Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

L’IMBARAZZO

Percorso nelle nostre emozioni / IV

di Gabriella Ciampi - psicologa psicoterapeuta - 31-1-12

 

(Disegno di G.C.)

 

L’imbarazzo non è un’emozione fondamentale (come la rabbia, la gioia, la paura, la tristezza e il disgusto) ma fa parte del gruppo delle emozioni più complesse a cui si attribuiscono funzioni più evolute e che presuppongono la consapevolezza di se stessi e delle relazioni con gli altri. E’ un’emozione sociale legata alla percezione che si ha in un preciso momento di sé di fronte agli altri.

Sebbene il significato etimologico del termine sia “sbarra”, “ostacolo che ostruisce il passaggio, il libero movimento” (dallo spagnolo embarazo), non sempre ha una valenza negativa.

Quali situazioni ci possono imbarazzare?

Ovviamente ciascuno ha una propria sensibilità e reattività ai contesti ma ci sono situazioni che generalmente possono scatenare uno stato di vergogna. Possono essere situazioni collegate ad un fallimento in pubblico, quando non riusciamo a dare una buona prestazione, oppure quando mostriamo una parte di noi stessi che riteniamo intima, troppo personale, o ancora quando perdiamo il contegno o il controllo e fuoriescono emozioni e modi di fare che non vorremmo mostrare agli altri.

Talvolta l’imbarazzo si presenta soltanto rispetto ad una persona specifica, probabilmente di cui abbiamo un’idea particolare, che ammiriamo molto, che sentiamo superiore o a cui vorremmo mostrare soltanto il meglio di noi.

Altre volte ci imbarazziamo per l’attenzione o i complimenti che riceviamo: siamo sotto il riflettore e l’imbarazzo non è tanto legato al ricevere gli apprezzamenti quanto alla sensazione di essere oggetto di valutazione e critica per un istante che ci sembra eterno.

 

A livello fisico nel momento in cui ci sentiamo imbarazzati, scattano una serie di reazioni tipiche che spesso non fanno che peggiorare il nostro stato interiore. L’alterazione della voce, il rossore, l’agitazione, la tachicardia, la respirazione affannata,  incrementano questo stato d’animo. In più spostiamo lo sguardo altrove, lontano dagli occhi del nostro interlocutore, la postura diventa rigida o al contrario i movimenti sono incontrollati. (vedi l'allegato IL LINGUAGGIO DEL CORPO)

 

Certamente ci imbarazziamo quando sopravvalutiamo l’importanza del giudizio degli altri e contemporaneamente sottovalutiamo le nostre capacità. Ci sono tante situazioni in cui potremmo reagire meglio, liberi dall’ostacolo dell’imbarazzo; si può lavorare su questo aspetto e se non ci si riesce da soli, si possono ottenere ottimi risultati facendo un lavoro psicologico mediante un training personale finalizzato a ridimensionare il peso del giudizio degli altri e incrementare la propria autostima.

Suggerisco qui un approfondimento che dovrebbe orientare la riflessione e l’esplorazione di se stessi. (vedi l'allegato FACCIO IL TIFO PER ME)

 

Infine vorrei proporre un’altra lettura di questa emozione sociale, considerarla da un’altra prospettiva: esiste un filo sottile che collega l’imbarazzo al senso del pudore. Lungi da me proporre un’ottica moralista o tabù, d’altronde parlando di “emozioni sociali” sappiamo che l’elemento culturale è estremamente forte.

Il senso del pudore non è innato e varia da cultura e cultura, nei tempi e nei luoghi; una semplice verifica possiamo farla osservando i bambini, loro non hanno pudore né vergogna perché ancora liberi dal condizionamento e dalle regole sociali.

Passando dal concetto di imbarazzo più o meno disadattivo, quello cioè che esprime una difficoltà personale nelle prestazioni, ad un altro tipo di imbarazzo, quello che nasce dal senso del pudore (per es. arrossire per un comportamento inadeguato al contesto, imbarazzarsi per dover parlare di qualcosa di intimo, vergognarsi di mostrarsi o esibirsi con estranei, ecc), mi chiedo quanto in questo caso sia veramente inopportuno, non funzionale. Pensare che il comportamento ottimale sia il non provare imbarazzo per alcunché, non vergognarsi in alcuna situazione, essere sempre spavaldi e spregiudicati, ci spinge a credere che il senso di vergogna sia sempre un limite, un’incapacità, un’imperfezione.

Vorrei invece rivalutare il senso positivo del pudore come segnale sociale e suggerimento interiore. Il pudore ci suggerisce il senso del limite nei comportamenti, ci dà la misura della distanza dall’altro e cioè mi segnala se sto ignorando la mia intimità o se sto entrando in quella di un altro. Pensare che siamo completamente liberi di fare tutto quello che vogliamo e desideriamo è adolescenziale e irrealistico, come credere che siamo onnipotenti o immortali; siamo esseri sociali e come tali soggetti a convenzioni, limiti e regolati da una morale che serve alla convivenza e al rispetto dell’alterità e della diversità.  

L’imbarazzo a volte è il segnale di un equilibrio che stiamo mettendo a rischio; come bene viene espresso nelle seguenti frasi:

 

"Il pudore è un sentimento che nasce e si sviluppa da questa esigenza: vuole proteggere la propria intimità e l’intimità altrui. Detto in altre parole vuole proteggere il mistero della propria persona e della persona dell’altro.

Si può violare per eccesso quando ci si espone ad atteggiamenti che non rispettano la propria e l’altrui unicità. Si può violare per difetto quando ci si chiude per insicurezza o paura dell’altro.

La corretta elaborazione del sentimento del pudore è il frutto di un impegno teso a mantenere costantemente aperta la dialettica tra custodia della propria identità l’apertura di sé verso l’altro.(25 ottobre 99 Don Michele - Il pudore come rispetto dell’alterità)

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"Per chiarimenti sul contenuto, approfondimenti o domande, potete scrivere all'indirizzo mispic@email.it specificando nell'oggetto "Domande alla psicologa". La d.ssa Ciampi sarà lieta di rispondere"-

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