L'ODIO[1] - 14-11-10

 

Poi Amnon ebbe verso di lei un odio fortissimo; a tal punto che l'odio per lei fu maggiore dell'amore di cui l'aveva amata prima.[…] (2 Sam 13:15)

 

 Definizione:  ODIO: Sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; o, più genericam., sentimento di profonda ostilità e antipatia. (Treccani)

 

L'odio si intreccia con l'amore. Sono legami molto intensi tra un individuo ed un altro. La persona amata/odiata occupa un consistente spazio mentale da parte di chi ama/odia, il quale  si fissa su di lui e non riesce più a pensare liberamente al resto.

 

L'odio, come tutti i sentimenti, è un qualcosa di molto deciso. Primo Levi diceva “La ragione deve controllare l'odio” e la razionalità è sicuramente un ottimo strumento di autocontrollo, ma non di eliminazione dell'odio. I sentimenti sono molto diversi dal ragionamento: sono forti ed esclusivi. La “razionalizzazione” è un modo per mitigare e farci accettare di più questo sentimento molto duro.

 

Per capirne le origini bisogna risalire ai primi tre anni di vita del bambino, quando si sviluppa l'importante processo di individuazione e separazione. A tre anni deve essere concluso ed il bambino deve potersi sentire un individuo distinto dagli altri e sicuro di sé. Tanto più un individuo sarà sicuro di sé e tanto meno tenderà ad avere paura e a pensare che gli altri possano fargli del male.

 

La nostra società è intrisa di odio. Non c'è più la violenza che ad esempio era presente nel nazismo, ma è largamente presente una violenza psicologica che uccide le nostre personalità.[2]

 

Questa spinta verso l'odio potrebbe essere mitigata ed arrestata da una spinta contraria come l'insegnamento “ama il tuo nemico”. Se riuscissimo a perdonare ed amare chi ci ha fatto del male riusciremmo a formare una società migliore, addirittura oltre la giustizia, perché secondo la giustizia il colpevole va condannato.[3]

 

“Intensità” dell'odio: non si può odiare al 20% o al 50%: se si odia, si odia. Ovviamente però si cercherà di attutire questo sentimento per renderlo più accettabile a noi stessi. Possiamo dire che c'è un odio esistenziale, che è quello che tutti possiamo provare in certi momenti come reazione immediata di fronte a chi ci ha fatto del male. Poi c'è un odio che sfocia nella patologia e si trasforma in idea ossessiva, dove rimane fissa l'idea di eliminare l'oggetto che si odia come fosse una liberazione. In questo caso il sentimento negativo diviene delirio di persecuzione, dove una persona crede che tutti vivano per fargli del male. La differenza è notevole: chi ha subito una forte ingiustizia prova un immediato sentimento di odio, ma generalmente riesce a modificare questo forte sentimento razionalizzandolo e no facendo del male a nessuno.

 

Odiare se stessi: Può capitare che una persona non si piaccia così com'è e desideri essere diverso, magari assomigliare ad un altra persona. Si forma così un “io ideale” a cui  tendere. L'io ideale consiste nella possibilità di immaginarsi nel futuro diversi da come si è oggi. Da ciò può nascere un conflitto tra l'io attuale - la condizione in cui si è adesso - e l’io ideale. Se una persona trova che il suo io attuale sia così lontano da pensarlo irraggiungibile, può persino arrivare ad odiare se stessa e a scaricare contro di sé una condanna, una forza distruttrice.

 

A volte ci si chiede se sia giusto o sia sbagliato odiare. Si può anche pensare che non sia giusto odiare ma il sentimento dell'odio non dipende da noi. Una volta che si prova si può dominare, razionalizzare, far sì che questo sentimento non si trasformi in azione. C' stata una generazione di uomini che ha odiato ed ha realizzato i campi di concentramento, c'è stata una generazione che ha odiato ma non ha creato i campi di concentramento, dunque siamo in grado di trasformare l'odio.

 

Odio-amore. A parte l'affetto, l'amicizia e quant'altro, l'amore è quel legame che ti appare essenziale, senza il quale si ha la sensazione di non poter più vivere.[4]

L'amore e la morte sono in qualche modo legati. Anche se la derivazione è discussa io credo che “amore” derivi da un'alfa privativo di “morte”: “a-morte”, l'amore come difesa, come privazione della morte.[5] (4)


Le radici dell'odio individuale vanno ricercate nella storia delle singole persone. Per gli odi sociali, razziali invece abbiamo bisogno di confrontarci con la storia, cioè con una imposizione culturale che ha lasciato grosse ferite portatrici di odio. Chi ha vissuto la guerra è ovvio che si porti dietro ricordi che portano il pregiudizio. Si parla di “cultura del nemico” quando domina l'idea che chiunque non faccia parte del nostro gruppo è un potenziale nemico. Questo genera atteggiamento di sfiducia e quindi di odio. L'odio sociale si vince cambiando la cultura di una società. Ad esempio passare da una cultura dell'odio ad una della cooperazione. 

 

DALLA REDAZIONE: Nel caso della nostra fede cristiana, il perdono è un impegno necessario per i credenti ed un traguardo raggiungibile dopo un rinnovamento interiore ed un processo di consacrazione, ad opera della volontà di Dio e della nostra, nel tramite dello Spirito Santo, per i meriti di Cristo.


 

 


[1]

FONTE: Il contenuto dello scritto è stato da noi liberamente sintetizzato da “Il Grillo” di Rai Educational del 26-11-98 incontro con lo psichiatra V. Andreoli - http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=143

 

[2]

Questo scritto a cui facciamo riferimento è del 1998. Oggi (fine 2010) possiamo osservare rapidi cambiamenti in peggio. Ad esempio il fenomeno dell'emigrazione dal terzo mondo e dai paesi dell'est, cavalcato da molte forze politiche, nel clima di incertezza sociale in cui ci troviamo, sta innescando pericolosi fatti violenti anche su larga scala amplificati dai media.  [ndr]

 

[3]

Gesù ci spinge ad amare il nemico, ma vorremmo precisare che nel cristianesimo la condanna del colpevole non è annullata ma è stata assorbita in Cristo. Quindi la giustizia  viene adempiuta fino alla morte perché qualcuno ha pagato, anche se al posto di un altro. Il perdono cristiano dunque non è un riuscire ad amare genericamente cancellando la colpa di chi ci ha  fatto del male, ma la fine di un percorso di maturità in cui la grazia, per fede, amplifica le nostra capacità di assorbire e comprendere ed andare oltre. Il risentimento, il rancore, l'odio vengono eliminati, ma rimane la memoria e la differenza comportamentale tra chi è offeso e  chi offende, se questi non si è pente. [ndr]

 

[4]

L'autore probabilmente intende un amore intenso e deciso, vicino forse all'”innamoramento” di cui parla Alberoni, il quale lo divide da un altro sentimento d'amore, meno irruento, ma più stabile, che chiama “amore maturo” (ndr)

 

[5]

Molto interessante questa definizione. La cosa sembrerebbe anche confermata dalle parole di Proverbi 8:36 “Ma chi pecca contro di me, fa torto a se stesso; tutti quelli che mi odiano, amano la morte”. (ndr)

 

 

 

 

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