PAGINA 10  DI ES3

 

INTELLETTUALI (ORGOGLIOSI): CONVERSIONE DIFFICILE

 

Una sera parlai più di un’ora con un garbatissimo amico che avendo un problema di coppia  voleva ascoltare la mia opinione. Educatissimo, gentile, colto, raffinato, ma anche determinato e freddo,  ai miei riferimenti sull’avvicinarsi a Dio rispondeva spesso “..beh, questo poi vedremo…”

 

L’intellettuale[1]  è una persona ricca: ricca di conoscenza, intelligenza, sapienza, capacità deduttive, intuitive… Il suo intelletto, la sua mente è brillante: è in grado di dimostrare quanto crede e pensa attraverso una logica stringente o con dei modi che spesso non si possono controbattere. In qualsiasi campo culturale si applichi, riesce ad innalzarsi al di sopra degli altri. Ma come Lucifero ha un nemico: se stesso.

Dio ci dona l’intelletto, ma il dono è più un dare in consegna che un possesso. Questo affidamento possiamo gestirlo, ma poi ne dovremo rendere conto. La parabola dei talenti infatti[2] esprime chiaramente questo concetto: gli uomini sono liberi di disporre delle loro risorse, ma su quelle saranno poi giudicati.

Una nostra empia tendenza invece ci fa dimenticare Dio. Non ricordiamo che se siamo nati è perché Lui ci ha desiderati ed amati; e che se viviamo è perché Lui ci tiene in vita; e che se siamo qualcuno è perché Lui è “Qualcuno”.[3] 

Il peccato più antico ed il più diffuso ancora oggi è l’orgoglio, la superbia, il considerare se stessi come e più di Dio. Una creatura, in quanto tale, se ha qualche talento o qualche bellezza interiore ed esteriore è perché il Creatore così l’ha pensata e formata; non per suo merito.

Ogni tanto ho dei piacevoli dialoghi con intellettuali atei o che si dicono credenti “a modo loro”. Questi incontri sono socialmente stimolanti ma evangelicamente deprimenti. Quando il cristiano dice la parola “io” la pensa in minuscolo, consapevole di aver ricevuto da Dio la grazia della salvezza; la grazia, dico, non il diritto. Quando l’intellettuale pronuncia la parola “io” si sente che lo fa in maiuscolo. Oh, certo, molti intellettuali dicono di esser cristiani, ed hanno dei modi garbatissimi, educatissimi ed apparentemente umilissimi, però, se ci fai caso, la senti la compiacenza di sé, la esagerata considerazione della loro statura. Come giustamente dice l’ottimo pastore Massimo Zangari, “l’orgoglioso oltre che commettere un peccato contro Dio, commette un altro errore grave: non ha coscienza di sé”. Egli infatti non sa vedersi in maniera realistica; pensa a se stesso e vede se stesso in maniera distorta, “gonfiata”; distorcendo conseguentemente anche la realtà.  Lo sbaglio è che considera le ricchezze che Dio gli ha assegnato -i talenti-, come suoi possessi particolari; e  valuta i suoi successi come meriti propri. Così facendo la creatura si distacca da Dio in una perversa autonomia. Non segue più la strada dell’espansione spirituale che porta alla santificazione, in vista del rapimento con Cristo, ma sceglie la via di Lucifero, che alla ricerca di una folle affermazione personale, si distacca sempre più dall’Eterno fino a guardarlo poi come nemico e quindi a combatterlo. Questo processo di trasformazione negativo non è cosciente nell’orgoglioso perché accecato dalla propria immagine. Egli non si può più difendere perché ha perso i contatti col suo difensore, lo Spirito di Dio. E’ la strada della morte; spirituale prima e fisica poi. Quando infatti la sua immagine sarà offuscata e si troverà per forza di cose solo davanti allo specchio, l’assenza di Dio non gli darà la fede e la necessaria speranza, ma sarà assalito solo dalla paura.

Quando il Signore tenterà di educarlo come un figlio e riportarlo sulla retta via egli si ribellerà perché vedrà nella volontà di Dio una punizione ingiusta, una privazione di qualcosa che invece è suo e gli appartiene di diritto.

La parabola del giovane ricco ci può aiutare[4]: la sua osservanza ai comandamenti era razionale, pratica, ma non basata sulla vera fede, infatti quando Gesù l’invitò a farsi povero “per avere un tesoro nel cielo” il giovane, di fatto, non gli credette e preferì tenersi le sue ricchezze.

L’intellettuale orgoglioso è così. Si sente ricco e vede la strada cristiana come “non sempre conveniente”. Dio è per lui un mezzo per avere e non per donare. La sua preghiera tende sempre ad ottenere non la salvezza eterna, ma benefici fisici, psicologici e pratici. Dopo aver pregato se non ottiene una risposta “ad hoc”, su misura come vuole lui, allora interpreta e deduce sulla base del suo “buon senso” che Dio voleva dire “così e cosà”, facendosi sempre tornare i conti.

L’intellettuale orgoglioso è come il fico che non dà frutto:[5] ha solo foglie, potenzialità, ma non sa donare frutto.

Ora noi dobbiamo perdere la mania di sentirci protagonisti di tutto come se da noi dipendesse l’esistenza o meno di Dio: E’ Dio che ci ha scelti e ci ha chiamati e ci ha costituiti per portare frutto[6] e se non rimaniamo uniti al Signore[7], -“dipendenti” diremmo in una parola moderna- non avemo più la linfa per vivere, l’amore, e la nostra pianta si seccherà, in una sterile logica personale.

Gli intellettuali in genere, proprio perché amministrano un dono grande e complesso come quello della creatività culturale o artistica, non hanno dimestichezza con l’umiltà e finiscono spesso per perdersi. Tra loro ci sono dei cuori ben disposti che accettano il cristianesimo e l’istruzione delle Scritture; ma ce ne sono altri che rimangono chiusi nella loro superbia. Per loro, già ammettere l’idea di Dio, è uno sforzo che “mette a rischio la loro intelligenza superiore”, se poi questo Dio “si permette” di chiedere anche rispetto ed ubbidienza… “beh, allora… scusate ma io devo sentirmi libero… abbiamo un buon senso dunque usiamolo…”

Che dire di queste persone? Che dire del giovane ricco che voltò le spalle a Gesù? Niente. Non hanno bisogno del Signore (di quello biblico almeno), per cui, li salutiamo con un profondo senso di amarezza e di delusione affidandoli a Dio.

Un augurio? Quello che successe a me: una salutare crisi esistenziale con la Bibbia sul tavolo.

 

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[1] […]Per l'influenza che la posizione politica e ideologica degli intellettuali può esercitare sull'opinione pubblica, e per l'antichissima tradizione degli intellettuali di gravitare intorno al potere (o di contrapporsi a esso), l'intellettuale costituisce una delle figure piú discusse del nostro tempo: Gli intellettuali e il potere, Gli intellettuali e le masse. Con valore iron. e negat., riferito a chi si atteggia a persona di cultura superiore, o a chi ostenta con compiacimento i propri interessi culturali: Da un po' di tempo si è messo a fare l'intellettuale […] (Treccani)

[2] Matt 25:14 e segg.

[3] Atti 17:28 Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo,

[4] Mar 10:17 e segg

[5] Matt 21:19 e segg

[6] Giov 15:16

[7] Giov 15:4 e segg.