INTELLETTUALI (ORGOGLIOSI): CONVERSIONE DIFFICILE
Una sera
parlai più di un’ora con un garbatissimo amico che avendo un problema di
coppia voleva ascoltare la mia
opinione. Educatissimo, gentile, colto, raffinato, ma anche determinato e
freddo, ai miei riferimenti
sull’avvicinarsi a Dio rispondeva spesso “..beh, questo poi vedremo…”
L’intellettuale[1] è una persona ricca: ricca di conoscenza,
intelligenza, sapienza, capacità deduttive, intuitive… Il suo intelletto, la
sua mente è brillante: è in grado di dimostrare quanto crede e pensa attraverso
una logica stringente o con dei modi che spesso non si possono controbattere.
In qualsiasi campo culturale si applichi, riesce ad innalzarsi al di sopra
degli altri. Ma come Lucifero ha un nemico: se stesso.
Dio
ci dona l’intelletto, ma il dono è più un dare in consegna che un possesso.
Questo affidamento possiamo gestirlo, ma poi ne dovremo rendere conto. La
parabola dei talenti infatti[2]
esprime chiaramente questo concetto: gli uomini sono liberi di disporre delle
loro risorse, ma su quelle saranno poi giudicati.
Una
nostra empia tendenza invece ci fa dimenticare Dio. Non ricordiamo che se siamo
nati è perché Lui ci ha desiderati ed amati; e che se viviamo è perché Lui ci
tiene in vita; e che se siamo qualcuno è perché Lui è “Qualcuno”.[3]
Il
peccato più antico ed il più diffuso ancora oggi è l’orgoglio, la superbia, il
considerare se stessi come e più di Dio. Una creatura, in quanto tale, se ha
qualche talento o qualche bellezza interiore ed esteriore è perché il Creatore
così l’ha pensata e formata; non per suo merito.
Ogni
tanto ho dei piacevoli dialoghi con intellettuali atei o che si dicono credenti
“a modo loro”. Questi incontri sono socialmente stimolanti ma evangelicamente
deprimenti. Quando il cristiano dice la parola “io” la pensa in minuscolo,
consapevole di aver ricevuto da Dio la grazia della salvezza; la grazia, dico,
non il diritto. Quando l’intellettuale pronuncia la parola “io” si sente che lo
fa in maiuscolo. Oh, certo, molti intellettuali dicono di esser cristiani, ed
hanno dei modi garbatissimi, educatissimi ed apparentemente umilissimi, però,
se ci fai caso, la senti la compiacenza di sé, la esagerata considerazione
della loro statura. Come giustamente dice l’ottimo pastore Massimo Zangari,
“l’orgoglioso oltre che commettere un peccato contro Dio, commette un altro
errore grave: non ha coscienza di sé”. Egli infatti non sa vedersi in maniera
realistica; pensa a se stesso e vede se stesso in maniera distorta, “gonfiata”;
distorcendo conseguentemente anche la realtà.
Lo sbaglio è che considera le ricchezze che Dio gli ha assegnato -i
talenti-, come suoi possessi particolari; e
valuta i suoi successi come meriti propri. Così facendo la creatura si
distacca da Dio in una perversa autonomia. Non segue più la strada
dell’espansione spirituale che porta alla santificazione, in vista del
rapimento con Cristo, ma sceglie la via di Lucifero, che alla ricerca di una
folle affermazione personale, si distacca sempre più dall’Eterno fino a
guardarlo poi come nemico e quindi a combatterlo. Questo processo di
trasformazione negativo non è cosciente nell’orgoglioso perché accecato dalla
propria immagine. Egli non si può più difendere perché ha perso i contatti col
suo difensore, lo Spirito di Dio. E’ la strada della morte; spirituale prima e
fisica poi. Quando infatti la sua immagine sarà offuscata e si troverà per
forza di cose solo davanti allo specchio, l’assenza di Dio non gli darà la fede
e la necessaria speranza, ma sarà assalito solo dalla paura.
Quando
il Signore tenterà di educarlo come un figlio e riportarlo sulla retta via egli
si ribellerà perché vedrà nella volontà di Dio una punizione ingiusta, una
privazione di qualcosa che invece è suo e gli appartiene di diritto.
La
parabola del giovane ricco ci può aiutare[4]:
la sua osservanza ai comandamenti era razionale, pratica, ma non basata sulla
vera fede, infatti quando Gesù l’invitò a farsi povero “per avere un tesoro nel
cielo” il giovane, di fatto, non gli credette e preferì tenersi le sue
ricchezze.
L’intellettuale
orgoglioso è così. Si sente ricco e vede la strada cristiana come “non sempre
conveniente”. Dio è per lui un mezzo per avere e non per donare. La sua
preghiera tende sempre ad ottenere non la salvezza eterna, ma benefici fisici,
psicologici e pratici. Dopo aver pregato se non ottiene una risposta “ad hoc”,
su misura come vuole lui, allora interpreta e deduce sulla base del suo “buon
senso” che Dio voleva dire “così e cosà”, facendosi sempre tornare i conti.
L’intellettuale
orgoglioso è come il fico che non dà frutto:[5]
ha solo foglie, potenzialità, ma non sa donare frutto.
Ora
noi dobbiamo perdere la mania di sentirci protagonisti di tutto come se da noi
dipendesse l’esistenza o meno di Dio: E’ Dio che ci ha scelti e ci ha chiamati
e ci ha costituiti per portare frutto[6]
e se non rimaniamo uniti al Signore[7],
-“dipendenti” diremmo in una parola moderna- non avemo più la linfa per vivere,
l’amore, e la nostra pianta si seccherà, in una sterile logica personale.
Gli
intellettuali in genere, proprio perché amministrano un dono grande e complesso
come quello della creatività culturale o artistica, non hanno dimestichezza con
l’umiltà e finiscono spesso per perdersi. Tra loro ci sono dei cuori ben
disposti che accettano il cristianesimo e l’istruzione delle Scritture; ma ce
ne sono altri che rimangono chiusi nella loro superbia. Per loro, già ammettere
l’idea di Dio, è uno sforzo che “mette a rischio la loro intelligenza superiore”,
se poi questo Dio “si permette” di chiedere anche rispetto ed ubbidienza… “beh,
allora… scusate ma io devo sentirmi libero… abbiamo un buon senso dunque
usiamolo…”
Che
dire di queste persone? Che dire del giovane ricco che voltò le spalle a Gesù?
Niente. Non hanno bisogno del Signore (di quello biblico almeno), per cui, li
salutiamo con un profondo senso di amarezza e di delusione affidandoli a Dio.
Un augurio? Quello che successe a
me: una salutare crisi esistenziale con la Bibbia sul tavolo.
[1] […]Per l'influenza che la posizione politica e ideologica degli intellettuali può esercitare sull'opinione pubblica, e per l'antichissima tradizione degli intellettuali di gravitare intorno al potere (o di contrapporsi a esso), l'intellettuale costituisce una delle figure piú discusse del nostro tempo: Gli intellettuali e il potere, Gli intellettuali e le masse. Con valore iron. e negat., riferito a chi si atteggia a persona di cultura superiore, o a chi ostenta con compiacimento i propri interessi culturali: Da un po' di tempo si è messo a fare l'intellettuale […] (Treccani)
[2] Matt 25:14 e segg.
[3] Atti 17:28 Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo,
[4] Mar 10:17 e segg
[5] Matt 21:19 e segg
[6] Giov 15:16
[7] Giov 15:4 e segg.