RICONOSCERE la "zizzania" COME RIMANENTE MORTALE all'interno dI CHI è GIA' CONSACRATO

di Renzo Ronca - 14-3-13-h.19,30 -  (Livello 2 su 5)

 

[spiga grano in alto + spiga zizzan in basso + profilo uomo stilizzato > elaboraz PIC]

 

 

 

 

 

 

(segue)

 

Cosa potrebbero rappresentare dunque nell’uomo già salvato, già convertito, nell’uomo santo che anela solo a Cristo, quelle piantine di zizzania della parabola?

 

E’ la nostra umanità. E’ la carnalità rimasta in un corpo che con il suo spirito sarebbe già pronto a volare in cielo.

 

Non serve rinchiudersi dentro un convento o salire su una montagna o ritirarsi nel deserto all’interno di una comunità cristiana perfetta.  L’uomo “nato di  nuovo” nel suo processo di santificazione terrena  arriva ad un punto oltre il quale non può andare. E ne soffre. Egli ha spezzato il pane dell’offerta di se stesso (Rom 12:1) come fece Gesù. Ma c’è una parte che non può spezzare;  trova una parte  non più divisibile. Trova nel suo corpo stesso  una contraddizione terribile e dolorosa.  Si rende conto che quel corpo così com’è non potrà mai ereditare il paradiso, non potrà mai entrare nell’eternità tanto amata. L’uomo che ama Dio, completamente preso dal Suo amore, amerà il paradiso dove Dio è emanazione continua. Come potrebbe allora, consapevole di questo, desiderare di restare ancora sulla terra? Non sentirà in se stesso un desiderio fortissimo di volare in alto?

 

Ecco allora che il suo corpo, di cui si è sempre perso cura, può diventare come un peso, come un’ancòra che lo tiene imprigionato alla terra.

Certo vivere in Cristo è bene: possiamo esprimere nel comportamento la fraternità e l’amore per il prossimo che sentiamo per fede dentro al cuore. Tuttavia poter essere già accanto a Cristo, in cielo e non più sulla terra, sarebbe molto meglio.

                                                                                                                                             

Filippesi 1:21-24

21 Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno. 22 Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire. 23 Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio; 24 ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi.

L’umanità, il vivere di un credente sulla terra ha un senso solo nell’insieme del vivere di tutti i salvati. Se ognuno di noi se ne potesse andare in paradiso appena capito chi è Gesù allora chi resterebbe a completare e a testimoniare l’opera di Cristo? L’opera di Dio è rivolta a tutti gli uomini ed abbraccia un tempo che per la terra è relativamente lungo. Tutti quelli che Dio ha concepito devono poter arrivare a Dio, a ricordarLo, a volerLo. Perché questo accada è necessario che ci siano altri uomini che glielo dicano. Si perché è piaciuto a Dio trasmettere Se stesso attraverso gli uomini.

Togliere le ultime piantine di zizzania dalla nostra mente significherebbe andarcene dalla terra ed essere completamente spirituali nell’eternità. E certo così avverrà, ma nei tempi di Dio, non nei nostri.

 

E allora come sarà la vita nostra terrena? Infelice?

 

No infelice no, perché siamo consapevoli dello Spirito di Dio che in noi vive. Tuttavia paradossalmente più sentiamo la vicinanza di Dio e più ci strugge il desiderio di essere completamente in Lui; e non avremo pace assoluta finché questo non sia avvenuto.  Siamo felici ma solo nell’attesa certa del rapimento che avverrà presto, dove ci espanderemo e la nostra felicità non si potrà descrivere. Il nostro vivere qui allora sarà come un fuoco d’amore che ci consuma ma che produrrà non solo dolore d'amore, bensì calore anche per altri fratelli e questo ci consola perché è appunto nel dare che troveremo il senso della vita.

 

 

 

 pag precedente  - pag seguente  -  Indice "pensare... usa la testa!"   -   home