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TOLLERANZA ED USO DEL CERVELLO - Parte 1 - di Renzo Ronca - 14-5-17
ESSERE TOLLERANTI per molti è una virtù, per altri una debolezza. Vediamo di rifletterci insieme per capire un po’ meglio. Questo sistema di cose in cui viviamo, con la globalizzazione e le manovre sommerse del potere, usa il termine “tolleranza” in modo molto ambiguo, a seconda dei piani di chi governa. Se prendiamo ad esempio un tema “caldo” come quello dei profughi, scopriamo che si tende a MASSIFICARE (1) concetti ed opinioni, arrivando alla formazione di una scelta fin troppo semplicistica tra due fronti opposti: accettare tutti i migranti o respingere tutti i migranti; in pratica uno schieramento di quelli che dicono SI, e uno schieramento di quelli che dicono NO. Questa spersonalizzazione degli individui e dei pensieri è una manovra antica a cui purtroppo gli analisti sono abituati; una manovra che “serve” molto ai politici e allo stesso tempo impedisce alle persone comuni il maturare delle coscienze. Il problema di base non è accogliere Tizio o Caio oppure non accoglierlo; il problema vero sta nell’amministrazione della giustizia per il bene comune. Le nazioni più serie sanno che la democrazia va protetta e salvaguardata con molta attenzione, amministrando per esempio con correttezza le leggi indipendentemente dal colore della pelle. Ma rispettare le razze non ha nulla a che vedere con l’accettazione la tolleranza verso tutti. Quando dico “tutti” non intendo solo “quelli di fuori”, ma anche le persone nate in una nazione da cento generazioni; mi riferisco insomma ad una giustizia che sappia agire contro chiunque violi la legge. I delinquenti infatti non hanno un colore specifico della pelle: li puoi trovare sui barconi che cercano di sbarcare in Europa –ed è vanno smascherati e puniti- ma anche dietro i banchi delle chiese o sulle poltrone dei politici: uomini ad esempio che usano la loro posizione per rubare, corrompere, o esercitare le loro tante perversioni, come la pedofilia. Magari sono le stesse persone che davanti alla TV hanno dichiarato a voce alta: “tolleranza zero verso chi è corrotto!” Le stesse persone che poi, sotto-sotto, vengono presentate da una stampa compiacente come molto furbi nel loro godersi la vita con qualche minorenne; quasi fosse una scappatella, un birbonata, da lasciar correre, da “tollerare” appunto. In fondo a questi esseri ignobili fa comodo che si scateni nella nazione una lotta tra profughi-si e profughi-no; così loro possono continuare ad esercitare indisturbati le loro abominazioni e i loro imbrogli. Ma che significa allora essere tolleranti? Qui va usato il cervello. Mi spiego meglio: se abbiamo osservato le modalità delle elezioni presidenziali per es negli USA, abbiamo avuto modo di constatare quanto sia stato determinante per i futuri presidenti l’appoggio pubblico di alcuni famosi predicatori di chiese di maggioranza o di alcune lobby come quella delle armi, o di alcune imponenti “minoranze” come quella dei gay, ecc. Ebbene il concetto di tolleranza viene elaborato filtrato e diffuso in base agli interessi del candidato vincente. Si passa per esempio dalle “conquiste sociali” in nome di una fumosa “libertà” in cui viene propagandata l’accettazione della “normalità gay”, o l’adozione dei bambini da parte di due persone “sposate” dello stesso sesso, o la “normalità” di usare l’utero di una nonna per favorire “il diritto” di procreare ad una sua figlia…. fino ad arrivare alla esaltazione nazionalistica delle super-potenze che sfiora la guerra nucleare. Si arriva a degli assurdi: oggi si può “tollerare” addirittura una “intolleranza razziale”; oppure si può tollerare persino una guerra atomica, che sarebbe giustificata per la “pace ottenibile con una guerra preventiva” (vi rendete conto del non-senso dei termini usati?) Ma se partendo da ragionamenti che ci sembravano “normali” si finisce per arrivare a queste assurdità anormali, allora ci deve essere stato un errore di percorso giusto? E allora dove è finito il nostro cervello? Perché non ha funzionato? Come dobbiamo fare per riattivarlo? Se vogliamo usare il ns cervello dobbiamo usare un metro diverso da quello che ci forniscono i mass-media. .... (continua)
(1) Massificare: 1. Portare a uno stesso uniforme livello di vita i componenti della comunità sociale, annullando l’individualità e le caratteristiche personali dei singoli; spersonalizzare, rendere massa; 2. Perdere la propria individualità, adeguandosi a un modello unico. (Trecc.)
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