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PERCHE’ IDEALIZZIAMO? - 1
di Renzo Ronca 16-9-10
DOMANDA: Pensavo a quanto mi sia facile idealizzare certe persone per poi rimanerne sempre delusa, mi chiedo se sono solo io così oppure se è una cosa di tutti. Ma secondo lei perché idealizziamo le persone e le idee?
RISPOSTA: Gentile lettrice, la sua è una domanda molto acuta e mi fa piacere che se la sia posta. L’argomento aiuterà tutti noi cercare delle risposte. Cercheremo prima di dare una spiegazione generica e poi approfondiremo l’aspetto religioso.
Nel significato generale “Idealizzare” è “prendere un soggetto a modello, o il contenuto della propria esperienza, non quale esso è effettivamente o può essere nella realtà, bensì interpretandolo in modo da avvicinarlo a un tipo di perfezione ideale”[1] - “L’ideale” in se stesso si contrappone al “reale”, non è legato alla realtà. Può essere “un prodotto della fantasia, dell’immaginazione non corrispondente alla natura”, oppure “più particolarmente, ciò che è concepito dallo spirito e dall’intelletto come bello e perfetto, oggetto quindi delle più alte aspirazioni, a cui ci si propone di avvicinare la realtà esistente”[2]
In campo religioso “idealizzare” è avvicinare un soggetto al significato di “idolo”. L’idolo è tutto ciò che si intromette da Dio e l’uomo, cercando per sé la gloria l’onore e la lode che spetta solo all’Eterno.
Io sono il SIGNORE; questo è il mio nome; io non darò la mia gloria a un altro, né la lode che mi spetta agli idoli. (Isaia 42:8)
La presenza di Dio non ha mai abbandonato l’uomo (pure se l’uomo ha spesso abbandonato Dio) e continua a dargli in Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, la capacità di discernere e valutare ciò che è Vero da ciò che è falso.
Noi sappiamo che siamo da Dio, e che tutto il mondo giace sotto il potere del maligno. Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli, guardatevi dagl'idoli. (1Giovanni 5:19-21)
Il punto sostanziale dell’idolatria e dell’idealizzare, secondo me sta in questo:
All’inizio Dio crea l’uomo a Sua immagine: Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. (Genesi 1:27) L’uomo creato non ha altra somiglianza e tendenza se non verso Dio stesso. Tra Dio e l’uomo non c’è alcun ostacolo; il loro rapporto è “diretto” e sano: l’uomo è creato da Dio dipende da Lui e Lui solo onora. La decadenza del peccato è un fatto successivo. Questo significa ad esempio che “l’idolatria costituisce una decadenza dalla norma e non uno stadio primitivo di religiosità superato gradualmente e con difficoltà”[3] Attenzione dunque a non considerare come nostra origine l’uomo delle caverne, creatura animalesca, che si esprime con grugniti, idealizza gli animali o il fuoco. Questa è la versione dei non credenti, dei “non creazionisti”, degli scienziati materialisti in genere. Per noi credenti invece, all’inizio c’era Dio, non l’idolo. Dio era con l'uomo, creato perfettamente, tra i due esisteva già un rapporto. L’idolo è venuto dopo, come un degrado delle coscienze a motivo dell’allontanamento dell’uomo da Dio. Motivo della tendenza ad idealizzare: Sempre all’inizio, io credo, ci fu una specie di “imprinting”[4] di Dio nella coscienza dell’uomo. Questa forte impressione dell’immagine di Dio, rimane “stampigliata” nella coscienza dell’uomo come in una memoria interiore, per tutta la sua vita; tale predisposizione si ripete in ogni bambino che nasce. L’uomo può esserne consapevole oppure no, tuttavia in lui ci sarà sempre una propensione a cercare e seguire Dio. Questa inclinazione, vocazione, ispirazione a seguire Dio è il suo punto di forza o di perdizione. E’ di forza nel momento che segue davvero il Dio della Bibbia; è di perdizione nel momento che segue un surrogato di Dio, un idolo, un qualcuno o qualcosa che viene fortemente idealizzato tanto da esserne condizionato nelle scelte e nel comportamento.
(segue)
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[1] Vocab. Treccani. [2] Vocab. Treccani. [3] Dizionario Biblico GBU, curato d R. Diprose [4] “imprinting” è un termine usato nell’etologia (comportamento animale) ed indica una forte impressione, irreversibile, o comunque durevole, che l’individuo riceve appena nato nei confronti del proprio genitore o di un suo surrogato (Treccani)
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