SPERANZA: SCONOSCIUTO SENTIMENTO DI QUESTA EPOCA - 1

-Una fredda panoramica del fallimentare sistema che l’uomo si è costruito credendo in altri uomini-   di Renzo Ronca – (11-3-11) agg. 17-5-19

 

 

 

            

Quando una persona ha un desiderio e nutre una aspettativa fiduciosa nella realizzazione di quanto desiderato, allora prova il sentimento della speranza (Treccani). 

Ma un fenomeno nuovo, secondo alcuni ricercatori, è il fatto che questo sentimento della speranza sia del tutto sconosciuto a moltissimi giovani (1). Attenzione, non parliamo di speranze perdute e nemmeno di disperazione (in questi casi la speranza c’era e poi non c’è più; sarebbe comunque un valore di cui si ha esperienza e dunque che potrebbe rinascere), qui è peggio. Parliamo di una grande fascia di giovani che non conoscono nemmeno il significato della parola sperare. Non sanno cosa sia. In loro questa pianta non è mai nata e non sanno nemmeno di avere la potenzialità, il seme per farla venire alla luce.   La società di oggi non solo ha fatto perdere la speranza, ma ha sedato/soffocato LA MEMORIA della speranza in moltissimi ragazzi, che crescono privi di questa forza. Si perché la speranza è una forza, a volte anche passionale come un fuoco. E’ la linfa dell’uomo.

Se guadiamo un poco da vicino la nostra storia ci accorgiamo che i governi dell'uomo hanno sempre promesso cose buone -anche in buona fede- ma nessuno è stato mai in grado di realizzare in modo duraturo quanto aveva garantito. In una maniera o nell'altra pare che negli uomini che raggiungono il potere inizi una parabola discendente della loro integrità, della loro obiettività, dei loro ideali. La loro personalità finisce per corrompersi e inevitabilmente sfruttano regolarmente quanti avevano illuso. Allora tutti quelli che avevano creduto in lui, che avevano speranza nelle idee che essi diffondevano, rimangono delusi nel vedere che si ritorna a stati di povertà ingiustizia ed oppressione.

Rimane un vuoto difficile da accettare e ancora più difficile da riempire.

Certo, può rimanere ai nostalgici un ideale “nonostante gli uomini” “nonostante tutto”; però sono eroismi ideologici, una specie di caparbio illogico fideismo(2) destinato a sparire.

Oppure rimane dentro l’uomo, la rabbia. E di quella oggi ce n’è tanta; una specie di deposito di dinamite che, unito alla disperazione è pronto ad esplodere. E allora è facile a chi conosce le leve della comunicazione e della propaganda, trasformare la rabbia presente in un fanatismo violento in nome di qualsiasi cosa (spesso si prende un dio qualsiasi, o si idealizzano i personaggi di una nuova linea politica).  L’importante è trovare un nemico con cui prendersela ed ecco che si ricompatta una nazione e chi comanda può “usarla” di nuovo. 

Ma la rabbia presuppone spesso un conflitto interiore, un desiderio, una ricerca di giustizia non ottenuta. Tutto sommato se usata come stimolo per studiare e riflettere, può anche portare una svolta. Forse era questa rabbia che spingeva i giovani del ’68 ma non è stata sviluppata bene. Nell’ingenuità rivoluzionaria di voler rifare tutto abbiamo dimenticato qualcosa: la difesa, lo sviluppo, la protezione delle idee. Abbiamo dimenticato che occorreva un argine, un ORIENTAMENTO delle nostre idee in un contesto (la mente umana) in cui altrimenti tali idee si sarebbero presto corrotte.

Ma in molti giovani non c’è più nemmeno rabbia. C’è uno stato piatto di rassegnazione ed amarezza dove si vive alla giornata, senza progetti.

E allora in cosa oggi si potrebbe di nuovo sperare? Nei leader politici? Ma li avete visti? Persone ambiziose e vuote che si preoccupano solo della loro immagine per il successo personale ed usano parole importanti privandole del loro significato. Riempiono il vuoto esistenziale con un altro vuoto: l’assenza di contenuti.

“Il progresso” in senso ideale, come miglioramento continuo dell’uomo, nemmeno può essere una fede a cui appoggiarsi, perché l’uomo ha costruito di fatto incertezza ed infamità. IN qs società, per quanto ci ripugni accettarlo, non abbiamo futuro per i ns figli. Il concetto di “famiglia” spaventa, appare come fonte di insicurezza invece che di protezione. Che programmi vuoi fare in sistemi in cui si premiano i corrotti i pedofili i truffatori e dove le prostitute spesso si fanno eleggere per governare? C’è una crisi globale di povertà e disperazione. Questo è ciò che ha realizzato l’uomo: poggiandosi su se stesso ha solo evidenziato il suo fallimento. Puoi anche non volerlo vedere come quelli che vorrebbero sparare sui profughi, ma questo fallimento resta una realtà in un mondo che muore di guerre, fame, malattie e non sa dare lavoro.

