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LE PREGHIERE NELLO SVOLGIMENTO DELLE RIUNIONI

(da “Il Ritorno” n.18)

 

La preghiera spontanea è una ricchezza di cui dobbiamo andare giustamente fieri, per grazia di Dio; tuttavia credo sia bene riflettere su alcuni caratteristiche che forse andrebbero meglio separate. Mi riferisco alla preghiera personale, a quella comunitaria, alla richiesta di preghiere specifiche, alla preghiera di intercessione, ed alla testimonianza.

 

La preghiera personale è generalmente espressa al singolare: “io ti chiedo…” e può spaziare in ogni campo, anche in questioni (come dice il nome stesso), personali. E’ un rapporto intimo tra il credente e Dio stesso, che non sempre è bene esporre in pubblico.

 “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente”[1].

 

La “preghiera personale”, non è solo richiesta unilaterale, ma aprire la porta all’eternità  a quello spazio abitato dal Dio vivo, come in un mistico abbraccio tra due esseri.[2]

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La preghiera comunitaria è generalmente al plurale “noi ti chiediamo…” e presenta a Dio le richieste di tutta la comunità, espresse da chi si sente di esprimerle. E’ bene ribadire che la richiesta è fatta a nome della comunità radunata, ovvero della chiesa, e deve essere rappresentativa della chiesa stessa. Risulta ovvio dunque, non inserire richieste commenti o fatti troppo personali di cui la comunità potrebbe non sapere nulla. Tale preghiera è sospinta dallo Spirito di Dio, e tende ad unire i fedeli in un solo cuore, presentando l’oggetto della preghiera come desiderio sentito da tutti. Solitamente finisce con “…ti chiediamo questo in nome di Gesù.” (che oltre ad essere il giusto completamento, serve anche a far capire agli altri quando è tempo di dire “amen“).

A seconda del tipo di culto, della durata, e del tipo di organizzazione della comunità vi possono essere diverse preghiere comunitarie espresse in diversi momenti; ad esempio: preghiera iniziale, la preghiera di raccoglimento (prima e dopo l’ascolto della  Parola), la preghiera conclusiva.

 

 

La preghiera iniziale è molto importante perché costituisce la separazione tra il prima e il dopo, tra il mondo e la comunione con Dio. Dopo la preghiera infatti non saremo più gli stessi. Ogni preghiera sentita infatti, vissuta alla presenza di Dio, ci trasforma santificandoci.

In questa preghiera iniziale si loda il Signore, si ringrazia, si invoca, ci si raccoglie. Chiunque si sente di farlo si può esprimere liberamente stando attento agli eccessi. Alcuni eccessi frequenti sono un allungare troppo il discorso ed un auto-esaltarsi lasciandosi prendere da stati emotivi.  Quando invece ci si abbandona allo Spirito di Dio si crea una pace ed una armonia particolari; nessuno ha fretta di dire e si gusta dolcemente la presenza del Signore che prepara il Suo tempio.

La parte centrale del culto o dell’incontro ci pare l’ascolto della Parola di Dio. Un ascolto che è fatto più di comunione che del semplice udire. Ogni comunità poi saprà poi come regolarsi: c’è chi resta in silenzio, chi affida ad un pastore la spiegazione ed il commento, chi lascia all’assemblea la possibilità di esprimere liberamente quanto sente; chi fa un po’ dell’uno e un po’ dell’altro…. Sono tutte buone cose, basta solo non “gestirle” troppo.

A volte si usa una preghiera conclusiva; questa di solito è molto breve e chi la espone, esprime l’intenzione della comunità di applicare l’insegnamento appena ascoltato chiedendo a Dio la capacità di poterlo fare, con ringraziamento.

 

La richiesta di preghiere  per sé o per altri è una buona cosa, ma non è rivolta a Dio, bensì alla comunità, o in casi particolari, agli anziani della comunità. Sarebbe bene fare questa comunicazione in momenti adatti anche fuori dal culto, senza interrompere la preghiera comunitaria.

