OLTRE IL DESERTO - Esodo 3:1-2

 -Dalla raccolta “Che cos’è verità?”- n.16  

di Renzo Ronca – 10-3-11

 

[elaborazione PIC]

 

(segue)

 

Esodo 3

1 Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb

 

Questo versetto è tutto un programma. Immagino che a poterlo leggere in ebraico antico ci darebbe maggiori profondità.

 

Come Davide, anche Mosè pascolava il gregge, e fu scelto da Dio. Ma se Davide da semplice pastorello divenne condottiero di Israele, Mosè nei primi 40 anni era già un nobile condottiero della potenza egizia; era colto e preparato in tutte le scienze allora conosciute e dovette fare un cammino inverso: dopo 40 anni per arrivare al “top” della sapienza umana passò altri 40 anni per “disimparare” l’umano, ripartendo da zero come un uomo semplice e solo, dal deserto.

 

A volte, proprio quando pensiamo di aver raggiunto un obiettivo, anche noi ci potremmo trovare a ripartire da zero senza capirne il motivo. Potremmo sentirci frustrati, condannati, allontanati da tutti… una crisi profonda come quella che probabilmente subì Mosè quando si vide accusato di omicidio dal faraone e trattato male dagli ebrei come lui, che voleva invece difendere. Paura, delusione, depressione, senso di fallimento totale, ci potrebbero assalire. Ma non ci scoraggiamo! Ricordiamoci che noi non possiamo capire tutto e che quello che al presente può sembrare una sconfitta, può invece essere davanti a Dio il mezzo per arrivare ad una grande vittoria.

 

Jetro è un uomo interessante di cui si sa poco. Un sacerdote dello stesso Dio di Abramo. Un uomo molto stimato da Mosè. Jetro gli fa sposare la figlia Sefora, gli affida le sue greggi; interverrà anche dopo, nella vita del genero, quando questi guiderà Israele, con dei consigli determinanti[1].

 

La discreta ma utile presenza di Jetro per Mosè è probabilmente simile a quella di Mardocheo per Ester; una presenza salda ed illuminata, prefigurazione dello Spirito Santo, nostra correzione, consolazione, guida in ogni istante della vita.

 

Mosè come tutti gli uomini di Dio, ha la vita tagliata in due, come quella di Saulo di Tarso: la vita prima di incontrare Dio e la vita dopo averlo incontrato. La parte prima non è buttata, ma è usata dopo con saggezza, dopo averne capito il senso.

Anche il nostro passato, per quanto disastroso sia stato, non è mai da buttare completamente, anzi, la memoria di certe scelte anche sbagliate ci sarà compagna per quelle avvenire in un continuo confronto edificante.

 

“…e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb..”

Credo che il deserto sia indice di vari significati:

1)    quello letterale di Mosè da solo, quando guidava il gregge vero, fatto di pecore vere;

2)    il des. che Mosè attraversò di nuovo con il popolo di Israele appena liberato;

3)    il des. delle prove di Gesù dove rimase per 40 giorni; la solitudine del Cristo abbandonato da tutti; il nostro deserto nel mondo, quando seguiamo Gesù;

4)    il des. del nuovo popolo di Dio che sarà condotto nel cielo direttamente dallo stesso Spirito Santo;

5)    Il deserto è anche il tempo e lo spazio che fungono da cuscinetto tra una fase importante e l’altra; tra le due vite, quella umana e quella spirituale. E quello che la Chiesa, sposa di Cristo, sta passando adesso e passerà ancora, protetta dallo Spirito Santo contro Satana che la vuole distruggere.

 

“…oltre il deserto..”

Molto bella questa espressione. Dopo questo periodo desertico terribile e struggente, capace di uccidere l’incerto, ma anche di temprare chi mantiene la fede, ecco che siamo pronti. Dio è “oltre il deserto” ed è lì che ci chiama. Oltre le difficoltà e le prove. Oltre quella che sembrava la morte.

 

“..giunse alla montagna di Dio..”

Al di sopra di ogni nostro sforzo, quando ormai abbiamo accettato il nostro vivere calmo ed umile, seppure nel mistero divino a cui l’anima non smette di anelare,  quando siamo domati da ogni ardore giovanile e purificati da ogni seme di ribellione, quando ci sentiamo sereni nel quotidiano…. ecco che finalmente, da un luogo che si erge sopra ogni nostro pensiero, Dio stesso irrompe nel nostro presente, dà senso a tutto il nostro passato e ci apre il futuro. Siamo alla Sua presenza santa!

 

2 L'angelo del SIGNORE[2]

 

gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava.

 

Il Signore. Un fuoco. Un fuoco particolare che non si consuma. Così lo descrive Mosè.

Quando leggiamo le descrizioni della gloria di Dio dobbiamo cercare di andare oltre le parole e comprendere il senso generale, più che la lettera. Ad esempio in Apocalisse 21, quando Giovanni descrive la nuova Gerusalemme che scende dall’alto, non è la perla, il topazio, l’oro che ci devono colpire, bensì lo splendore e la potenza dell’insieme. Oggi con la conoscenza degli effetti speciali useremmo forse esempi diversi.

Essere davanti alla gloria di Dio è impressionante, toglie il respiro, ti mancano le parole per descrivere ciò che percepisci. “Vedere e sentire” si fondono assieme ad altri sensi mai conosciuti prima, che pensavi di non avere. Sei sempre tu, sei libero, ma le emozioni, i sentimenti umani subiscono sbalzi indicibili.

Per Mosè sul monte Oreb era giunto il tempo di conoscere la Verità di tutto. La Verità si mostrava lui come in un fuoco potente.

 

(continua)

 

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[1] Esodo 18:3-27

[2]

L’Angelo del Signore è il Signore stesso. Potrebbe essere l’apparizione del Cristo prima di essere incarnato. (da “Investigare le Scritture” AT pag 58)