E’ vero che in ogni persona c’è una forza in movimento, ma dove si può sviluppare questa forza e questo movimento quando è privo di speranza? Cosa diventa l’uomo senza più l’attrazione di un progetto in cui credere?  Si ripiega in se stesso, si chiude in un oblio dove è inutile ogni partecipazione; e così quella forza diventa autodistruttiva. Una vita che non partecipa, che non ha più la motivazione per una qualsiasi attesa è destinata alla crisi esistenziale che porta alla morte. I nostri giovani sono come piantine che erano nate per il sole, ma che in assenza di luce si ripiegano, appassiscono e poi muoiono. Prima muoiono dentro se stessi, poi anche fuori: “I dati sono allarmanti: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo  si tolgono la vita 880.000 persone, vale a dire un suicidio circa ogni 40 secondi e un tentativo di suicidio ogni 3. In Europa sono 56.200 e l'Italia, con circa 4000 morti l'anno, registra 7,3 casi ogni 100.000 abitanti. Nel Lazio sono circa 700 i suicidi ogni anno e solo a Roma se ne contano 200/250” (3)

“Credi in te stesso” dicono gli americani. E’ questa la ricetta? E’ una nuova fede che forse in un contesto competitivo dove tutti sono contro tutti potrebbe anche funzionare per un po’. Ma tutti deludono, anche noi stessi. Quando distrattamente qualche barlume di intelligenza ti mostra le tue debolezza o le tue contraddizioni o peggio i tuoi lati oscuri, i tuoi fallimenti, cosa farai? In cosa crederai allora?

Credere in un dio? L’abbiamo messo minuscolo perché qui ci vuole una distinzione importantissima. La “gestione” della religione, come era agli albori della storia, è sempre in mano ad altre persone come i sacerdoti, ovvero una casta di preti o pastori di varie tipologie, che ti dicono cosa devi fare in nome di un dio che spesso nemmeno sanno cosa sia. E’ un governo anch’esso con dogmi imposti, che forse è peggio degli altri governi perché lavora in modo sotterraneo sulle coscienze, ipocritamente, servendosi di tecniche spaventose di controllo di massa (come la confessione) e propagande basate sui sensi di colpa per paure ataviche (se non fai come ti diciamo, allora dio ti condannerà e ti manderà  vai all’inferno). In considerazione di questo, è istintivo quando si pensa a un dio, identificarlo erroneamente nella chiesa, o comunque in una organizzazione religiosa, gestita da una gerarchia sotterranea (come nelle chiese cristiane) o fanatica aggressiva (come in alcuni gruppi musulmani). E’ logico che la gente istintivamente abbia diffidenza o le rifiuti.

Credere in Dio come un Essere vivo eliminando governi e chiese? Una scelta di fede temeraria che si presta a parecchi rischi, come l’esaltazione spiritistica o l’alienazione dal mondo. Ma c’è un modo per credere in questo Dio e rimanere equilibrati con la consapevolezza sociale di quanto accade giorno per giorno? E che senso avrebbe la speranza in questo contesto? Non sarà l’ennesima illusione per non accettare un presente ingiusto e doloroso?

(continua)

 

 

 

 

(1) a) Alcune di qs frasi sono riportate da uno studio che consultai nel marzo del 2011 e che purtroppo non riesco più a trovare perché probabilmente lo hanno eliminato da internet; si intitolava  “La Maieutica- ricerca e formazione" o anche "I percorsi del giovane Werther: La Maieutica".   [Il termine maieutica, dal greco maieutiké, significa "arte della levatrice" e designa il metodo socratico così come è esposto da Platone nel Teeteto. L'arte dialettica, cioè, viene paragonata da Socrate a quella della levatrice: come quest'ultima, il filosofo di Atene intendeva "tirar fuori" all'allievo pensieri assolutamente personali, a differenza di quanti volevano imporre le proprie vedute agli altri con la retorica e l'arte della persuasione. Wikipedia]

 b) Da una intervista al prof. Umberto Galimberti, filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano, anche giornalista de La Repubblica: “I giovani di oggi non hanno né sogni, né speranze, né fiducia in se stessi. Come dice bene  Miguel Benasayag  in un libro molto bello, ‘L’epoca delle passioni tristi’,  il futuro per loro non è più una promessa, ma una minaccia. Io non so se sia proprio una minaccia, di certo non offre motivazioni: perché lavorare, studiare se il futuro non promette niente”? [da:  “L’intervista. Galimberti, il filosofo che non parla di speranza ai giovani” del 22-1-12 in https://questionediprincipi.wordpress.com/2012/01/22/lintervista-galimberti-il-filosofo-che-non-parla-di-speranza-ai-giovani/]

 (2) Fideismo è l'atteggiamento o la dottrina di chi, constatando discordanza tra fede e ragione, è incline a seguire la prima senza tenere conto della seconda. (wikipedia)

 (3) Tratto da “la Repubblica.it” del 10 settembre 2018, in    https://www.repubblica.it/salute/2018/09/10/news/in_italia_4000_suicidi_l_anno_la_meta_evitabili-206050272/

 

 

 

 

 

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