 

La preghiera di intercessione comunitaria è la diretta conseguenza della richiesta di preghiere alla chiesa, ed è espressa da chi si sente di farla, toccato dallo Spirito di Dio; è il convogliare, il presentare a Dio stesso una richiesta specifica (Tizio sta male, Caio ha questa difficile prova…) unendo le preghiere della comunità. Nei casi più gravi la richiesta di preghiera è rivolta agli anziani o al pastore che decideranno come, quando ed in che modo intervenire. In casi di malattia grave o liberazione, si possono unire alle preghiere della comunità, interventi più specifici di poche persone. Tali preghiere comunque per non dare al diavolo occasione di disordine andrebbero comunque fatte con riservatezza e da credenti convertiti da diverso tempo o a cui la comunità riconosca capacità appropriate.

 

La testimonianza non è un preghiera. E’ un raccontare un fatto specifico, utile, purché abbia come scopo il dare gloria a Dio e l’edificazione della chiesa. Sarebbe opportuno  (ma solo secondo la nostra opinione) lasciare  alle testimonianze uno spazio apposito, possibilmente nella parte finale del culto; salvo casi eccezionali. Alcune testimonianze edificano veramente; fanno commuovere; e tutti lodano il Signore; altre purtroppo sono prolisse e persino dannose. Il pastore o gli anziani hanno il non facile compito di coordinare gli interventi.

 

VIGILANZA

Testimonianze e comportamenti fastidiosi o pericolosi: A volte chi parla dice delle cose anche giuste da un punto di vista dottrinale o morale, tuttavia queste possono scatenare reazioni emotive confuse e spesso polemiche dannose alla comunità, come mai? Accenniamo alcuni motivi:

 

Si intromette il giornalaio (scusatelo)

Oooh! Qui sono proprio d’accordo! Anzi, proporrei un nuovo ministerio: il “limitatore di culto”. Questa santa persona, votata alla salvezza delle anime (degli ascoltatori), con un orologio ed una lunga bacchetta, dovrebbe appunto “limitare” la lunghezza delle preghiere e delle testimonianze, ed intervenire quando opportuno. A volte si comincia a pregare per Tizio poi dispiace lasciare fuori Caio, e poi c’è Sempronio, e poi per la comunità.. e poi le comunità in Italia, e poi come dimenticare quelle del terzo mondo… e poi per i governanti, e poi per il pastore, e poi per la cognata del cugino di Ermete che ha il raffreddore…..  basta! Non se ne può più!

 

(R.R.)

 

Rischio comune a tutte le preghiere espresse in pubblico è l’ipocrisia e l’esibizione

E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio”(Matt.6:5)

Piacere comune è invece la condivisione fraterna dell’amore di Dio. Non importa se uno balbetta o si commuove o si esprime male. L’amore si sente e si diffonde nei cuori.

Si rifletta su questo: maggiore è la libertà nel culto e maggiore è la responsabilità individuale.

 

 

 

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[1] Matteo 6:6

[2] Aprire il cuore è un atto privato, ci si espone senza riserve a Dio… è un comunione piena d’amore tra Dio e l’anima a Lui cara, che in certi casi può essere portata a rivelazioni sublimi. “Conosco un uomo in Cristo, che quattordici anni fa (se fu con il corpo non so, se fu senza il corpo non so, Dio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo. So che quell'uomo (se fu con il corpo o senza il corpo non so, Dio lo sa) fu rapito in paradiso, e udì parole ineffabili che non è lecito all'uomo di pronunziare” ( 2Corinzi 12:2-4) Questo tipo di intimità che viviamo insieme al nostro Signore ha come base l’amore. Può essere struggente, intenso, ardente, di grande felicità o di grande dolore, ma sempre desiderabile e molto riservato. Come già accennato, è nostra opinione che non sia bene esporre in pubblico le effusioni spirituali, le contrizioni, le suppliche o le dolcezze e le consolazioni della nostra anima col suo Amato