Bollettino libero cristiano evangelico  dell'Associazione ONLUS  "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

LA TRISTEZZA

Percorso nelle nostre emozioni / III

di Gabriella Ciampi - psicologa psicoterapeuta - 2-1-12

 

(Disegno di G.C.)

 

 

 

(…) Il mio cuore vive in me come un fantasma.

Al di là delle colline giace morta la mia speranza.

Il mio cuore vive presso di me come un fantasma.

Al di là della mia speranza giacciono morte le colline.(…)

[La finestra infranta da Il violinista pazzo – F. Pessoa]

 

Tanti sono i volti della tristezza e tanti i motivi che possono suscitarla. Delusioni, insuccessi, abbandoni, tradimenti; la malattia, la solitudine, la frustrazione. Sarebbe da superficiali semplificare questa emozione importante da cui tanti scrittori e poeti hanno attinto la loro migliore ispirazione: si sa che la tristezza più che la gioia dà vita ai versi più dolci e intensi attraverso misteriosi meccanismi che non sempre comprendiamo.

Facciamo subito un distinguo tra la tristezza, la malinconia e la depressione poiché spesso ho sentito usare l’uno o l’altra parola in modo inappropriatamente interscambiabile.

La tristezza è un'emozione, è il contrario della gioia e della felicità, si limita all’occasione che l’ha provocata, è legata a un fatto, a un evento contingente. Si può collegare a un aspetto della vita, a un contesto, a una situazione, a una persona; quindi è legata a qualcosa al di fuori di se stessi.

Non si tratta di un’emozione negativa in sè, anzi: quando ci sentiamo tristi riflettiamo, pensiamo a quel fatto che ci genera tristezza, pensiamo alla nostra vita e a noi stessi, approfondiamo la riflessione e diamo attenzione al nostro vissuto. In fondo è questo che serve per crescere e maturare.

Quando si è tristi si rimugina sull’oggetto che ci rende tali: questo da una parte significa approfondire l’analisi e la riflessione del problema. Tuttavia a volte il rimuginio rischia di diventare un problema, ci può assorbire tanto da irretirci, da non riuscire a riprenderci. C’è un tempo giusto per la tristezza e anche per il rimuginare (vedi l'allegato: IL RIMUGINìO), un tempo che ha un limite raggiunto il quale però dobbiamo risalire, riprendendo il controllo di noi stessi e il nostro equilibrio.

 

Quando la tristezza è intensamente e persistentemente presente, se perdura per lunghi periodi, se non vedo aspetti della mia vita che funzionano, se io stesso non vado bene e non trovo niente e nulla che può funzionare in me o che possa risollevarmi da questo stato d’animo, allora si prospetta un quadro di  depressione.

In questo caso occorre farsi aiutare per capire meglio se stessi e il proprio stato d’animo.

La malinconìa invece è  uno stato d'animo che può durare a lungo, una tristezza di fondo, non sempre riconosciuta, che porta un soggetto a vivere passivamente, lasciandosi andare, adattandosi agli avvenimenti esterni con la convinzione che non lo riguardino. Ci si sente come se in fondo all'anima, si cercasse una cosa,  una persona mai conosciuta , ma di cui si sente dolorosamente la mancanza.  La malinconia si  esprime in espressioni del viso e in atteggiamenti o posture caratteristiche,  indolenti, che la persona ha sempre in ogni situazione e che la contraddistinguono. ( Vedi l'allegato:  MALINCONIA E MANCANZA)

Ma a volte la tristezza è legata a fattori fisiologici e al funzionamento del nostro corpo. Ci sono condizioni specifiche del nostro fisico, durante la nostra crescita,  che sovente sono accompagnate da tristezza: per es. durante l’adolescenza e, per la donna, nel periodo premestruale, nella menopausa  oppure durante la gravidanza e nel post-partum. Come si nota facilmente si tratta di momenti speciali della vita, momenti di passaggio, di transizione: sappiamo quanto i cambiamenti siano difficili certe volte e come soffriamo nel lasciare uno stato conosciuto per un altro pieno di incognite e tutto da ridefinire!

Durante l’adolescenza la volubilità, l’iperattività e l’umore triste dei ragazzi non sempre nascondono problemi psicologici; quasi sempre si tratta di stati emotivi variabili e transitori collegati ai cambiamenti veloci che a questa età accadono e di cui i giovani stessi sono spettatori sorpresi e a volte preoccupati. Tuttavia ci sono situazioni in cui la tristezza dell’adolescente significa malessere, disagio profondo, ma questo lo possiamo capire soltanto con l’attenzione, la sensibilità e il dialogo.

