Si può sperare - SPERANZA: SCONOSCIUTO SENTIMENTO DI QUESTA EPOCA -4 di Renzo Ronca 21-5-19

 

  

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Ci son due verbi significativi che in italiano spesso accompagnano la parola “speranza” e sono “infondere” e “coltivare”.

“Infondere” è un “versare dentro”. La speranza si può versare dentro, trasmettere da fuori a dentro al cuore. E’ un atto gestito da Dio che avviene in modo misterioso e potente; un modo simile ad un rivivere dopo che la vita sembrava perduta.

“Coltivare” invece è un atto che dipende più dall’uomo consapevole di ciò che è, e di ciò che di prezioso ha in se stesso.

 

Ma come si può trasmettere la speranza e chi può farlo?

 

Il “chi” dev’essere qualcuno che la speranza già ce l’ha, ovviamente:

1) La può trasmettere chi “è” già nello stato di grazia, la “contiene” in se stesso  essendo  in uno stato di perfezione tale da poterla diffondere. Cioè il Signore.

2) La può trasmettere chi l’ha già ricevuta da Dio. Quest’uomo sarà dunque come uno specchio che riflette una luce che a lui arriva. un consapevole/inconsapevole “portatore di speranza”. La sua presenza sarà speranza, nel suo corpo sarà presente la speranza, ogni suo atto diffonderà il suo contenuto di speranza al mondo.

 

Il “come” è più facile a vedersi che a dirsi. Lo spiego in maniera schematica: Il terreno della speranza è la Grazia. L’acqua che la nutre è la forza della fede. I raggi che la illuminano e la fanno fruttificare sono l’amore di Dio.

L’uomo che porta in sé la grazia è un qualsiasi credente salvato, un "sacerdote vivente", uno che è stato reso sacro da Dio. Qualunque cosa farà, porterà nel suo cuore Gesù risorto. Un piccolo grande sole che irraggia luce e calore. Non è un atto che compie da solo, è uno stato quasi indipendente dalla sua volontà: egli diffonde una luce che ha. Egli è “riempito” dello Spirito di Dio e questo riempimento in qualche modo si avverte sempre.

Se un uomo così, un uomo di Dio, si mette a camminare accanto a un uomo che non ha speranza, allora inevitabilmente avviene un versamento spirituale come da un recipiente pieno ad uno vuoto. L’uomo rivestito della grazia-speranza non può far altro che provare amore-compassionevole verso l’altro.  Questo è l'effetto esterno emotivo di uno scambio che sta già avvenendo ad un piano molto più elevato: la grazia, la speranza, la pace, l'amore di Dio si "trasfondono", si trasmettono, passano realmente, da un cuore ad un altro cuore. In fondo non occorre capire di più. Proprio come una trasfusione di sangue, il sangue di Gesù che apre alla vera vita senza più il seme del peccato portatore di morte.

Accade “per grazia di Dio”, senza abilità alcuna da parte di nessuno dei due uomini, un versamento spirituale che si trasferisce dall’uno all’altro, riempiendo quello che era nella morte spirituale, dandogli un obiettivo, un perché, un senso… una speranza di vita eterna.

“affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna”. (Tito 3:7)

E’ questo il completamento dell’uomo, il motivo per cui vale la pena resistere ed aspettare il domani.

 

Noi, in base all’ipotesi che abbiamo spiegato, siamo esseri in transizione, siamo nati per vivere, riavviciniamoci a Dio. Solo Lui potrà toglierci questa solitudine dentro le ossa che le priva della vita. Dio è un essere che ci ama, per Lui siamo importanti. E anche noi siamo importanti l’uno per l’altro.

 

Ogni forma di ideale che ha ispirato tutti i governi dell’uomo ha a che fare con la speranza. Quando si parla di libertà, uguaglianza, giustizia, pace, dignità, ecc. l’uomo non si è inventato niente, sono tutti valori già espressi nel progetto che Dio realizza e nella speranza che ci trasmette.

Volerli perseguire senza Dio significa fare un corpo senza testa; significa seguire un fine buono ma senza il discernimento e la vigilanza di quanto avverrà. L’idealista ateo che segue questi valori, pur restando una persona socialmente onesta e positiva, non tiene conto o non vuole accettare l’esistenza di una radice malata nell’uomo che, come un cancro, lo sta distruggendo. E’ come un difetto del DNA, come un virus immesso chissà da chi e che nessuno sa più togliere. Pensare ad un futuro roseo e bello con questa radice maligna è pur sempre una fede e come tale va rispettata, tuttavia a nostro modo di vedere è una ingenuità caparbia. L’ateo non avendo altro in cui confidare se non nell’uomo stesso, se insiste in questa fede “umana”, rischia di non voler vedere quanto sta accadendo nel mondo, che è sotto gli occhi di tutti. Non si tratta più di un solo despota da eliminare con una rivoluzione un colpo di stato o con delle elezioni democratiche. Qui è tutta la terra che si degrada assieme alle azioni dell’uomo. E’ finito il tempo dei partiti, è finito il tempo delle chiese. La speranza non ha più nulla a che vedere col mondo con le chiese e con la mente dell'uomo.

Rimane attualmente  nel mondo un breve periodo in cui l’uomo fa i conti con se stesso e la sua anima fa i conti con Dio prima di incontraLo. Un breve periodo di parole umane vuote che pur parlando di pace libertà e giustizia, galleggiano nell’aria senza trovare appoggio o realizzazione. E’ tutto il pianeta che è arrivato verso la fine. La terra è come il corpo di una persona malata le cui cellule stanno sempre più infettandosi. Uno può sperare che da solo il corpo si guarisca magari trovando sorprendenti medicine, ma è una fede blanda che ad un esame statistico onesto non corrisponde a verità. Una fede appunto nell’uomo. Studiando la storia dell’uomo dalle origini ad oggi, non mi pare di trovare in questo tipo di fede una appiglio di speranza. Non trovo nemmeno dei corsi e ricorsi storici, ma solo delle spirali di avvenimenti simili che si avvitano su se stesse sprofondando sempre più.

Noi che riponiamo la fede in Dio, un Essere non dimostrabile, non abbiamo nulla da dimostrare, abbiamo solo un altro tipo di fede da proporre. La differenza è che abbiamo forte la speranza del domani. Una speranza basata sull’illusione? Può darsi, come già detto non abbiamo nulla da dimostrare, però possiamo vivere, gustare, sperimentare già adesso la speranza che ne deriva. Da un punto di vista concreto se abbiamo ragione otterremo quella vita superiore, a cui anela l’anima, abbracciando Dio; se avessimo torto sarebbe sempre valsa la pena vivere e morire per questo ideale che fa del bene al nostro cuore e a quello degli altri.

 

 

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