CHIESA DI SMIRNE  – cap.8 – LE SETTE CHIESE DELL’APOCALISSE di Renzo Ronca - 16-1-20

 

 

[Smirne, l’attuale Izmir, terza città della Turchia]

 

 

 (segue)

 

Siamo al messaggio per la chiesa di Smirne, il cui nome significa "mirra", amarezza. Si parlerà dunque di un avviso per le persecuzioni che i fedeli avrebbero incontrato.

 

IL TESTO

Apoc. 2:8 «All'angelo della chiesa di Smirne scrivi:
Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita:
9 "Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita.
11 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda".

 

 

RIFLESSIONI

Questa è la lettera più breve tra le sette. I messaggi del Signore non sono mai lunghi o prolissi: vanno subito al sodo badando all’essenziale. Trovo che anche questo sia un insegnamento importante. In alcune chiese ho assistito a prediche di ore, con la pretesa che fossero sospinte dallo Spirito, ma che invece annoiavano e basta. Non occorrono molte parole per dire cose importanti. La sintesi è fondamentale per non andare fuori tema e per esprimere la completezza di un argomento senza che chi ascolta si distragga.

 

La prima cosa che notiamo in questo testo è che nel messaggio non ci sono rimproveri, ma solo un incitamento a resistere di fronte alle prove imminenti. A quanto ci è dato sapere i credenti di Smirne accolsero questa esortazione e resistettero alle notevoli persecuzioni dei Romani e dagli stessi Giudei; i pochi credenti seppero mantenere la loro fede. Possiamo dire che quei cristiani vinsero la loro battaglia.

E’ interessante considerare che la città non fu distrutta ed oggi (il suo nome attuale è Izmir) è più che mai un centro importante, terza città della Turchia (vedi foto).

 

QUALE POTREBBE ESSERE L’INSEGNAMENTO PER NOI OGGI?

Pensateci bene. Vi risultano molte predicazioni nelle chiese in cui si parla di dolori e sofferenze che il cristiano deve passare? Pochissimi pastori accennano alle tante prove che ogni credente dovrà superare. Quante volte abbiamo accennato al “buonismo” odierno di un cristianesimo irreale? Ad Efeso l’appostolo Paolo non a caso parlò di una “armatura” da indossare contro gli attacchi del male. Pensate che l’avvertimento riguardasse solo quella comunità? No, riguarda tutte le chiese cristiane in generale e noi, singolarmente. Infiniti sono gli attacchi dell’ingannatore per impedirci di mantenere la nostra fede nella verità. E’ più facile combattere o cedere alle piacevolezze di un presente dove ciò che conta è solo il ns benessere fisico e materiale? Dice Negri: «L’evangelo non è solo un fatto di opinione e cultura, ma è impegno, sacrificio, sofferenza. Significa porre il Signore e la sua causa al primo posto. Il problema più grave che affligge la chiesa di oggi è la presenza di benessere, divertimento, agiatezze, compromessi, mondanità, potere. Non si è più disposti al sacrificio, a soffrire per il Signore. Questo spiega il successo del cosiddetto “evangelo della prosperità” insieme a tutto ciò che è trionfalistico. Il Signore viene messo al secondo, terzo, ultimo posto. Perciò si impone una scelta  [tra l’amore verso Dio o quello verso il mondo ndr]. Troppe volte equivochiamo con le ricchezze che il Signore ci dona, come perdono, riconciliazione, vita eterna, e crediamo che tutto questo ci preservi da ogni difficoltà.  Non è così. Bisogna essere disposti ad affrontare il combattimento per cui ci è stata fornita l’armatura (Efes. 6:11-17). Paolo e Barnaba esortarono  “i discepoli a perseverare nella fede dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (Atti 14:22; 2 Tim 3:12)»[1]

 

Se tutto questo con cui concordiamo pienamente non viene insegnato nelle chiese, i fedeli si scandalizzeranno di fronte alle normali difficoltà della vita cristiana e perderanno presto la fede perché non riconosceranno l’agire del nostro Signore anche nelle prove.

 

IL PROBLEMA DELLA SOFFERENZA

«Il problema della sofferenza umana, anche se limitata nel tempo, ha sempre confuso i credenti fedeli. Si pensa che debbano essere gli empi a soffrire, perché dovrebbero soffrire i buoni? La Scrittura ci offre un buon numero di risposte: La sofferenza può:

1)avere come fine la disciplina (1 Co 11:30; Eb 12:3-13);

2)essere preventiva (come la spina nella carne di Paolo 2 Cor 12:7);

3)produrre obbedienza (come le sofferenze di Cristo, Eb 5:8; Ro 5:3-5);

4)una migliore testimonianza per Cristo (come in At 9:16).» (J. F. Walvoord)

 

Anche se queste risposte condivisibili sono state evidenziate teologicamente così bene, tuttavia penso che non ci “riempiano” del tutto. Penso che la sofferenza nella vita di chi ha fede sia stata una scelta di Dio (applicata completamente nel Figlio, fino alla morte); una scelta che, in ultima analisi, non comprendiamo bene. O almeno io non ci riesco. Tuttavia so due cose: La prima è che “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Rom 8:28a); la seconda è che al momento della prova siamo tutti in una condizione particolare oppressione che ci impedisce di analizzare le cose con distacco. SOLO DOPO, con un altro stato d’animo, passata la prova, ne potremo vedere le motivazioni complete ed i benefici che ci ha portato. Cosa possiamo fare allora se non confidare nel nostro Signore anche se non capiamo bene tutto quanto?

Noi stiamo vivendo una particolare situazione epocale. La fede serve a questo: è un ponte che ci permette di camminare sopra al nostro materialismo che può contemplare solo il presente. Con la fede in Dio, nelle Sue promesse (anche attraverso l’Apocalisse, che parla di una vittoria finale), noi possiamo proseguire nella speranza che ci sta davanti, sapendo che le prove, qualunque esse siano, sono sempre per un tempo relativamente breve (“avrete una tribolazione per dieci giorni”) .

 

Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda

 

Ci pare giusto almeno accennare al significato della “morte seconda” che compare quattro volte nell’Apocalisse (2:11; 20:6,14; 21:8), pur senza addentrarci in merito ai giudizi.

Detto in termini semplici la “prima morte” è quella che hanno subìto o subiscono tutte le persone (tranne Enoc, Elia, rapiti senza passare attraverso la morte- e tranne tutte le persone considerate “giuste” che saranno trovate vive al momento del rapimento dei credenti).

La “morte seconda” è la condanna dopo il “giudizio universale”, che avverrà alla fine dei tempi, dopo il millennio e dopo l’ultima ribellione, all’atto della resurrezione di tutte le anime non salvate. Dopo questo evento che rappresenta anche la fine del nostro sistema di cose, vi sarà la creazione del nuovo cielo e della nuova terra, così come troveremo nel cap 21 di Apocalisse:

Ap 21:1 Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più. 2 E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3 Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. 4 Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate».

(continua) 

 

 

 

 


 

[1] Da “La rivelazione di Gesù Cristo” –Commentario pratico sull’Apocalisse – Samuele Negri - MBG

 

 

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