Ultimamente assistiamo ad un particolare fenomeno, quello degli emo, quei giovani che talvolta vediamo vestiti di nero, capelli che coprono un po’ il viso, espressione angosciata e seria, un aspetto tra il decadente e lo scapigliato. Qualche adolescente segue questa sottocultura come una scelta di vita ma per la maggioranza si tratta soltanto di un look alternativo, non conformista: un altro modo ( o moda) per uscire fuori dalla massa, come in altri tempi erano i capelli lunghi per i ragazzi negli anni ‘60, negli anni ’80 i punk, ecc. ecc.  (Vedi l'allegato: GLI  EMO)

Un discorso completamente diverso è quello al femminile. Per la donna il periodo premestruale e la gravidanza sono spesso legati a uno stato di tristezza, così come anche a sbalzi di umore, a mancanza di concentrazione, irritabilità e ipersensibilità.

Facilmente si spiega questo stato d’animo nel periodo della gravidanza: le modificazioni del corpo, i cambiamenti prossimi da affrontare, il nuovo ruolo di madre (se al primo figlio) o le preoccupazioni legate alla propria capacità di essere una buona madre per tutti i figli e per la gestione pratica della famiglia… Questa tristezza comunque svanisce con la nascita del bambino, quando tutto si fa più reale e si attivano le forze in campo per far fronte alle nuove richieste e al nuovo arrivato.

Un discorso a parte lo voglio dedicare alla tristezza del dopo-parto: esistono dei campanelli d’allarme e dei fattori di rischio che ci indicano quando la neomamma necessita di una maggiore attenzione. (Vedi allegato: DAL BABY-BLUES ALLA DEPRESSIONE).

 

Cosa fare per uscire dallo stato di tristezza?

Abbiamo capito che non dobbiamo rifiutare a priori questa emozione, perché è una legittima reazione a qualcosa che ci dà dolore, ed inoltre  che ci permette di concentrarci e dare attenzione al problema e a noi stessi. Questo modo di vedere la tristezza ce la rende meno nemica e più gestibile: è il primo passo.

Il secondo passo è spostare l’attenzione dalla causa che ha scatenato l’emozione a se stessi e vedere cosa possiamo fare per fronteggiare la situazione: se un amico mi ha tradito ed io sono triste per questo, dopo aver pianto ed aver espresso la mia delusione e rabbia per il suo comportamento (a lui o ad altri purchè l’abbia espresso), devo cominciare a pensare a me, a quanto posso stare senza di lui, a cosa sono disposto a fare per riaverlo, a come posso coprire la sua mancanza o a quanto tempo mi serve per arrivare a perdonarlo se non voglio perderlo. Quindi il secondo passo: spostare su di me e capire cosa posso fare per reagire. E farlo!

La terza cosa è cercare di stare con persone positive, piacevoli, amiche, e confidarsi  senza  mascherare il proprio stato d’animo o peggio simulare uno stato d’animo che non abbiamo. Possiamo scegliere gli amici e con chi passare il nostro tempo, così come possiamo scegliere gli ambienti che frequentiamo o i nostri hobby, perciò evitiamo di stare troppo a contatto con chi ci porta solo sentimenti negativi e disagio, e facciamo le scelte giuste, quelle che ci fanno star bene, quelle che tirano fuori la nostra parte migliore!

La quarta cosa infine che si può fare sembrerà strana ma è scientificamente provata: possiamo usare la retroazione del corpo.  La tristezza ci fa assumere una postura e una mimica del viso caratteristica: spalle curve, corpo abbandonato, tono generale basso,  angoli della bocca in giù, occhi abbassati. Se questo canale è aperto in un senso, lo è anche all’inverso: se volontariamente cambio l’espressione del mio viso e la posizione delle mie spalle, cambierà anche il mio umore. Certo non è una soluzione, non è la risposta alla mia tristezza, ma è un piccolo passo per avviarmi sulla strada buona, quella dell’attivazione e della risalita. Segue in basso una vignetta che sintetizza il concetto.

 

 

                                        

se non si leggesse bene, ecco cosa dice Charlie Brown:

1) questa è la mia "posizione da depresso" -

2) quando sei depresso la tua posizione è molto importante -

3) la cosa peggiore che puoi fare è stare dritto e guardare verso l'alto, perché cominci a sentirti meglio...  -

4) se vuoi evitare qualsiasi gioia quando sei depresso, devi stare così...

 

 

 

 

 

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