Bollettino libero cristiano evangelico  della "Piccola Iniziativa Cristiana" a cui tutti possono partecipare utile per la riflessione e lo studio biblico

 

 

LA SPERANZA E IL PECCATO DELLA DISPERAZIONE

Da: AZIONI E REAZIONI: PARLIAMO DI COME CI COMPORTIAMO - di Gabriella Ciampi psicologa psicoterapeuta – 16/02/2013- h. 9- (Livello  2 su 5)

 

 

 

Il dolore può avere tanti aspetti ed è impossibile sfuggirgli. Lo incontriamo con il nostro corpo, quando arriva la malattia fisica o una violenza esterna, e lo incontriamo interiormente, nell’animo e nelle nostre dinamiche legate a noi stessi, alla nostra personalità, oppure agli affetti e ai sentimenti. Soffriamo per chi sta male e ci è caro o soffriamo perché abbiamo vissuto direttamente esperienze difficili che ci hanno ferito, atterrato, sfiancato, svuotato.

Non c’è limite al dolore personale e del mondo, dell’umanità, e questa visione ci porta al limite del sopportabile, alla fine di ogni discorso. Come quando una persona è profondamente depressa e non vede più spazi aperti davanti a sé ma solo muri e buio. Da qui comincia il peccato della disperazione ossia la rinuncia, la rassegnazione, che porta con sé la tristezza, lo scoraggiamento, la fine. La morte.

DE-SPERATIO

Disperazione è un vocabolo che deriva dal latino “de-speratio” (da spes = speranza) dove la particella “de-“ indica un allontanamento, un togliere (come in de-contaminazione, de-posizione, ecc); quindi la disperazione è l’allontanamento dalla speranza.

Ma la speranza che cosa è?

 

Non è illusione, non è ingannare se stessi, sognare o negare la realtà.

Credo che la speranza sia l’atto ultimo dovuto di chi tocca con mano il limite umano e terreno.

Sperare è un atto di coraggio perché esprime fede. Spera colui che non si rassegna, colui che sceglie di trovare un’altra prospettiva, colui che di fronte al male non si arrende ma continua a vivere cercando un altro senso, un altro significato per la sua esistenza.

E’ un atto di coraggio e il coraggio va costruito, alimentato, cercato, voluto, perché non viene da sé, non arriva facilmente, ed è sempre accompagnato dalla paura.

 

NOI SIAMO I “COLLABORATORI DEL FUTURO

Questi attuali sono tempi di paura e di tristezza per molti: tante le difficoltà quotidiane, molti non riescono a rispondere ai bisogni essenziali, sono molto diffusi i disturbi di personalità (ossessioni, paranoie, fobie, ecc), la depressione, la droga, la violenza domestica e sociale, e le lotte tra i Paesi, l’inquinamento… la lista è molto lunga.

In che modo possiamo far fronte?

Quando tutto sembra finito è il momento di cominciare a sperare: “sperare contro ogni speranza”. Quello che serve fare è resistere e perseverare nella costruzione di un’altra possibilità per la nostra esistenza. Non aspettare passivamente il trascorrere del tempo ma alimentare una “fede di possibilità”, avere fiducia oltre i limiti di ciò che osserviamo, trascendendo la nostra realtà personale.

 

LE AZIONI DELLA SPERANZA

Chi crede sperimenta questa fiducia nella propria vita perché vede le possibilità illimitate di Dio.

Non possiamo pensare che basti solamente chiedere a Dio di risolvere i nostri problemi. Dobbiamo fare la nostra parte che è quella di collaborare avendo fiducia nella possibilità del cambiamento. Ci sono “azioni della speranza” che dobbiamo assumere, mettere in atto: reagire, resistere, perseverare, avere pazienza, continuare a credere nel cambiamento.

Non chiudiamoci in noi stessi, non addormentiamoci, non rinunciamo: la nostra volontà e soprattutto la nostra fede non possono e non devono accettare la disperazione.

 

p.s.- I termini in corsivo e virgolettati sono stati tratti da “Nella fine-l’inizio”di Jurgen Moltmann (ed. Queriniana 2003)

 

 

 

["Per chiarimenti sul contenuto, approfondimenti o domande, potete scrivere all'indirizzo mispic2@libero.it specificando nell'oggetto "Domande alla psicologa". La d.ssa Ciampi sarà lieta di rispondere"]

 

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