LE FOBIE

Allegato a  " LA PAURA" di Gabriella Ciampi - psicologa psicoterapeuta - 20-3-12

 

Definizione di fobia

Parliamo di fobia quando la paura di uno stimolo o di una situazione specifica è  irragionevole, sproporzionata rispetto alla minaccia che rappresenta, tanto che vengono messi in atto comportamenti di evitamento e risulta compromessa anche l’area delle relazioni sociali (lavoro, uscite, contatti con l’esterno, ecc).  la fobia crea uno stato di sofferenza difficile da gestire e può arrivare a condizionare molto la libertà di movimento e le relazioni della persona che ne soffre.

Ci sono molti tipi di fobie tra cui le più frequenti sono quelle per i luoghi chiusi (claustrofobia), per i luoghi aperti (agorafobia), per alcuni animali, per gli insetti, per il sangue (emofobia), le iniezioni, le ferite,  per i temporali, le altezze (acrofobia) o le armi.

Una persona con una fobia specifica può avere anche vita difficile se si trova spesso a doversi confrontare con l’oggetto della sua paura, oppure no se le occasioni di confronto non sono frequenti: per es. la fobia del volo (aviofobia) può essere un problema per chi necessariamente deve prendere gli aerei ma non lo sarà per la persona che non fa spesso grandi spostamenti. (In tal caso non si fa diagnosi di fobia specifica essendo lo stimolo quasi mai presente e non condizionando la vita quotidiana della persona).

La fobia sociale è una voce a sé, essendo legata in particolare alle situazioni sociali dove è richiesta una performance o la persona si trova tra sconosciuti o può essere sottoposta a giudizio da parte degli altri. I sintomi sono sempre gli stessi ma vengono scatenati dal fatto di essere esposto, parlare in pubblico. E’ frequente in molti individui un certo disagio, ma se questi sintomi sono tali da creare ogni volta, con qualunque platea, un forte malessere, l’impedimento all’attività e il panico, allora parliamo di fobia altrimenti è un’ansia normale che la maggioranza delle persone prova in queste circostanze.

Come superare una fobia?

Mentre è facile riconoscere di avere una fobia, non lo è decidere di superarla.

Alla base delle fobie e della fobia sociale, ci sono dei pensieri automatici negativi che si attivano all’apparire dello stimolo ansiogeno e che governano il flusso del pensiero e quindi del nostro comportamento. Le valutazioni di pericolo sono accompagnate dallo spostamento dell’attenzione su se stessi e dal monitoraggio attento delle proprie sensazioni, emozioni, immagini, reazioni fisiologiche. L’ansia si autoalimenta incrementando queste reazioni e generando un circolo vizioso in escalation. Per es. una persona con fobia sociale che deve parlare ad una platea avrà questi pensieri negativi automatici: non so cosa dire e così penseranno che sono stupido, se inizierò a sudare penseranno che sono ridicolo, ecc. frasi che sono sostenute da una percezione di sé come incapace, poco intelligente, goffo. Quindi ci sono due piani, quello che riguarda il giudizio degli altri su di me e quello di come io valuto me stesso.

 

Non è un lavoro psicologico facile da fare da soli. Da soli si cercheranno strategie di evitamento o protettive o distraenti, cose che non risolvono alla radice ma confermano a se stessi che c’è un pericolo oggettivo di cui preoccuparsi.

Invece occorre, insieme ad uno psicoterapeuta, ridefinire la situazione, modificare il processo di elaborazione dello stimolo che genera la paura: la fobia poggia su distorsioni cognitive e pensieri automatici negativi relativi alla situazione e a se stessi.

Il trattamento più efficace è quello offerto dalle terapie cognitivo-comportamentali che consistono sia nel lavorare sul versante comportamentale (esposizione controllata allo stimolo fobico, la messa alla prova, ecc) sia su quello cognitivo nel modificare i pensieri automatici associati alla percezione dello stimolo.

 

 

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