo stesso peccato -ricordi cosa disse Gesù a Pietro? 70 volte 7.. (nota 1)- ma l'atteggiamento vero, la compunzione del cuore di chi si confessa, il senso di dispiacere, di pentimento che si prova davanti a Dio. Quando il cuore è sincero il Signore manifesta il Suo il Suo amore con infinita pazienza, in attesa della nostra maturità spirituale che arriverà certamente se manteniamo la fede e la buona volontà.

 

Tuttavia anche dando per scontato che uno sia veramente pentito, può capitare che ripeta molte volte lo stesso peccato involontariamente. La ripetizione dello stesso peccato nonostante i sinceri sforzi per non farlo più,  può dipendere da molti fattori:

 

1) Forse il penitente non ha gli strumenti necessari per maturare e comprendere; forse non ha ben capito il rapporto da instaurare col Signore. Se io infatti cerco di non commettere più un certo peccato solo perché mi dicono che è peccato, senza capire cosa sia il peccato o perché questo non sia da commettere, fatico molto con la volontà per seguire una regola, ma dentro di me non vado a toccare realmente la causa del peccato. Quindi è come se volessi diventare santo sereno e “perdonato” solo con i miei sforzi umani. Ma non è così che funziona.  Infatti da dove uno prende la forza o la motivazione per non peccare? Se la perfezione dipendesse solo da noi stessi, allora la fede non avrebbe senso, l'uomo si salverebbe da solo. L'uomo per rendersi conto e migliorare deve saper attingere forza e sapienza da Dio; e perché questo avvenga deve saper/poter iniziare un cammino di consapevolezza, di edificazione della sua anima.

Detto in modo fin troppo semplicistico più il Signore “entra” nel nostro cuore,  e più “esce” il peccato. Tutto questo comporta un percorso che a volte richiede tempo. Non c’è da perdersi di coraggio allora se ricadiamo nello stesso peccato, ma c’è da resistere accanto al Signore, confidando in Lui.

 

Il non voler peccare quindi non è solo un atteggiamento mentale legato ad una regola “so che non devo farlo e allora ce la metto tutta per non farlo”; è ANCHE questo ma è soprattutto una repulsione interiore istintiva, data dal fatto che noi diventiamo realmente diversi; non siamo più quelli di prima; infatti con la “nuova nascita” cambia la nostra natura interiore. Se siamo sempre più in Dio, allora tutto quello che non è di Dio (cioè il peccato) ci sembrerà odioso, doloroso, da evitare. Non ce lo dice la regola la legge, ma è proprio un senso di fastidio di schifo verso il peccato, di avversione quasi fisica che sentiamo in noi stessi. E’ un atteggiamento “normale” quasi naturale per chi è “nato di nuovo” in Cristo Gesù.

 

2) Diverso è il caso di ferite profonde dovute a un passato traumatico. Mi riferisco a chi è uscito da una forma di dipendenza grave da alcol, droga o da depressioni gravi in cui si meditava il suicidio, ecc. In questi casi la guarigione è avvenuta (o sta avvenendo) in un corpo in cui il maligno entrò in profondità provocando quasi la morte. E’ molto facile che rimanga per molto tempo -forse per tutta la vita- una certa sensibilità come un ricordo non del tutto sopito, una possibile debolezza che, se accolta di nuovo in momenti di tentazione particolare, potrebbe farci ricadere o addirittura peggiorare:

«Quando lo spirito immondo esce da un uomo, si aggira per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: "Ritornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito"; 25 e, quando ci arriva, la trova spazzata e adorna. 26 Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima». (Luca 11:24-26).

In questi casi la prevenzione, la vigilanza, l’assiduità della preghiera sono indispensabili.

 

In questi casi le tentazioni ripetute  (pensiamo alla disperazione per esempio) con frequenti cadute,  dobbiamo vederle come mezzo di rafforzamento. Come un maestro di lotta, il Signore ci può mettere alle strette in continuazione; forse saremo quasi sempre a KO, però ogni volta nonostante tutto ci rialziamo e torniamo da Lui. Forse torneremo al Signore dopo un giorno di disperazione, poi dopo mezza giornata, poi dopo qualche ora, ma è questa costanza, questa fiducia ripetitiva in Cristo Gesù che ci farà vincere. Il ritorno a Dio sempre in tempi sempre più brevi vincerà la nostra debolezza, che pian piano sparirà. Lode a Dio che ci insegna e ci rafforza!

 

3) A volte il consiglio dei sacerdoti anche cattolici –come nel tuo caso- può indirizzare la persona a progredire su certi punti. Tuttavia la regola di dare una "punizione" quando uno si confessa non mi pare corretta. Se uno è pentito ha già sofferto moltissimo nel suo cuore per aver offeso Dio (2); e il Padre accoglie corregge perdona aiuta edifica quell’anima che a Lui fa ritorno nel tramite dello Spirito Santo per i meriti di Gesù Cristo. E' insomma una specie di festa in cielo ogni volta che uno si inginocchia davanti al Padre, pentito dei peccati commessi; non è certo motivo di punizione. La punizione dei peccati, la condanna, Gesù l'ha già presa tutta sulla croce. Basta la fede in Lui per essere perdonati. Questa è appunto la grazia: la condanna non sussiste più perché Gesù ha pagato al tuo posto.  Secondo noi evangelici la confessione auricolare (davanti al prete) non è bene; è invece bene confessare direttamente a Dio il nostro peccato.

 

4) Come in altri scritti precedenti ricordo con un paio di note che la confessione va fatta solo a Dio, privatamente, e non agli uomini:

 

Giovanni 20:23 A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti.

 

“Questo versetto non dà ai cristiani l’autorità di perdonare i peccati. Gesù stava affermando che il credente può stabilire con fermezza la certezza del perdono del peccatore da parte del Padre, sulla base dell’opera del Figlio, quando il peccatore si pente e crede nel Vangelo. Con la stessa certezza il credente può dire a coloro che rifiutano il messaggio del perdono di Dio, non riponendo la loro fede in Cristo, che i loro peccati non sono perdonati.” [John MacArthur ]

 

“Il perdono dei peccati è il più grande beneficio della morte di Gesù, l’essenza del nuovo patto (cfr. Matt 26:28; Gr 31:34). L’annuncio del perdono dei peccasti fu la caratteristica principale della predicazione apostolica secondo quanto riportato nel libro degli Atti e Gesù diede agli apostoli (e, per estensione, alla chiesa) il privilegio di annunziare in quale modo, secondo il piano di Dio, si può ricevere il perdono. A chi crede in Gesù, il cristiano ha il diritto di dichiarare che ha ricevuto il perdono; a chi invece rifiuta il sacrificio di Gesù, il cristiano può dire che i suoi peccati sono ritenuti (=trattenuti, bloccati, non perdonati. Ndr)  [Edwin A. Blum – Commentario “Investigare le Scritture”]

 

 

 

 

 

Correlazioni:

A CHI DOBBIAMO CONFESSARCI?

Se è male confessarsi allora perché dopo mi sono sentito così bene?

ESEMPIO DI CONFESSIONE A DIO LEGGENDO LA BIBBIA

 

 

 NOTE

(1) Matt 18: 21 Allora Pietro si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?» 22 E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

 

(2) Può essere utile leggere:  LA CONVERSIONE DEL FIGLIOL PRODIGO

 

 

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